comunisti greci

Dai comunisti greci all’eurocomunismo (La Grassa)

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Mi rifaccio un momento – ma per pochi cenni – alla storia dei comunisti greci. Durante la Dittatura dei colonnelli (1967-74), il KKE (appunto il partito comunista greco) si scisse nel 1968 in due. Alcuni militanti condannarono la violenta repressione della Primavera di Praga. Si avvicinarono dunque alla linea del cosiddetto eurocomunismo, i cui maggiori rappresentanti erano i comunisti italiani (per me solo piciisti dagli anni ’60). Questo gruppo prese il nome di KKE dell’interno[22][23] (“ΚΚΕ εσωτερικού”) e chiamò polemicamente KKE dell’esterno coloro che continuavano a far riferimento a Mosca.

Molti militanti comunisti greci, peraltro, vivevano in esilio in Italia. All’Università di Pisa dove insegnavo vi erano alcune decine di studenti greci per la maggior parte comunisti. Molti restarono infatti in Italia, alcuni però erano intenzionati a tornare in Grecia dopo la laurea; e inoltre andavano durante le vacanze nel loro paese d’origine anche per trovare i loro famigliari, ecc. Questi non esplicitavano certamente il loro essere comunisti. Buona parte degli studenti comunisti tenevano stretti rapporti con il PCI. Ero in relazione con alcuni di loro (sia fra quelli esplicitamente comunisti e che non sono tornati nel loro paese e sia fra gli altri, i “clandestini”). Faccio presente che vi erano anche alcuni studenti infiltrati dai Servizi dei Colonnelli greci fingendosi comunisti. C’erano quindi sempre molti pericoli.

Gli eredi del KKE-interno costituirono nel 1991 il movimento Coalizione della Sinistra, dei Movimenti e dell’Ecologia, oggi confluito nella Coalizione della Sinistra Radicale (SYRIZA). Insomma hanno seguito le orme del Pci che, a partire dello stesso anno, diviene PDS-DS-PD. Si noti la data: 1991, dissoluzione dell’URSS dopo il crollo del “socialismo” europeo orientale nel 1989. Finisce quindi il “sistema bipolare”e si può mettere in moto l’aperto passaggio dei “fu comunisti” al campo atlantico, tipico comportamento di tutto l’eurocomunismo. Passaggio iniziato copertamente e con prudenza dal PCI fin dal 1969 e inizio anni ’70.

Nel 1971, sfruttando la mia amicizia con uno studente greco a Pisa – uno di quelli del partito comunista dell’interno, ma appunto clandestino e che tornava quindi anche a casa sua (ad Atene) – sarei dovuto andare suo ospite per almeno un paio di settimane. Lì avrei dovuto avere un “certo incontro” con un membro del KKE dell’interno, clandestino, per delle finalità che in effetti non ho mai conosciuto poiché alla fin fine, dopo perplessità, non ci andai. Ero ben noto per le mie idee e frequentazioni politiche e pensavo quindi che mi sarebbero state messe le manette appena arrivato all’Aeroporto di Atene. Pian piano, in non più di un paio d’anni successivi, capii che sbagliavo e non sarei stato arrestato; non almeno all’arrivo, poi non so.

Qui mi taccio perché altrimenti avrei poi grane non avendo altri testimoni che le mie orecchie e i miei ricordi. Rimasi comunque sorpreso del fatto ma pian piano, negli anni immediatamente successivi, afferrai gli spostamenti di campo dell’eurocomunismo, cioè del PCI; per cui, saltando di colpo al 1978, impiegai non più di un mese ad orientarmi durante il “caso Moro”. Fui solo un po’ sorpreso (ma fino ad un certo punto) per l’atteggiamento tenuto dalle BR, che fingendosi autrici di quel rapimento (con uccisione ben mirata della scorta, ecc.) “coprirono” quelli veri di ben altro calibro e facenti parte delle forze “segrete” (diciamo i Servizi) di poteri stranieri e italiani. Così quell’evento (come altri) passò per “terrorismo rosso” negli “anni di piombo”. Ne parlavo solo a voce con i compagni che frequentavo allora, ma non potevo certo dire nulla di più. Ero solo incazzato per tutte le balle che furono raccontate. E certamente non restai minimamente sorpreso quando Squitieri, poco prima di morire, diede nel 2015 quell’intervista al “Fatto Quotidiano” (https://www.ugomariatassinari.it/squitieri-e-il-mistero-svelato-del-sequestro-moro-la-costruzione-del-racconto/).

