Intervista a Piero Visani, autore di "Storia della guerra dall'antichità al '900"

Intervista a Piero Visani, autore di “Storia della guerra dall’antichità al ‘900”

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• Da dove è venuta fuori l’idea di scrivere un trattato sulla storia della guerra e la sua evoluzione nel tempo?
Era dal 1998 che non pubblicavo più un libro (nel caso di specie fu “Lo stratega mediatico”), essenzialmente per pressanti impegni di lavoro. Poi, con la diminuzione dei medesimi e una serie di articoli sulla “Storia della guerra” scritti per il quotidiano “Linea”, ho deciso di fare questo sforzo. Si è subito reso evidente il fatto che un solo volume sarebbe stato troppo grande, per cui, insieme all’editore (l’amico Luca Gallesi di Oaks Editrice, Milano) ho deciso di dividerlo in due libri: il primo (“Storia della guerra dall’antichità al Novecento”) è uscito nell’aprile scorso, mentre il secondo (“Storia della guerra nel XX secolo”) è già in avanzato stato di lavorazione, anche se è presto per dire quando uscirà (ipotizzo inizi 2020).

Intervista a Piero Visani, autore di "Storia della guerra dall'antichità al '900"

• Ci sono dei testi e degli autori che ti hanno ispirato a scrivere sull’argomento?
Nessuno in particolare, anche se il mio punto di partenza è stato il filosofo greco Eraclito, per il quale “la guerra è la madre di tutte le cose” (anche se lui in verità scrisse “il padre”, ma era un’epoca ad impostazione maschilista…). Ma non dimentico mai il grande pensatore prussiano Carl von Clausewitz (“la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi”) o il grande giurista e politologo tedesco Carl Schmitt (“l’essenza del ‘politico’ è la contrapposizione amico/nemico”).

• A tuo avviso possiamo definire la guerra come la benzina della storia, a cui è legato anche il progresso della tecnica?
A mio parere, è uno (non l’unico) dei carburanti che fanno girare il motore della storia e naturalmente anche il progresso della tecnica. Poiché si tratta di un carburante estremamente costoso, oggi lo si usa con maggiore parsimonia e sotto forme pesantemente traslate (guerra economica, guerra mediatica, guerra psicologica, etc.), ma la sua natura e il suo ruolo sono sempre totalmente conformi al celebre aforisma di Eraclito.

• Al di là dei conflitti fra gli Stati e delle cause politiche in generale, da un punto di vista psicologico, diresti che la guerra risponde ad un bisogno inconscio dell’uomo?
Assolutamente sì e non sono affatto sicuro che tale bisogno sia inconscio, ma spesso del tutto consapevole. Per non parlare del fatto che, in un momento in cui si sostiene che ci siano sempre meno guerre, il livello di conflittualità interno alle nostre società è sempre più elevato. Come è stato scritto di recente, “è sempre guerra”…

• Che ne è allora della guerra nell’era atomica in cui in questo campo l’uomo è stato quasi interamente soppiantato dalla macchina ?
A mio parere, questa è una contrapposizione forzata. A parte le due bombe atomiche sul Giappone, nell’agosto 1945, al conflitto atomico nessuno Stato ha mai fatto consapevolmente ricorso, almeno fino a quanto il ricorrervi avrebbe escluso la possibilità di una vittoria e garantito solo quella di un olocausto. Occorre però segnalare che la continua corsa alla miniaturizzazione delle armi nucleari e al contenimento dei loro effetti distruttivi lascia sicuramente ipotizzare che nessuno escluda del tutto tale ricorso in futuro.

Quanto al fatto che, nella guerra, l’uomo possa essere del tutto soppiantato dalla macchina, questo è un wishful thinking, è il miraggio occidentale della guerra “post-eroica” (o “senza morti”) così brillantemente descritta da Edward N. Luttwak. Come dimostrano ampiamente tutti i conflitti recenti, la guerra comporta sempre delle perdite umane (anche tra “i nostri”, non solo tra “i nemici”) e pensare che possa essere gestita solo dalle macchine resta, per il momento, un sogno e un miraggio. Ma attenzione, le guerre del futuro saranno essenzialmente conflitti, dalle forme assai diverse dalle guerre tradizionali. Molti di questi conflitti sono già in corso (guerra economica, guerra mediatica, guerra psicologica, guerra culturale, etc.). Fanno moltissime vittime, ma pare che ne facciano meno delle guerre tradizionali. Per questo le si accetta, ma in genere neppure le si percepisce…

(intervista a cura di Emilio Bangalterra)

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