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Via anche Boban: lo strano caso del Milan

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Con il licenziamento per giusta causa comunicato a Zvonimir Boban il 6 marzo 2020, è iniziato l’ennesimo capitolo di una crisi, quella del Milan, di cui non sembra vedersi la fine. Fatale per il Cfo rossonero l’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport in cui ha dichiarato che la dirigenza aveva chiuso già lo scorso dicembre per portare in panchina Ralf Rangnick, bypassando di fatto lo stesso croato e Paolo Maldini, a cui era stata affidata per quest’anno la direzione delle operazioni sportive. Una decisione che si è riflettuta anche sul campo, con i ragazzi di Pioli tornati a faticare dopo essere lentamente risaliti fino alla zona Europa League. Ma soprattutto una decisione che non fa che alimentare la confusione e che crea grossi interrogativi per il futuro della società di via Aldo Rossi.

Per capire come si è arrivati al caos attuale è opportuno fare un passo indietro e analizzare tutto l’andamento della stagione 2019/2020. Già in estate c’erano stati i primi segnali che l’annata non sarebbe stata delle più facili e si intravedeva qualche crepa tra la presidenza di Gazidis e il settore tecnico affidato a Boban e Maldini. Da una parte un presidente sostenuto dal gruppo Elliott, di fatto proprietario della società, e pronto a riproporre in rossonero il modello Arsenal, fatto di giovani da valorizzare e poi rivendere a peso d’oro. Dall’altra la conoscenze dalla Serie A delle due ex bandiere rossonere e la consapevolezza che con una rosa di soli giovani la tanto annunciata caccia al quarto posto finale sarebbe stata difficilissima.

Una prima frizione risolta con la scelta di affidarsi a Marco Giampaolo, tecnico amante del calcio spettacolare e bravo con i giovani, ma alla prima esperienza su una panchina così “pesante”. A rendere subito complessa la sua avventura ci ha pensato la società con un mercato ancora oggi tutto da decifrare. Nessun trequartista arrivato, pochi investimenti sugli interni di centrocampo e molte scommesse tutte da scoprire. Decisamente poco per un allenatore deciso a giocare con il 4-3-1-2. Giampaolo, però, non si è arreso, ha impostato tutta la preparazione estiva sul nuovo schema e ha provato a riconvertire nel ruolo di suggeritore dietro alle punte prima Suso e poi Paquetà.

Una scelta che non ha pagato. Sconfitto all’esordio contro l’Udinese il tecnico ha sconfessato le sue idee ed è tornato al 4-3-3 impostato da Gattuso a sua immagine e somiglianza l’anno precedente. Non è, purtroppo, bastato. Dopo sette partite con due sole vittorie e cinque sconfitte, l’ex allenatore della Samp è stato esonerato per far posto al “normalizzatore” Stefano Pioli.

Tecnico pragmatico e abituato a ottenere il massimo dai giocatori a disposizione, Pioli, ha faticato all’inizio (nelle prime 5 uscite un pareggio col Lecce, una vittoria con la Spal e altri tre ko) per poi iniziare una lenta risalita, partita con il pari casalingo col Napoli e con due successi nelle successive tre giornate. A dicembre, però, è arrivata la sconfitta più pesante rimediata dal Diavolo dal 1998 a questa parte: un 5 a 0 contro l’Atalanta che ha messo a serio rischio anche la panchina dell’ex tecnico della Fiorentina.

Tornati al punto di partenza, Boban e Maldini hanno invece deciso di confermare Pioli e di regalargli in sede di mercato l’esperienza necessaria per tentare di agganciare un treno europeo sempre più lontano. La prima mossa è stata l’ingaggio di Zlatan Ibrahimovic, forse l’ultima stella internazionale ad aver vestito il rossonero prima della crisi. Dopo lo svedese sono arrivati anche il difensore Kjaer, in cerca di riscatto dopo sei mesi difficili all’Atalanta, il portiere Begovic dal Bournemouth e i laterali Laxalt e Saelemaekers. Via invece, senza troppi rimpianti, Suso, Piatek e Ricardo Rodriguez, uomini chiave dell’era Gattuso e finiti sul fondo della panchina quest’anno, Pepe Reina, tornato in Premier League e Mattia Caldara.

Stop ai giovani, quindi, e tanta esperienza in più per cercare di risalire la china. Una scelta che, insieme al cambio di modulo e al passaggio al 4-4-2 con Ibra nel ruolo di “regista” d’attacco, ha subito pagato. A gennaio il Milan è ripartito con il pareggio contro la Sampdoria per poi mettere insieme la bellezza di 10 punti nelle quattro gare successive prima di fermarsi di nuovo nel derby, rimediando una netta sconfitta per 4 a 2 dopo essere stato avanti di due gol a fine primo tempo. A seguire un’altra vittoria, con il Torino e il pareggio con la Fiorentina.

È in quei giorni che è scoppiata la grana Boban con il successivo licenziamento e la brutta sconfitta casalinga rimediata dal Genoa che ha messo ancora una volta in dubbio la posizione di Pioli e ha indispettito non poco lo stesso Ibrahimovic, sempre più importante all’interno dell’ambiente rossonero. Il tutto con una classifica ancora non del tutto compromessa, con i rossoneri a soli tre punti dal sesto posto del Napoli.

Ma anche se (nonostante il casos generale dovuto al Coronavirus) il Milan resta tra le papabili per la conquista di un posto in Europa secondo analisti esperti come Oddschecker, non si può certo parlare di stagione positiva. Quello che sembra disturbare di più i giocatori e tutto l’ambiente rossonero è l’instabilità societaria dove è ormai palese che ci siano due fazioni in campo con idee completamente opposte. Da una parte il fondo americano che vuole puntare sugli under 23 da valorizzare e rivendere per ripianare i bilanci e poi cedere il club. Dall’altra la direzione sportiva, ora nelle mani del solo Maldini, decisa a riportare il Diavolo ai fasti di un tempo creando il giusto mix tra esperienza e gioventù.

Una lotta che però sembra già decisa a favore di Gazidis. Maldini è destinato a lasciare al termine del campionato e con lui è pronto a fare le valigie anche lo stesso Pioli. Probabile che il futuro sia davvero affidato a Ralf Rangnick, ex tecnico di Schalke 04 e Lipsia e oggi direttore sportivo della squadra targata Red Bull, e che si continui a puntare su giovani tutti da scoprire con un occhio ben puntato ai paletti imposti dal fair play finanziario. Di certo non la ricetta ideale per riportare il Milan in Champions League a competere con le corazzate del calcio italiano e internazionale.

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