Paolo Signorelli

Paolo Signorelli, uomo libero vittima di persecuzioni

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Paolo Signorelli è stato indubbiamente un personaggio di spicco nel panorama della destra radicale e ha rappresentato un caso di persecuzione e accanimento giudiziario che il sistema democratico ha esercitato nei confronti di un «eretico». A dieci anni della morte, avvenuta il 1° dicembre 2010, il ricordo di chi l’ha conosciuto o di chi ne ha sentito parlare è certamente quello di un uomo di cultura, pensiero e azione.

 

Paolo Signorelli: la storia

Nel 2008 uscì per Coniglio Editore un libro-intervista a cura di Giuliano Compagno che ripercorre la biografia politica e umana di Paolo Signorelli, con la narrazione di aneddoti e flashback. Nato a Roma nel 1934 da padre viterbese, grande invalido di guerra che fu ferito nel 1916 sull’Isonzo e da madre ciociara, l’ideologo nero manifestò sin da subito la sua fascinazione per i reduci della RSI e l’avversione per gli yankee partecipando a quella che definisce intifada nel 1944-’45 con una sassaiola contro gli americani insieme a un gruppo di amici poco più che bambini perché come afferma: «Noi ci sentivamo fascisti e antiamericani. E basta».

Fa a botte con degli operai comunisti e già nel 1948 si iscrive al MSI nel Raggruppamento Giovanile Studenti e Lavoratori, mentre nel frattempo studia al Liceo Augusto. Sono anni duri per chi sceglie di militare in questo partito: gli scontri fisici con gli avversari e le persecuzioni poliziesche. A poco più di 20 anni è capo attivista e dirige la propaganda per Roma, conosce Clemente “Lello” Graziani nel ’53-’54 intorno alla rivista Ordine Nuovo: mensile di politica rivoluzionaria, che poi diventerà l’organizzazione extraparlamentare di destra più importante nella storia italiana del dopoguerra. Della dirigenza del partito conosce Almirante, De Marsanich e Michelini ma è un po’ ribelle alle gerarchie per la sua indole rivoluzionaria non incline a compromessi. Si laurea in Scienze Politiche, dopo essersi sposato con Claudia nel ’59, con una tesi sul sindacalismo rivoluzionario nel 1962 e negli anni dell’università è leader del FUAN-Caravella e ottiene la cattedra al liceo classico De Sanctis della capitale dove insegna storia e filosofia. Scrisse con gli altri «figli del sole» su Imperium la rivista di matrice tradizionalista evoliana che nel 1950 pubblicò l’opuscolo Orientamenti del filosofo romano.

Ma la formazione culturale da autodidatta di Signorelli e di molti altri della sua generazione avviene oltre sulle opere di Evola – che considera il socialismo nazionale della RSI un’infezione del Fascismo – anche sui libri di Cèline, Brasillach, Berto Ricci, Pound, Jünger, Drieu La Rochelle, Nietzsche, Heidegger e Codreanu. L’uscita dal partito di Paolo Signorelli accade nel 1957 insieme a Rauti, Graziani, Maceratini, Delle Chiaie, Sermonti, Vitale, Lombardo, Adriano Romualdi e molti altri che erano in disaccordo con la linea moderata e di inserimento nel sistema propugnata da Michelini perché ritenevano che il MSI avesse perso ogni aspirazione rivoluzionaria.

L’evolianesimo di Signorelli

L’attività del Centro Studi Ordine Nuovo si proponeva di applicare alla lettera gli insegnamenti evoliani di lotta alla corruzione e al materialismo della società contemporanea e del mondo moderno che nega i valori tradizionali e precipita l’uomo nel Kali Yuga in cui è impossibile operare politicamente per cambiare il sistema democratico e lo spinge verso l’apolitia, il che non vuol dire abbandonare i propri valori ma il disinteressarsi della politica pratica e mantenendo un aristocratico distacco insieme ad una fermezza nei principi da consolidarsi nel foro interno. Per questo motivo, per la prima volta in Italia, Ordine Nuovo nelle elezioni politiche del 1958 fece campagna per la scheda bianca.

