Stephen Wertheim spiega candidamente che cosa è necessario fare per porre fine alle non necessarie ed infinite guerre oltreoceano targate a stelle e strisce: «Il “modus operandi” bellico americano continuerà a persistere fintantoché gli Stati Uniti continueranno a cercare il dominio militare su tutto il globo terracqueo. Il dominio, assunto col fine [o col pretesto] di garantire la pace, nei fatti non fa che garantire la guerra».
L’infatuazione dei leader americani per la guerra
«Per agire seriamente nell’ottica di contrastare e bloccare la guerra senza fine, il leader americani dovrebbero fare ciò verso cui maggiormente sono restii e resistenti: porre fine all’impegno statunitense volto a mantenere la supremazia armata, ed abbracciare così un mondo di pluralismo e di pace».
Qualunque governo che presuma e pretenda di essere egemone nel mondo, immancabilmente combatterà da qualche parte per quasi tutto il tempo, dal momento che i suoi leader politici vedranno tutto ciò che c’è nel mondo come un affare, e coglieranno ogni minaccia gestibile come una sfida alla loro “leadership”. Un governo che immagina di avere tanto il diritto quanto la responsabilità di sorvegliare l’intero pianeta, troverà sempre una scusa per impantanarsi in uno o più conflitti a cadenza regolare; e se non ce ne sarà uno disponibile, allora ne inizierà uno per conto proprio.
Il dominio militare statunitense avrebbe dovuto garantire quantomeno che noi potessimo rimanere in pace, una volta che il nostro più grande e forte avversario fosse collassato alla fine della Guerra Fredda: tuttavia, il crollo e la dissoluzione dell’URSS ha incoraggiato gli Stati Uniti a diventare molto più aggressivi e molto più desiderosi e propensi ad utilizzare la forza in qualunque modo ed in qualunque luogo essi avrebbero voluto. Wertheim fornisce una risposta al perché ciò è successo:
«Perché gli interventi sono proliferati nel frattempo che gli sfidanti si sono ridotti? La causa basica e fondamentale è che gli Stati Uniti si sono infatuati della forza militare. La loro classe politica immagina che la forza possa permettere di raggiungere qualsiasi obiettivo, limitando il dibattito semplicemente a quale dovrebbe essere tale obiettivo».
All’uso della forza fanno appello molti leader e uomini politici americani, perché questi ultimi immaginano che frequenti azioni militari possano intimorire ed intimidire gli avversari, ma in pratica ciò crea più nemici, e fa sprecare vite e risorse americane su conflitti infruttuosi. Il frenetico interventismo del nostro governo e le sue ingerenze, nel corso degli ultimi trent’anni, non hanno reso il nostro Paese almeno un po’ più sicuro, ma hanno seminato caos ed instabilità in almeno due continenti. Wertheim continua:
«I continui guadagni da parte dei talebani, 18 anni dopo che gli Stati Uniti li avevano inizialmente rovesciati, suggeriscono un differente principio: il dispiegamento dispendioso della forza crea obiettivi nuovi e non necessari, molto più di quanto esso non realizzi quelli già esistenti e degni».
La necessità della rinuncia all’egemonia
La costante condizione di guerra degli ultimi due decenni, in particolar modo, ha corroso il nostro sistema politico ed ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sull’idea secondo cui sia normale il fatto che soldati e Marines americani combattano sempre e muoiano in un qualche Paese straniero, alla ricerca di nebulosi obiettivi, ma nulla invero potrebbe essere più anormale e sbagliato di questo. La costante condizione di guerra non ottiene nulla, se non il fatto di fornire una scusa per incrementare la guerra stessa.
Più a lungo si trascina la guerra, più si pensa che dovrebbe diventare più facile condurla al termine, mai noi abbiamo avuto modo di constatare che invece diventa più difficile – per i leader militari e politici – rinunciare ad un conflitto che non riescono a vincere, nel momento in cui esso è divenuto una sezione quasi permanente della nostra politica estera. Secondo l’opinione di molti politici ed analisti, ciò che importa è che gli Stati Uniti non vengano percepiti come perdenti, e quindi i nostri militari seguitano a combattere senza fine alcuna, in vista di e per amore di questo “non perdere”. Wertheim aggiunge:
«Nonostante la retorica di Trump di mettere fine alle guerre infinite, il presidente insiste sul fatto che “Il nostro dominio militare deve rimanere indiscusso” – anche se nessuno crede che egli abbia una strategia per utilizzare il potere, od una teoria per portare la pace. Il dominio armato è divenuto fine a se stesso».
Cercare di mantenere questo dominio, in definitiva, è insostenibile, ed a mano a mano che esso diverrà più costoso e meno popolare, di pari passo diverrà anche progressivamente più pericoloso, nel momento in cui ci troveremo a confronto con avversari politici anche più capaci. Nel corso degli ultimi trent’anni, gli Stati Uniti sono stati fortunati a rimanere al sicuro, e sufficientemente nell’abbondanza da poter indulgere in decenni di inutile militarismo: ma questa fortuna non durerà per sempre. Sarebbe di gran lunga meglio se gli Stati Uniti rinunciassero all’egemonia ed al militarismo che la accompagna secondo le nostre condizioni.
(Lorenzo Franzoni – Tradotto e rielaborato da The American Conservative)