Politica e identità: il peccato italiano

Politica e identità: il peccato italiano

L’identità italiana è il topos più antico del nostro Paese. Prima dell’Unità, gli intellettuali erano mossi da un richiamo comune al suolo, dall’idea di una penisola libera da frammentazioni locali e dominazioni straniere, in seguito al processo risorgimentale il dibattito si è evoluto di pari passo con la storia del popolo e dei suoi uomini.

Ad oggi, un revisionismo sempre più martellante nega le radici comuni della nostra Nazione, correnti relativamente giovani di stampo localista e regionalista si fanno sempre più insistenti (si pensi al fenomeno neoborbonico), tra derby campanilistici, visioni confuse o decontestualizzate di avvenimenti tragici e scontri tra fazioni assistiamo ad un panorama quanto mai ridicolo e desolante. Ma oggi ci rapporteremo a un fenomeno incisivo eppure poco considerato in questo senso: la politica.

L’Italia è un caso particolare quando si parla di partecipazione o di idee politiche, se in paesi come Francia o Germania esse sono finalizzate al benessere del Paese, da noi l’approccio e le conseguenze sono ben diverse. Come i neoborbonici prima citati, i quali rapportandosi alla questione meridionale vedono nel Regno delle Due Sicilie una sorta di Eden perduto, coloro che rimangono disgustati dalla pochezza del contesto politico attuale innalzano gli anni di piombo e la Prima Repubblica a vera e propria età dell’oro italiana.

Ma oggi, nel 2019, qual è il lascito della lotta politica che negli anni Settanta ha trovato il suo culmine? Una polarizzazione politica che irrevocabilmente ha lacerato e diviso un popolo. In un’epoca post ideologica come questa, gli italiani continuano a dividersi tra destra e sinistra ma ciò che stupisce uno spettatore esterno è come, sin dagli albori, il tifo politico ha preso il sopravvento sul bene comune. Se negli anni dell’immediato dopoguerra il richiamo alla Patria era prerogativa di tutti, il punto di rottura è il momento in cui le identità politiche diventano predominanti sulla coscienza collettiva.

Negli anni di maggior partecipazione, con la Guerra Fredda che condizionava ogni Stato da Occidente ad Oriente, il popolo unico si divide in sottogruppi, storie e posizioni diverse che trascendono la politica e si spostano sul piano comunitario. Oggi, ragazzi che non hanno vissuto il dramma della guerra civile o della lotta armata, continuano a rivendicare le idee del Novecento o, nella maggior parte dei casi, sbandierare le loro appartenenze ideologiche come se fossero l’unico collante con altri individui (casualmente) appartenenti alla stessa terra.

Oggi quando si parla di Italia, di cosa fare per rendere questa Nazione coesa, il dibattito si sposta tra filogovernativi e antigovernativi, leghisti e centrosinistra, fascisti e comunisti, ma in tutto questo marasma a rimetterci sono sempre loro: gli italiani.

(di Antonio Pellegrino)

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