Rambo Last Blood, il nuovo film diretto da Adrian Grunberg con Sylvester Stallone, è stato tacciato di razzismo negli Stati Uniti dai soliti liberal ossessionati dal politicamente corretto. Come spiega Breitbart, l’errore commesso da Stallone è stato quello di fare un film che osa riflettere la vita reale, cosa che si presume che i film facciano solo quando i cattivi sono dei maschi bianchi. Invece no, perché Rambo: Last Blood riflette una vera crisi di vita che coinvolge i cartelli della droga messicani.
Un errore imperdonabile per i critici, secondo i quali il film darebbe un messaggio profondamente sbagliato e razzista nei confronti dei messicani (come se parlare dell’esistenza dei cartelli della droga significasse dire che TUTTI i messicani sono così!). La solita follia politicamente corretta.
L’ipocrisia delle critiche contro Rambo Last Blood
Come nota Breitbart, queste critiche nei confronti di Rambo Last Blood sono noiose ed estenuanti, ma anche rivelatrici. I liberal sono arrabbiati per un film che esplora un problema reale, e l’unico argomento che hanno è invocare la censura per un presunto razzismo che non esiste. Secondo Variety:
In “Rambo: Last Blood” – un’altra crudele e brutta vetrina di carneficina xenofoba spremuta in appena 80 minuti e confezionata per l’esportazione – la figura di Stallone stanca trasforma il suo famigerato senso di vendetta verso i cartelli messicani, che hanno rapito sua nipote Gabrielle (Yvette Monreal) trasformandola in una schiava del sesso.
Il che naturalmente è falso. Come può il film avere una «visione razzista dei messicani» quando la vittima, la nipote di Rambo, è lei stessa messicana e così è la giornalista che diventa alleata del protagonista?
La malafede della critica contro Stallone e Rambo
Secondo la critica politicamente corretta, Stallone e Rambo Last Blood avrebbero dovuto ignorare dei problemi reali come la presenza dei cartelli della droga messicani e il mercato del sesso. Ma ciò che alla critica proprio non piace è il fatto che i messicani siano fronteggiati da un “macho” maschio bianco. Una colpa imperdonabile. Perché è chiaro che se il protagonista fosse stato di colore (o donna), allora nessuno avrebbe osato criticarlo in questa maniera.
(di Roberto Vivaldelli)