"Il Trono di Spade" incontra le relazioni internazionali

“Il Trono di Spade” incontra le relazioni internazionali

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George R. R. Martin, autore dell’acclamata serie letteraria delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, brillantemente trasposta nella serie televisiva HBO “Il Trono di spade”, ama citare una frase di William Faulkner: “l’unica cosa degna di essere raccontata è il cuore umano in conflitto con sé stesso”. Anche se la serie letteraria e quella televisiva hanno fatto un ottimo lavoro nel ritrarre tale conflitto, i fan della serie sono stati molto coinvolti dagli eterni conflitti che ruotano attorno ai personaggi di Martin. Il trono di spade, con la sua intricata lotta per il controllo militare e politico di Westeros, ha raccontato in modo tanto avvincente quanto brutale la guerra, la diplomazia, gli intrighi politici.

Anche se la violenza, il sesso, le battute spiritose, e gli zombie di ghiaccio presenti nella serie TV si sono dimostrati più che sufficienti per catturare l’immaginazione dei telespettatori, sono le sue complesse questioni politiche che hanno attratto gli studiosi di politica estera. Nonostante la sua fittizia ambientazione medievale, il Trono di spade si è dimostrata un’ottima lente attraverso la quale esaminare i dibattiti teoretici e i problemi globali che affrontano gli studiosi di relazioni internazionali contemporanei.

Forse l’aspetto più interessante è come il realismo nelle relazioni politiche viene affrontato ne Il trono di spade. La dichiarazione di Cersei Lannister per cui “quando giochi al gioco dei troni, puoi vincere oppure morire, non c’è via di mezzo” è in linea con la descrizione realista di un sistema internazionale anarchico in cui la sopravvivenza è il principale obiettivo di uno stato. Il modo migliore, per uno stato (o per una casata) di assicurarsi la sopravvivenza è possedere sufficiente potere per sconfiggere i suoi rivali, e i leader di Westeros muovono guerra, formano alleanze, tradiscono i propri alleati per ottenere questo obiettivo.

Tywin Lannister è uno dei più talentuosi praticanti della politica estera realista. Profondamente bismarckiano, Tywin ha voltato le spalle ai suoi ex alleati Targaryen durante la Ribellione di Robert solo una volta diventato chiaro che l’alleanza degli usurpatori era in vantaggio nel conflitto, in seguito ha stabilito un’alleanza con la vittoria Casa Baratheon che ha ampliato a dismisura il potere e l’influenza dei Lannister a Westeros. Anni dopo, Tywin ha condotto la sua casata alla vittoria nella Guerra dei Cinque Re attraverso la formazione di alleanze strategiche, convincendo gli alleati del Nord, dell’Altopiano e delle Terre dei Fiumi a vincere una guerra su due fronti contro i secessionisti Stark e il pretendente al trono Stannis Baratheon.

L’obiettivo primario di Tywin è massimizzare il potere e l’influenza della sua casata per assicurarne la sopravvivenza a lungo termine, e le sue decisioni sono basate sui calcoli di potere, non sulle leggi morali dell’universo (vedi: le Nozze Rosse). Tuttavia, gli altri governanti di Westeros non rispettano del tutto i precetti realisti: per esempio, gli Stark, i Greyjoy, i Baratheon e le Serpi delle sabbie di Dorn sono guidati più da ideali astratti che da calcoli razionali di potere, e le norme e le tradizioni come i diritti degli ospiti e il divieto di fratricidio limitano le opzioni strategiche di alcuni stati. Il contrasto tra il realismo di Tywin Lannister e i leader che agiscono principalmente per diffondere valori universali (giustizia, onore, uguaglianza) o che sono mossi da obiettivi emotivi individuali (gloria, vendetta) incoraggiano gli spettatori del mondo reale a discutere su quali di queste forze influenzano, o dovrebbero influenzare, le azioni degli stati nel sistema internazionale.

Il Trono di spade dimostra anche i benefici della cooperazione attraverso istituzioni internazionali, anche quando gli interessi degli stati rendono tale cooperazione difficile da ottenere. Jon Snow lo impara a sue spese quando il suo adesso indipendente Regno del Nord, molto simile a uno stato-canaglia dopo che ha abbandonato l’istituzione del Trono di Spade, fatica a convincere i leader delle casate rivali a unirsi per sconfiggere la minaccia posta in essere dagli Estranei. Se non altro, Il trono di spade dimostra che le istituzioni internazionali richiedono un grande livello di potere coercitivo per fronteggiare minacce esistenziali come quella degli Estranei – una metafora nemmeno troppo velata del cambiamento climatico che minaccia di gettare Westeros nell’inverno eterno. Gli Estranei sono stati introdotti fin dalla prima puntata come i principali nemici della serie, e il fallimento collettivo nel fronteggiare la crisi attraverso le prime sette stagioni risulterà probabilmente in conseguenze devastanti: un chiaro parallelo con ciò che l’umanità dovrà affrontare se non risolverà il problema del cambiamento climatico.