A scanso di equivoci dico subito che PCI e Sinistra Diccì non sono certo mandanti del “fatto Moro”. Erano semmai solo preoccupati per quanto poteva esserci nei documenti nella borsa di Moro riguardanti “considerazioni” sul “compromesso storico” e sui rapporti tra PCI e ambienti statunitensi; rapporti che in parte sono rivelati anche nel recente libro di Marcello Sorgi “Quando c’erano i comunisti”. Resta il fatto che, quando infine si dissolse il “mondo bipolare”, non fu dunque pericoloso sconvolgere il quadro politico in Italia e si decise – utilizzando una magistratura da lungo tempo conquistata in maggioranza da certa “sinistra” (compresi i “fu ultrarivoluzionari” sessantottardi, tutti rientrati nel Pci e dintorni) – di liquidare il regime del “centrosinistra” diccì/piesseì con dei veri nuovi servitori ben più proni agli ordini ricevuti. L’ordine del cambio partì dagli USA utilizzando anche il “pentito” Buscetta, diventato quasi un eroe da assassino matricolato qual era.

Da quanto qui detto molto succintamente e senza particolare ordine, ne conseguono alcune conclusioni da me tratte per quanto riguarda l’atteggiamento da tenere oggi nei confronti di quella che continuiamo a chiamare “sinistra”, quella detta perfino “progressista” o del “politicamente corretto”. In effetti, per il momento non siamo in grado di sostituire i termini “destra” e “sinistra”, che ormai non significano più nulla con riferimento a ciò che furono gli schieramenti suddetti in una lunga storia iniziata già nel XIX secolo. Dobbiamo ancora ben capire che cosa sono oggi questi “derivati” di una lunga storia di degenerazione e degrado, soprattutto in Italia. Ho sintetizzato il tutto nella sintetica frase: “la sinistra è il cancro, la destra è la cura Di Bella”. Ne parlerò in altra occasione anche per dire quale atteggiamento di rifiuto e lotta aperta si dovrebbe tenere nei confronti della cloaca rappresentata dai due schieramenti suddetti.

Debbo solo fare una piccola aggiunta. Nella prima Repubblica avevo alcuni contatti con vertici politici di partiti ufficiali (il PCI più che altro) e con vari gruppi e gruppetti detti extraparlamentari. Ho avuto qualche notizia di come si è arrivati ad es. alle BR nel 1970 attraverso il passaggio costituito dal “Collettivo metropolitano milanese” (1969), al cui documento (dove si spiegavano i motivi della necessità di costituire una organizzazione che iniziasse la lotta clandestina) feci una radicale critica in un ciclostilato che purtroppo non trovo più. Ho avuto anche qualche contatto con membri dei Servizi. Non personaggi di gruppi dirigenti, ma cercavano di avere da me informazioni; che non avevo perché posso dire di aver subito giudicato fallimentare ogni tentativo rivoluzionario in Italia e quindi mai mi sono compromesso nemmeno di striscio. In realtà credo di essere stato abbastanza bravo nel capire invece, dietro le loro false informazioni, cosa si nascondesse di quel che stavano facendo per organizzare infiltrazioni e azioni da attribuire poi appunto al “terrorismo rosso”. Ricordo, tanto per fare un esempio, che ebbi ad un certo punto sospetti su Marco Pisetta e li comunicai ai compagni con cui avevo contatti, essendo poco ascoltato (e così qualcuno ci ha rimesso). E ancora adesso costui passa per un autentico brigatista, poi pentitosi. Sarà senz’altro così, ma ammetto che continuo ad avere qualche dubbio circa altre funzioni fin dall’inizio del suo operare. Comunque adesso basta così.

(di Gianfranco La Grassa)

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