La sinistra odia la famiglia

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Proteste continue per il Congresso mondiale delle Famiglie che si terrà a Verona dal 29 al 31 marzo. Critiche feroci, addirittura interrogazioni parlamentari, insulti, qualcuno parla apertamente di fake news, ma il risultato sembra essere sempre lo stesso, dai tempi del primo Family Day: la sinistra odia la famiglia.

La sinistra odia la famiglia, e parte in quarta per vietarne la libera espressione. Lo fanno quelli di Più Europa, Emma Bonino e  Riccardo Magi, che il 7 febbraio chiedono alla presidenza del consiglio dei ministri spiegazioni sul patrocinio istituzionale al Congresso stesso. La sintesi “per affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società” non va giù, anzi rimane proprio sul gozzo. “Non si permetta lo Stato italiano di sostenerla, ci dia spiegazioni” sembra urlare la sinistra tutta insieme.

Più violento ancora il sito Gay.it che definisce l’evento “congresso dell’omofobia” e “schiaffo alla comunità LGBT“. La tattica è sempre la stessa: negare la libera manifestazione del pensiero in modo aggressivo, presentandosi come vittime offese. Non si può sostenere il ruolo della famiglia, non si possono sostenere padri e madri, non ci si può non piegare alle volontà del pensiero dominante. E per carità, mai parlare di antiabortismo, non sia mai, che le femministe di Non una di meno poi si inalberano. I comandamenti sono comandamenti, guai a violarli.

Il gruppo ha organizzato tre giorni di manifestazioni negli stessi giorni del Congresso. Su tutte quella prevista Sabato 30 marzo. Ovviamente si parla di “politiche regressive e fasciste”, per usare le espressioni di Laura Sebastio, attivista veronese di Non una di meno. Si chiede una “risposta internazionale” alla repressione di cui sarebbe colpevole chi sostiene la famiglia.

Che prova mestamente a reagire: “Siamo stupefatti che si voglia colpire un evento costruttivo e pregevole e tappare la bocca alle tante famiglie che chiedono sostegno e attenzione. Noi possiamo solo dire che non ci fermeranno”, dicono Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente del Congresso.

Nel trattempo la famiglia messa all’angolo viene strozzata non appena si permette di esprimere la sua esistenza. In nome della “democrazia”.

(di Stelio Fergola)

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