Altro che "europeista", è l'Ajax del sovranismo

Altro che “europeista”, è l’Ajax del sovranismo

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Un certo tipo di europeismo potrebbe essere curato al SerT. È diventato, infatti, quasi una vera e propria droga che, oltre a creare dipendenza, è capace di far vivere a chi lo sperimenta mondi paralleli, fargli assumere comportamenti deliranti e gettarlo in preda alle allucinazioni. L’ultima follia arriva dalle colonne del Corriere della Sera e vede protagonista la sconfitta della Juventus contro l’Ajax, costatale l’eliminazione dalla Champions League.

Di lì il delirio: “Juventus-Ajax: il calcio «populista» di Allegri sconfitto da quello «europeista» di Ten Hag”. Questo il titolo scelto dall’autorevole quotidiano che si lancia in un’analisi a dir poco azzardata in cui tenta di mettere in luce una presunta correlazione fra “gioco semplice” e populismo e “gioco complesso” ed europeismo.

A ben vedere, premessa anche solo l’inutilità di parlare in questi termini di una partita di calcio, attribuire all’Ajax il ruolo della voce calcistica di Bruxelles pare decisamente arduo.

I lancieri sono una squadra costruita in casa, con giocatori nati e cresciuti nel vivaio della compagine di Amsterdam, coccolati in un’oasi protetta che valorizza un lavoro fatto quotidianamente sul territorio. Nella loro formazione schierano 5 o 6 giocatori olandesi, un numero enorme per gli standard delle squadre di vertice nel calcio moderno. Passando all’aspetto tecnico, il gioco, spacciato per europeo, è in realtà un gioco tradizionale e con una fortissima identità. È l’evoluzione del calcio totale con cui gli olandesi hanno meravigliato il mondo; la continuazione nel solco di una tradizione lanciata dal genio di Johan Cruijff.

E anche la complessità attribuitagli è quanto di più distante ci sia da questa filosofia di calcio. È certamente difficile da attuare, intendiamoci, e richiede un duro allenamento tattico, ma parliamo di un tipo di gioco che cerca sempre l’armonia nella semplicità, nel fraseggio, nel passaggio corto, nel tiro dalla posizione più favorevole possibile. È un calcio che valorizza la capacità del singolo – che deve cercare di ridurre al minimo gli errori – ma, allo stesso tempo, che non diventa mai schiavo della giocata individuale. “Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile” per dirla con le parole dello stesso Cruijff.

Per la Juventus il discorso è esattamente inverso. La squadra si è rilanciata ad altissimi livelli in questi anni grazie ad investimenti economici mirati e ad una progettualità che le hanno dato la possibilità di acquisire grandi giocatori sparsi in mezzo mondo.  Alla filosofia dell’allevato in casa preferisce il già pronto che viene da fuori, da imbarcare a suon di milioni.  Seppur lontana dalle spese pazze degli sceicchi la Juventus infatti non si è di certo costruita col suo vivaio, ma ha attinto dal meglio che ha trovato in Italia e all’estero. Il gioco impartito da Massimiliano Allegri, più indirizzato ad allenare il singolo che la squadra, è l’opposto dei dettami che segue l’Ajax. È un calcio semplice nelle dinamiche, ma che richiede giocate complesse da parte dei suoi interpreti, dalle qualità dei quali finisce per dipendere totalmente.

Alla luce di tutto ciò, come si possa dare la bandierina europeista ai ragazzini terribili dell’Ajax resta un mistero irrisolto. Nel grottesco del trasportare il politico nello sport non c’è dubbio che, a ben vedere, la squadra di Amsterdam dovrebbe, ben più della Juve, far rizzare i capelli agli ultras dell’UE, facendo schizzare quasi alle stelle il livello di “allerta sovranista”.

(di Simone De Rosa)

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