Libia nel caos: si preannuncia una dura estate

Libia nel caos: si preannuncia una dura estate

Dopo la ripresa delle ostilità verso Tripoli, la situazione per l’Italia si fa difficile, troppo difficile. In Libia Haftar attacca, al-Sarraj resiste ancora. Un imbuto, quello dall’altra sponda del Mediterraneo, da cui non usciremo facilmente. Si preannuncia una dura estate.

L’incontro di Palermo è servito e ne sono convintissimo. Ha permesso se non altro al governo, assediato dalle ONG addirittura in inverno, di resistere e di tenere tutto sommato sotto controllo la situazione, nonostante il primo attacco dei magistrati. Tentare l’impossibile impresa di pacificare era qualcosa di logico in ogni caso. Non è bastato e non poteva bastare.

Il governo Conte non aveva altra scelta, schiacciato da due contendenti che fanno il filo all’ONU e agli USA da un lato, alla Francia ormai principale interlocutore di Haftar dall’altro. Ora si prova a frenare il generale tornando a posizioni “di diritto internazionale”, ma la sensazione è che i guasti dei precedenti esecutivi, capaci di far perdere una sfera di influenza che era indiscutibilmente italiana fino al 2011, non siano risolvibili.

Per non parlare dell’immigrazione, che in prospettiva potrebbe tornare a minacciare gli equilibri sociali del Paese. Non solo i pm studiano come attaccare di nuovo Salvini, questa volta per il caso Sea Watch, ma anche i pentastellati mostrano di fare retromarcia sulla questione dei “porti chiusi”, sulla quale finora avevano appoggiato “esternamente” il ministro dell’Interno. Pesano come macigni  le parole di Di Maio: “Chiudere i porti è una misura occasionale, risultata efficace in alcuni casi quando abbiamo dovuto scuotere l’Ue, ma è pur sempre occasionale. Funziona ora, ma di fronte a un intensificarsi della crisi non basterebbe, quindi bisogna prepararsi in modo più strutturato, a livello europeo, nel rispetto del diritto internazionale. Occorre pianificare e prevenire, perchè la sola reazione ha i suoi limiti”.

Insomma, il principio immigrazionista secondo il quale bisogna adoperarsi per spartire l’arrivo inevitabile dei “migranti” (senza poi spartirne nessuno) sembra tornato in auge. Nelle parole del ministro Trenta ancora peggio: “Con la guerra i migranti diventano rifiugiati”. E potete scommettere ciò che volete che nessuno farà caso al fatto che le fotografie ritrarranno in gran parte subsahariani sui barconi e non libici, come è sempre avvenuto finora.

È difficile se non impossibile tifare per qualcuno dei due contendenti nordafricani. Chiunque dovesse spuntarla, per noi potrebbero essere dolori. Intanto la fine immediata del conflitto sarebbe già un enorme passo avanti, se non altro per evitare alle ONG di tornare alla carica.

(di Stelio Fergola)

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