Mark Chapman: l'assassino di John Lennon

Mark Chapman: l’assassino di John Lennon

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“Siamo più popolari di Gesù”. È una frase iconica, la sintesi perfetta della storia della band forse più importante e sicuramente più popolare della musica, i Beatles.

C’è però un altro risvolto in queste parole; un lato oscuro, lontano dalle luci della ribalta, dalle interviste, dal palco e dal suono dolce di Let it be spezzato dalle urla delle groupies.

Ed è un miscuglio di follia, di emarginazione e di fanatismo che si racchiudono nella canna scura della calibro 38 di Mark Chapman, l’uomo che un bel giorno cambia la sua vita e la storia della musica sparando cinque colpi che trafiggono un’icona di una generazione, e diventa l’assassino di John Lennon.

Mark Chapman: l'assassino di John Lennon

Mark Chapman, chi è l’assassino di John Lennon

Mark David Chapman nasce a Fort Worth, in Texas, il 10 maggio 1955. Un’infanzia e un’adolescenza segnate dalla violenza del padre, un sergente della Air Force, e dal bullismo ne minano l’equilibrio emotivo. Il rifugio di Mark sono le canzoni dei Beatles. Ne diventa un fan sfegatato, li adora, come molti del resto negli anni 60.

Negli anni 70 i Beatles si sono sciolti e Chapman inizia ad avere i primi problemi seri. Ha problemi di tossicodipendenza e nel 1977 tenta il suicidio. Il fatto gli costerà una diagnosi di depressione clinica e un ricovero in ospedale psichiatrico.

Uscito da lì, il futuro assassino di John Lennon si sposta ad Honolulu dalla madre e trova un impiego come guardia giurata. I caratteri di quell’amore per Lennon e i Beatles cominciano ad assumere i tratti dell’ossessione.

Mark sposa Gloria Hiroko Abe, una donna di origini giapponesi. Gli ricorda Yoko Ono, e tanto basta. Inizia po ad interpretare in maniera folle le letture che fa, arrivando a trasportarle nella vita reale.

C’è un libro che più di tutti segnerà la sua storia ed è “Il giovane Holden” di Salinger. Chapman infatti comincia a trasportare il comportamento del protagonista del libro nella sua vita. Si sente come Holden Caufield, con l’esigenza di rigettare e purificare una società ipocrita.

E chi potrebbe essere, per Mark Chapman, più ipocrita di uno dei suoi miti di sempre? Chi più di quello che ha sciolto i Beatles, che ha tradito i suoi ideali e che parla predica “Imagine no possessions” ma che “possiede uno yacht, delle case e milioni di dollari ottenuti vendendo dischi ai fan che credono alle sue bugie”?

L’omicidio di John Lennon

L’8 dicembre 1980 Mark Chapman è davanti al Dakota, celebre edificio di Manhattan e residenza di John Lennon. I dubbi su quello che sta facendo si fanno largo e nella sua mente e, quando il musicista esce, non riesce a fare altro che chiedergli un autografo.

Ma non desiste. Mark resta lì e attende, cercando la forza di compiere un gesto che ritiene assolutamente necessario.

Sono le 22:52 quando Lennon rientra.

Ehi, mister Lennon”. È la voce di Chapman, seguita da cinque spari. Nel trambusto generale Mark resta immobile, apre la sua copia del giovane Holden e si mette a leggere.

Quattro dei cinque colpi sparati sono andati a segno. Alle 23:07 John è morto. Quel ragazzo ossessionato dai Beatles e dal giovane Holden è diventato per tutti l’assassino di John Lennon.

Sulle motivazioni del gesto ci si è interrogati per anni. Dagli ideali traditi alla ragione, passando per l’invidia, tante sono state le ipotesi costruite sull’ovvio sfondo dei disturbi mentali. Mark Chapman comunque finisce in prigione e viene condannato alla reclusione da un minimo di 20 anni a un massimo dell’ergastolo.

Mark Chapman oggi

Mark Chapman: l'assassino di John Lennon

Chapman ha scontato la sua pena minima nel 2000. Nonostante ciò, ad oggi l’assassino di John Lennon si trova nel carcere di Wende, ad Alden, New York. Dice di aver trovato, a differenza della gioventù, davvero la fede. Il 29 agosto 2016, la commissione che doveva giudicarlo gli ha negato per la nona volta la libertà condizionata, per la soddisfazione di Yoko Ono e dei fan che continuano, ancora oggi, ad inviare lettere per chiedere che resti dietro le sbarre.

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(di Simone De Rosa)

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