Caro Borghi, io la capisco, ma ammetta la realtà dei fatti

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Caro Claudio Borghi, trasformo quello che è un mio commento al suo ultimo post su facebook in un articolo.

Caro Borghi, lei sa benissimo come stanno le cose

Caro Borghi, il problema non è mai stato soltanto quello di Conte e Gualtieri, e lei lo sa benissimo, tanto è che in una diretta si lanciò anche in un estremo “stiamo lavorando per la liberazione dell’Italia”. Sono frasi grosse, obiettivamente irrealistiche in tempi brevi quali quelli di una vita intera, ma si potrebbe fare a meno di pronunciarle, non crede?
Poi certo, esistono tante cose: la malafede, l’entusiasmo ingenuo in certi frangenti, il tentativo di spingere per vedere “dove si arriva”, sentimenti contrastanti e differenti, spesso opposti, e si vada a capire quale di questi alberga nella sua testa come in quella del professor Alberto Bagnai
.
Personalmente, non sono un criticone e basta, mi rendo conto che quando si sta dentro certi meccanismi sia difficile fare tutto.
Mi rendo conto che chiunque abbia idee anche solo in parte divergenti da quelle dominanti non sia libero sostanzialmente di fare un cazzo e si trovi nel giro di poco soffocato nell’indifferenza.

Mi rendo conto che quando si superano certe soglie di consenso le mitragliatrici e i fucili puntati aumentino considerevolmente.

Signor Borghi, ma lei cosa vuole?

La domanda che si pone adesso è però la seguente: lei, signor Borghi, che cosa vuole?

Trattativucole, piccoli contentini? Perché se desidera questi, forse le energie utilizzate per avere fuori dalle balle Conte e Gualtieri sono state forse eccessive, anche se magari la briciola potrà dare soddisfazione a qualcuno.

Grandi cambiamenti? Beh, ci vuole una vita di lotta, non un anno intero e non solo contro Conte e Gualtieri, forse non si ottiene un cazzo e se si ottiene quasi certamente lo si raggiungere per i suoi figli e i suoi nipoti. Ci sono tirannie che durano secoli, figuriamoci un disastro come l’UE che esiste da appena 30 anni.
Se vuole restare solo al suo posto – ma onestamente non credo, almeno teoricamente, poi non sto nella sua testa – per non incidere in nulla, va tutto bene così.
Io non credo lei sia in malafede. Penso più propriamente che sia stanco, e preferisca – a questo punto – prendere il poco che viene dal suo partito, d’altronde lei non vi ha mai comandato, semmai vi ha inciso a livello culturale. Ma questo poco che viene non serve a niente, non sposta una virgola, è un sedersi di fronte a ciò che decide chi comanda davvero. Nient’altro che questo.

E la capisco, mi creda: in molti che criticano dall’esterno se fossero al posto suo avrebbero fatto la stessa cosa, perché non esiste soltanto il sogno, l’utopia, l’obiettivo di una vita o il desiderio di cambiamenti grossi. Esiste anche la stanchezza.

Per carità, io spero sempre che ci siano sorprese, cose che noi non possiamo conoscere che possano motivare un’azione che magari – imprevedibilmente dal mio punto di vista – potrà generare un piccolo passettino in avanti verso quelli che molti di noi considerano un obiettivo di vita, che si cerca di perseguire a prescindere dal risultato, ma solo perché lo si ritiene giusto, non solo per noi ma per i nostri discendenti.
Dubito però, visto questo suo post, che ci saranno.

Le faccio comunque tanti auguri. Credo e spero, lo ripeto, che la sua non sia malafede. E’ solo la resa di un uomo che, da solo, può poco contro decine, centinaia e migliaia.

Non la criticherò per questo. L’unica cosa, per piacere, non ce la spacci come una vittoria. Perché non lo è.

(di Stelio Fergola)

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