Il trono di spade ha molto da dire anche riguardo il ruolo che le armi nucleari giocano nell’influenzare la guerra e la politica. Crescendo i suoi tre draghi, Daenerys Targaryen ottiene l’equivalente di Westeros di un arsenale atomico, il quale le permette di colpire i suoi nemici in ogni luogo con un livello di forza che non può essere affrontato con le armi convenzionali. Come è facile immaginare, i draghi di Daenerys le danno un vantaggio militare significativo, e le permettono di stringere alleanze e ottenere concessioni politiche con grande facilità, sollevando al contempo dubbi sul fatto che tali armi debbano in primo luogo esistere.

Ugualmente prevedibile è la risposta dei suoi nemici ai draghi. L’arrivo di queste armi di distruzione di massa viventi sulle coste di Westeros dà il via ad una corsa agli armamenti per sviluppare delle contromisure efficaci (come lo scorpione di Qyburn), così come ai tentativi di ottenere a loro volta dei draghi (il Re della Notte). Nell’ottava stagione gli spettatori vedranno un mondo in cui due attori posseggono dei draghi a loro disposizione, invece di uno, ed è improbabile che la mutua distruzione assicurata agisca da deterrente.

Anche il terrorismo alza la testa ne Il trono di spade. Come per la vittoria americana sulle forze irachene nel 2003, la conquista da parte di Daenerys della città schiavista di Meereen appare inizialmente come una decisiva vittoria sul dispotismo, che creerà uno stato migliore e più ugualitario grazie al rovesciamento dell’Arpia dal pinnacolo della Grande Piramide di Meereen – un evento che ricorda l’abbattimento della statua di Saddam Hussein a Firdos Square. Tuttavia, i presunti liberatori vengono presto visti come occupanti, dando vita all’insorgenza dei Figli dell’Arpia, che gettano Meereen in un caos che ricorda Fallujah durante la guerra dell’Iraq. Domande su come l’America possa portare avanti le sue ambizioni globali senza rendersi vulnerabile al terrorismo internazionale continuano a dominare il dibattito sulla politica estera, e Il trono di spade trasporta la questione sullo schermo.

Infine, Il trono di spade presenta un eccellente ritratto del nazionalismo come forza potente negli affari internazionali. Nonostante sia largamente impopolare dopo avere ucciso sia la regina regnante che l’equivalente di Westeros del Papa, Cersei Lannister ottiene grande supporto per la sua offerta di fermare la conquista di Daenerys, descrivendo il suo esercito, composto in gran parte da Dothraki e Immacolati provenienti dal Mare Stretto, come un’orda straniera. I sentimenti nazionalisti sono usati anche come giustificazione per le ribellioni degli Stark e dei Greyjoy contro il Trono di Spade, e sono fortemente radicati nell’opposizione ai Bruti che si reinsediano a sud della Barriera.

Il nazionalismo rimane una forza motivante nella politica contemporanea, eppure spesso può risultare in decisioni politiche miopi che talvolta fanno più male che bene agli stati (come la Brexit o le varie ribellioni dei Greyjoy), oppure può sfociare in sentimenti reazionari, nativisti e anti-immigrazione, meglio incarnati dal risorgere del fascismo in Europa. Il trono di spade presenta un eccellente ritratto del nazionalismo sia nella sua parte giusta che nella sua natura pericolosa, che ben si allinea con la comprensione storica e contemporanea del fenomeno.

Il Trono di spade è stato elogiato come un trionfo del cinema televisivo, ma merita anche un riconoscimento per la sua abilità di mostrare le complessità della politica internazionale.
Anche se la conclusione della storia potrebbe incentrarsi su come i suoi personaggi risolveranno i conflitti all’interno del loro cuore, siamo certi che la stagione otto de Il trono di spade avrà anche molto da dire su come i conflitti sono combattuti, risolti ed evitati nell’arena internazionale.

(The National Interest – Traduzione di Federico Bezzi)

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