Chi definisce Trump un presidente "antiamericano" è ignorante o in malafede

Chi definisce Trump un presidente “antiamericano” è ignorante o in malafede

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Trump “antiamericano”? Qualcuno lo ha detto. Andando con ordine, e in ogni caso, quanto accadrà o meno nei prossimi mesi ci darà una misura dei rapporti di forza. Nello specifico, darà un peso specifico a chi c’è dietro Trump.

Gli USA reali non prosperano di globalizzazione ed espansionismo, è un dato di fatto

Perché chi ancora non ha capito che in questo momento gli interessi genuini dell’America potrebbero coincidere con – almeno una parte significativa – dei nostri è fuori strada.

All’America, quella socio-economica quanto meno, proseguire nello stillicidio della globalizzazione senza freni, non conviene.
All’America, geopolitica e militare, proseguire nel ruolo di poliziotto del mondo non conviene: basti vedere l’infinito pantano che ha generato la politica medio-orientale dalla metà degli anni Novanta fino al 2015 – 2016.

Ci sono infinite schiere di politologi anzitutto americani ad essersene resi conto, da Walt allo stesso Mearsheimer. Non è un’opinione isolata e viene diffusa negli atenei americani da decenni.

Quindi non si tratta, quando si parla di Trump, di sognare un “presidente antiamericano”, come titolava un editoriale per quel che mi concerne veramente miope de Linkiesta qualche giorno fa, ma di capire che nella storia e nella politica le situazioni sono mutevoli e può capitare di trovarsi in una fase di convergenza, che l’intelligenza imporrebbe di sfruttare. La miopia dell’analisi si concreta in questo passaggio, a mio avviso totalmente privo di spirito analitico, in cui si parla dei sogni irrealizzabili di “destra e sinistra§”:

In entrambi i casi si tratta di giudizi convergenti attorno all’idea che l’America, per emendarsi e per guarire il mondo dalla malattia che rappresenta, debba diventare meno americana, cioè meno liberale, meno espansionistica con il suo soft power culturale e hard power militare, meno rappresentativa di un immaginario di valori, desideri, stili e consumi globalizzati e quindi standardizzati e omologanti. Insomma chi pensa che tutto ciò che non andava, non va e non andrà nel mondo rimandi in qualche modo alla Washington pre-trumpiana, ha aspettato dalle elezioni americane una sorta di ricompensa della propria tenacia, una tardiva soddisfazione del proprio antico pregiudizio.

Chi sta dietro Trump ha capito benissimo che gli USA non possono sopravvivere in questo modo nel mondo multipolare e che una prosecuzione dell’espansionismo in questa fase storica è, semplicemente, insostenibile: non lo dico io, lo dicono i fatti, che non hanno portato nessun vantaggio significativo agli USA, quanto meno nei termini che la vecchia élite sognava.

Chi non sta dietro Trump, ovvero proprio la vecchia élite neoconsevatrice che domina gli USA da almeno 50 anni, non ha mai compreso questa evidenza, non la vuole riconoscere manco sotto tortura ed è completamente folle. Tanto è che voleva muovere guerra in Iran, in Siria, in Venezuela e pure in Corea del Nord.
Non è questione di essere pacifisti o guerrafondai, ma realisti.

Trump antiamericano? Ma per carità

Quanto accadrà o meno nei prossimi mesi ci darà una misura di quanto sia forte il sostegno della élite di opposizione ai neocon. Ovvero quella che, al momento, dobbiamo sostenere.

In primavera mi ero illuso potesse essere divenuta addirittura dominante, e ammetto di essermi lasciato decisamente andare. Adesso non lo so. Di sicuro non è un sostegno di poco conto, altrimenti Trump non avrebbe resistito a due impeachment (perché, di fatto, sono due) e non ci sarebbe una visibilità tutto sommato decente delle prove dei brogli, nonostante la semi-totale opposizione dei media.

Senza troppi giri di parole o idealismi – in questo frangente – totalmente inutili.

Chi pensa che le tendenze isolazioniste di Trump siano filosoficamente “antiamericane” comunque, è anzitutto un ignorante, visto che quanto meno dovrebbe leggere gli studi di professori americani i quali – ripeto, da decenni – contestano i vantaggi dell’espansionismo.

Ma c’è sempre la seconda possibilità, ovvero la malafede, mai da escludere – purtroppo – quando si tratta di cultura.

(di Stelio Fergola)

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