Sono passati già cinquant’anni da quando te ne andasti. Io non esistevo ancora, eppure posso dire di averti vissuto in diretta, grazie a quelle serate in famiglia in cui guidavi uno straordinario gruppo di idoli cinematografici, dai vari Aldo Fabrizi, Ugo Tognazzi, Vittorio De Sica nonché l’inimitabile Alberto Sordi, che a turno danzavano nello schermo televisivo della sala da pranzo, la sera, quando si era tornati dal lavoro o dalla scuola, e ci si riuniva convivialmente.
Quelle serate in cui “si intrufolavano” anche “Peppone Cervi” e “Don Camillo Fernandel”. Quelle serate in cui si respirava il sapore d’Italia, quella che ci piace, quella colorata e viva della commedia dell’arte, che dalle pendici del Nord Est seicentesco giunse fino alla Napoli del XX secolo.
Sguardo comico ma anche tragico, anche se in pochi se lo ricordano, improvvisazione continua, copioni inutili perché alla fine “ci pensavi tu”, proprio quell’Italia intera hai incantato con la capacità che avevi di prendere tutta la scena, di fagocitare il pubblico. Con Fabrizi era dura, con Sordi troppe poche le occasioni ma il discorso sarebbe lo stesso.
Non eri un sant’uomo, eppure così dignitoso, simbolo della Napoli migliore, italiana anzitutto e non così dialettale come si favoleggia per delle poesie in volgare che, pur nell’assoluto rilievo artistico che non è certo intenzione discutere, non rappresentano in toto un lessico, il tuo, purissimo, elegante, sublime all’ascolto.
Non è un caso che Napoli stessa ti abbia preferito idoli decisamente più locali e privi della tua classe come Troisi o l’inguardabile Siani. Senza dirlo ad alta voce, perché la vergogna è troppa, meglio nascondere l’indifferenza con una retorica adulazione che nei fatti non c’è più.
Nonostante tanta immondizia, Guardie e Ladri, I tartassati, Miseria e Nobiltà, Arrangiatevi!, Sua eccellenza si fermò a mangiare, I soliti ignoti e l’inimitabile Uccellacci e Uccellini ti dipingono come affresco perenne, immutabile, non scalfibile. Un’icona di cui portarono l’effige Mario Monicelli, Luigi Comencini e in estremo anche Pier Paolo Pasolini.
Lo smemorato di Collegno il tuo film più introspettivo.
Un rinnovato addio al miglior attore italiano della storia. E lo scrive chi ha un debole “privilegiato” per Sordi.
(di Stelio Fergola)