Perché la metà degli USA ha votato per Donald Trump

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Con oltre il 47 % di voti, e con un incremento di 9 milioni dalle elezioni del 2016, metà degli States hanno scelto di riconfermare Donald Trump. Ecco quali sono le motivazioni.

Sondaggi errati, ma anche qualcos’altro

Sondaggisti, pseudoesperti di politica e la stampa legata alla sinistra, avevano “previsto” una schiacciante vittoria di Joe Biden e una sonora sconfitta per il presidente uscente Donald Trump, rappresentato da qualche giornale nelle fiamme dell’inferno. Invece, come è emerso dai risultati delle votazioni, si è assistito ad un testa a testa fino alle ultime ore, dove il tycoon non solo ha raccolto quasi la metà dei voti degli elettori (47,5 – 48%) ma un incremento di 9 milioni dalle elezioni del 2016. Un dato che merita un esaustivo e approfondito commento, perché se uno statunitense su due ha scelto di riconfermare Trump una motivazione ci sarà, anzi più di una a dire il vero.

La politica interna di Donald Trump

La politica interna di Trump ha mirato ad aumentare il benessere collettivo. Il Pil degli Usa, in aumento costante del circa 2,5% annuo non ha ricevuto contraccolpi fino allo scoppio della pandemia, la disoccupazione del circa 9% è scesa al 3% ( causa Covid-19 è risalita anch’essa negli ultimi mesi) e la manovra fiscale, volta alla riduzione della pressione fiscale ( tra cui l’abolizione della tassa di successione) ha dato ampio respiro all’economia del Paese: minore costo del lavoro, maggiori investimenti e commercio.

Le politiche di Law & Order, volte a garantire più sicurezza e giustizia hanno anch’esse apportato benefici: pene più severe verso chi commette reati (fino all’ergastolo in alcuni casi), potenziamento delle forze di polizia e di frontiera, controllo e contrasto all’immigrazione, in particolare quella proveniente dal centro America ( parte del muro è stata eretta) e dai Paesi islamici ed infine repressione delle rivolte urbane violente. Tra le ultime politiche in corso di raggiungimento, vi è quella dell’abolizione della c.d. sezione 230, una norma che declina da ogni responsabilità i Social dalla pubblicazione da parte degli utenti di materiale illecito (quindi anche pedo-pornografico). Infine, le fantomatiche accuse di un suo coinvolgimento nelle interferenze da parte della Russia nella campagna elettorale del 2016, c.d. Russiagate, alla fine si sono rivelate un buco nell’acqua.

Insomma, la politica interna è possibile riassumerla con tre termini: più lavoro, meno tasse e più sicurezza.

Politica estera di Trump

La politica estera perseguita di Donald Trump è stata finalizzata ad un minore impegno militare estero e alla protezione produttiva degli Usa. Tra i primi atti del tycoon vi è stata la cancellazione del Trattato Ttip, la cui documentazione inizialmente era secretata, che prevedeva una liberalizzazione del commercio e degli appalti (e abrogazione dei dazi) tra Usa e i Paesi europei. In particolare, sulle tavole italiane sarebbero potuti giungere anche alimenti prodotti con Ogm, ormoni ed altri ingredienti in Europa vietati, la cui provenienza tra l’altro non sarebbe stata obbligatoriamente riportata nell’etichetta. Inoltre, la guerra commerciale con la Repubblica popolare cinese, con i dazi su alluminio e acciaio, hanno favorito la produzione nazionale da una concorrenza orientale eccessiva.

I rapporti internazionali così sono mutati, anche verso l’Unione europea e l’organizzazione Nato: gli Usa si sono “stancati” di contribuire, nell’alleanza atlantica, con una percentuale pari a quella di tutti gli altri membri (quasi il 52%) per favorire la difesa di un fronte non prioritario per la Casa Bianca. Ed in effetti è quest’ultima considerazione che ha spinto al ritiro di molte truppe da Afghanistan, Iraq e Siria e concentrarsi, al contrario, in altri teatri: Iran, Venezuela e Corea del Nord. Con questo ultimo Paese si sono avuti per la prima volta nella storia, vertici e colloqui di pace volti alla (denuclearizzazione) con il leader Kim Jong Un.
Anche in Medio Oriente si è giunti all’inizio di una pacificazione: il Patto di Abramo, che ha permesso a molti Paesi di ristabilire relazioni diplomatiche ed anche commerciali con Israele. Parliamo quindi di Emirati arabi e Bahrein. Rapporti più stretti sono stati avviati anche con la Serbia, dove si sono normalizzate le relazioni con il confinante Kosovo, Brasile e Arabia Saudita. Infine, la distruzione dello Stato islamico, il c.d. Califfato, e di gran parte dell’organizzazione Isis, inclusi i vertici come il califfo Abu Bakr Al Baghdadi, hanno reso popolare in patria il tycoon, che ha anche inaugurato una nuova forza armata: la Us space force, le froze spaziali statunitensi.

Conclusioni

Anche se il democratico Joe Biden è uscito vincitore dalla tornata elettorale [ma ci riserviamo di seguire gli sviluppi delle contestazioni almeno fino a dicembre inoltrato, ndr], è indubbio che Donald Trump non ne sia uscito così “sconfitto” come auspicato dal mondo intellettuale di sinistra. Vi sono certamente delle politiche molto discutibili, come l’uscita dall’Accordo climatico di Parigi e dalla riduzione di armamenti nucleari, i rapporti più “freddi” con l’Unione europea, tuttavia è innegabile che molte sue politiche siano state proficue per i cittadini statunitensi. La lotta alla globalizzazione, il contrasto alla delocalizzazione e la protezione dei beni nazionali, il rilancio del patriottismo a stelle e strisce più moderato ( es. omicidio Soleimani, attacco missilistico in Siria, utilizzo delle forze speciali in alternativa all’invio di truppe ) e le critiche mosse nei confronti dell’Organizzazione mondiale della sanità, il cui ufficio di Pechino è accusato di essersi fatto “pressare” dal regime sullo scoppio di una pandemia; sono state accolte positivamente da un americano su due. Ciò rappresenta un dato di fatto, per quanto possa non piacere.

Pertanto, bisogna non dimenticare le caratteristiche della società statunitense, differente dalla nostra ( europea): individualismo, materialismo, consumismo, neo-imperialismo. Solo con questi termini si può comprendere a fondo il risultato elettorale.

(di Pierfrancesco Maresca)

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