Lo Ius Soli – che qualcuno definisce in Ius Culturae – è stato il cavallo di battaglia del PD nella scorsa legislatura. Un paio d’anni fa i parlamentari piddini avevano addirittura indetto un ridicolo sciopero della fame “a tappe” per far approvare la legge sulla cittadinanza che concedeva ai nati sul suolo italiano di essere riconosciuti immediatamente quali cittadini. La legge non compì il suo iter nelle aule. Oggi nel governo giallo-fucsia c’è chi ha rilanciato il tema nei giorni scorsi, come Matteo Orfini, che su Facebook aveva “tastato il terreno”.
Ius Soli, la cittadinanza per tutti?
Più o meno. In Italia attualmente vige lo Ius Sanguinis, ovvero la trasmissione della cittadinanza da almeno uno dei genitori di nazionalità italiana. Con lo Ius Soli italiano già proposto nel 2017, declinato in Ius Culturae, la cittadinanza sarebbe concessa a tutti i nati in Italia, ma a condizione che abbiano frequentato prima dei 12 anni almeno 5 di scuola sul nostro territorio. Una sorta di ibrido che, di fatto, tende verso la concessione ai nati sul territorio, soprattutto se consideriamo la scarsissima mobilità dei clandestini che giungono sulle nostre coste.
Andrebbero ricordati anche altri due aspetti.
Il primo: i figli di genitori stranieri nati in Italia possono – con la legge italiana attuale – ottenere la cittadinanza italiana una volta compiuto il diciottesimo anno di età. Esiste già, di conseguenza, uno “ius soli” di formazione nostrana.
Il secondo aspetto riguarda il numero annuale di concessioni di cittadinanze a stranieri: l’Italia è il Paese che ne conferisce di più, davanti a Gran Bretagna, Francia e Germania. E i dati Eurostat parlano chiaro: nel 2017 ben 146mila (123 mila del Regno Unito, 115mila di Germania e Francia, 67mila della Spagna).
Non si capisce da quale ratio provenga dunque l’ossessione per lo Ius Soli della sinistra italiana, dal momento che non esiste – neanche dal loro punto di vista – alcuna “arretratezza”, vera o presunta che sia.
Ius Culturae, la risposta di Di Maio
Per il momento, comunque, pare che non se ne farà nulla.
Intervistato su La7, il capo politico dei 5 Stelle ha risposto nel merito in modo abbastanza chiaro: “Lo Ius Culturae non è oggi la priorità”. E le priorità, da sponda grillina, sembrano essere le solite: “Il taglio dei parlamentari, la riforma della giustizia, la legge di bilancio. Poi da gennaio dobbiamo fare la riforma della sanità, la legge sul conflitto d’interessi, quindi un cronoprogramma da realizzare”. Anche Alessia Morani del PD afferma che “ora la legge non verrebbe capita”.
Ma in ogni caso la questione è rientrata indiscutibilmente nel circuito del dibattito governativo. E l’anno prossimo potrebbe farsi seria.
(di Stelio Fergola)