Del ’68 e degli scontri di Valle Giulia, dove gli studenti universitari di destra e sinistra si trovarono a combattere sullo stesso fronte, Paolo Signorelli disse che «il MSI era al di fuori della contestazione studentesca e quando Almirante e Caradonna decisero di sgomberare “La Sapienza” lo fecero su mandato della DC».
Il professore rientrerà con Rauti ed altri nel partito nel 1969 quando alla segreteria subentrò Almirante ma viene espulso nel 1976 e in seguito fu tra i dirigenti di Lotta di Popolo, movimento che rifiutava ogni riferimento ideologico dogmatico e intendeva rivalutare il pensiero di rivoluzionari di sinistra come Mao Zedong e Ernesto “Che” Guevara in nome di una comune opposizione all’imperialismo, al capitalismo e al sionismo. Sempre su questa linea di superamento degli opposti estremismi collaborò a periodici quali Anno Zero e Costruiamo l’Azione, che nel 1978 divenne movimento. Proseguì l’attività politica con le Comunità Organiche di Popolo.

Negli anni Novanta fu tra i maggior esponenti del Fronte Sociale Nazionale e presidente del Laboratorio Politico Forza Uomo. Nel 1996 scrisse il libro Di professione imputato nel quale metteva in evidenza il fatto di essere un «disoccupato di Stato» per via delle vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto (fu sospeso dall’insegnamento e dallo stipendio per ben 15 anni, per essere reintegrato e successivamente destituito).

 

Gli attacchi giudiziari

Accusato ingiustamente di una ventina di procedimenti giudiziari, tra cui i più infamanti sono stati quelli di essere il mandante degli omicidi Leandri, Occorsio e Amato, ma soprattutto della strage di Bologna per cui scontò circa 10 anni di carcere preventivo e che Amnesty International denunciò le sue gravi condizioni di salute – al limite dell’anoressia – dovute alle durissima detenzione e dalla quale venne assolto definitivamente per «non aver commesso il fatto» nel 1993.
La sua causa trovò un vasto appoggio parlamentare ed extraparlamentare di ogni colore politico oltre che dal MSI-DN: anche artisti e professionisti supportarono le sue ragioni. I radicali con l’azione di Laura Terni tramite la pratica dello sciopero della fame e lo stesso Enzo Tortora ne presero le difese.

Dal carcere scrisse molte lettere e poesie alla moglie e ai figli, una termina così:
«Noi non abbiamo scelto ciò che è facile. Noi abbiamo scelto la via della lotta contro ogni fuga. Stringi a te, per mio conto, Luca e Silvia. Il sole annienterà le tenebre».

Ha diretto per anni la rivista Giustizia Giusta che ancora oggi dà voce alle vittime degli errori del sistema giudiziario italiano.
Popolarissimo nella base degli attivisti romani per il suo carattere gioviale e goliardico il professore negli ultimi anni di vita si dedicò al Movimento di Liberazione Nazionale che si proponeva di superare la dicotomia destra/sinistra continuazione dell’impegno trentennale di Costruiamo l’azione.
Nell’ultima domanda del libro che Compagno rivolge a Signorelli:
«E a chi sei in qualche modo riconoscente?»
Risponde: «A tutti coloro che sono stati coerenti. Sarà pure un mondo di merda ma di persone coerenti ce ne sono ancora. Le fiuti, sai che non ti tradiscono, sai che ci saranno sempre. Come Paolo Marzano che già condannato a morire si trascinò a Marta per vivere con la sua Comunità “l’ultima Canicula”».
Tra le migliaia di persone che erano presenti al giorno dei suoi funerali pochi furono i politici inseriti nel “sistema” e tra di essi Flavia Perina sua allieva al De Sanctis e futura direttrice del Secolo d’Italia.

Altre figure di spicco dell’estrema destra romana e non solo che vi presero parte: Fabio De Felice, Massimiliano Fachini e i ribelli del Movimento Rivoluzionario Popolare, costola di Costruiamo l’Azione, rappresentati da Lele Macchi e Marcello Iannilli di cui è da ricordare tra le altre azioni la liberazione dei “matti” dall’ ex manicomio di Santa Maria della Pietà.

Un ricordo significativo che può riassumere lo spessore politico, culturale e umano del professore è: «di te, i figli e figli dei figli potranno dire che abbiamo conosciuto un Uomo».

(di Franco Brogioli)

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