Ritrovato il caccia di Visconti, asso italiano dei cieli

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Lo scorso autunno è stato ritrovato dagli esperti dell’associazione Air Crash Po e Romagna Air finders ciò che rimane del caccia del pilota italiano Adriano Visconti. I membri dell’associazione ne sono certi, i resti di serbatoio e altri frammenti dell’aeroplano sono quelli del Messerschmitt Bf109 del maggiore Visconti. La scoperta è stata fatta fra i monti sopra Tignale, un paesino della provincia di Brescia.

Adriano Visconti nacque a Tripoli nel 1915, da una famiglia di coloni italiani. Arruolatosi nella Regia Aeronautica, conseguì il brevetto di pilota nel 1936. Allo scoppio della guerra fu trasferito con il suo reparto in Africa. Qui, dall’aeroporto di Tobruch, combatté contro gli inglesi volando sui Breda Ba.65 e i Caproni Ca.310.

Ritrovato il caccia di Visconti, asso italiano dei cieli
Al centro Adriano Visconti.

Nel solo periodo di tempo fra giugno e dicembre 1940 venne insignito di due Medaglie d’Argento al Valor Militare e una Medaglia di Bronzo. Con il cambiare delle sorti delle forze italiane in guerra cambiavano anche i teatri in cui Visconti volava con la sua squadriglia. Eroico, abituato ad azioni ardite e forse un po’ folli, nel 1943 in Tunisia attaccò con soli 12 Macchi M.C.202 del 7º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre ben sessanta Aerei alleati. Nel furore dello scontro riuscì pure ad abbattere uno Spitfire V.

In seguito all’armistizio e l’8 settembre, Visconti aderì alla Repubblica Sociale Italiana, divenendo un membro fondamentale della Aeronautica Nazionale Repubblicana. Nominato comandante della 1ª Squadriglia del 1º Gruppo caccia. Da quel momento in poi Visconti combatté serrati scontri contro i cacciabombardieri americani che bombardavano l’Italia centro-settentrionale.

Il 14 marzo del 1945, a cavallo di un Messerschmitt B.109, Visconti si scontrò, insieme alla sua squadriglia, con una formazione di caccia e bombardieri americani che avevano appena bombardato il ponte ferroviario di Vipiteno. Durante il furioso scontro il Nostro riuscì ad abbattere un Thunderbolt, ma venne ferito al volto e fu costretto a lanciarsi con il paracadute. Ed è proprio l’aereo di questo scontro ad essere stato ritrovato sopra Tignale, nei luoghi sottostanti il violento duello.

Ardito e temerario in battaglia, il vero carattere eroico di Visconti lo si vide davvero nelle ultime azioni della sua vita. Il 25 aprile Visconti si trova infatti con i suoi settecento uomini nella caserma di Malpensa. Qui, dopo aver dato ordine di bruciare tutti i velivoli presenti, ancora in ottimo stato, attende l’arrivo delle forze americane ed inglesi che hanno vinto ormai la guerra.

Ritrovato il caccia di Visconti, asso italiano dei cieli
Il Messerschmitt Bf109 di AdrianoVisconti

Mentre attende con i suoi uomini presso la scuola-caserma di Gallarate, la caserma viene circondata dalle bande partigiane. Per tre giorni i partigiani inviano ambascerie per trattare la resa e per tre giorni Visconti la rifiuta: egli ha perso la guerra combattendo lealmente e cavallerescamente contro gli Americani, e a loro si arrenderà. Sotto le minacce dei partigiani che non accettano questa risposta, infine cede. A convincerlo è stato il desiderio di non spargere più inutilmente sangue italiano. L’accordo, che prevedeva l’incolumità per tutti i suoi uomini e il loro salvacondotto, nonché l’onore delle armi per il reparto che fino alla fine ha combattuto contro bombardamenti indiscriminati, viene accettato da tutti. A sottoscriverlo ci sono il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, il Comitato di Liberazione Nazionale, 4 capi partigiani e da due prelati e degli esponenti dell’esercito de Sud.

La cerimonia di resa e consegna delle armi commuove tutti i presenti, partigiani e aderenti alla Repubblica Sociale. Ma il nome di Visconti è un nome scomodo: egli è un eroe di guerra, beneamato da tutto il popolo, e questo non va bene a certi partigiani. Fra questi alcuni ordiscono un piano infame. Mentre infatti Visconti si sta dirigendo verso il luogo dell’interrogatorio, affiancato dal sottotenente Valerio Stefanini suo aiutante, dei partigiani -fra cui si dice un fantomatico russo- li assaltano alle spalle e sparano una raffica che coglie sul colpo Stefanini. La storia vuole che, avvertito dal suo aiutante all’ultimo istante, Visconti si sia girato verso gli assassini gridando “Mirate al petto.Vigliacchi!”. Mitragliato, venne poi finito con due colpi di pistola alla testa. A salvare gli uomini del suo reparto dalla furia dei partigiani fu solo il tempestivo arrivo dell’esercito americano.

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Venne così assassinato un eroe, un Italiano vero, ricordato sia in patria che all’estero come l’asso italiano della Seconda Guerra Mondiale.

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