Vladimir Majakovskij: la dignità poetica dell’operaio

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Gridano al poeta:
“Davanti a un tornio ti vorremmo vedere!
Cosa sono i versi? Parole inutili!
Certo che per lavorare fai il sordo”.
A noi, forse, il lavoro
più d’ogni altra occupazione sta a cuore.
Sono anch’io una fabbrica.
E se mi mancano le ciminiere,
forse, senza di esse,
ci vuole ancor più coraggio.
Lo so: voi non amate le frasi oziose.
Quando tagliate del legno, è per farne dei ciocchi.
E noi, non siamo forse degli ebanisti?
Il legno delle teste dure noi intagliamo.
Certo, la pesca è cosa rispettabile.
Tirare le reti, e nelle reti storioni, forse!
Ma il lavoro del poeta non è da meno:
è pesca d’uomini, non di pesci.
Fatica enorme è bruciare agli altiforni,
temprare i metalli sibilanti.
Ma chi oserà chiamarci pigri?
Noi limiamo i cervelli
con la nostra lingua affilata.
Chi è superiore: il poeta o il tecnico
che porta gli uomini a vantaggi pratici?
Sono uguali. I cuori sono anche motori.
L’anima è un’abile forza motrice.
Siamo uguali. Compagni d’una massa operaia.
Proletari di corpo e di spirito.
Soltanto uniti abbelliremo l’universo,
l’avvieremo a tempo di marcia.
Contro la marea di parole innalziamo una diga.
All’opera! Al lavoro nuovo e vivo!
E gli oziosi oratori, al mulino!Ai mugnai!
Che l’acqua dei loro discorsi
faccia girare le macine.

Vladimir Majakovskij, Il poeta è un operaio.

Majakovskij è stato il poeta della Rivoluzione Russa del 1917, il cantore di un moto del popolo che ha cambiato, da qualsiasi lato si guardi, la storia del mondo contemporaneo. Oltre ad aver partecipato alla rivoluzione, ha voluto seguirla, celebrarla e onorarla. Il poeta è un operaio, forse non è una delle poesie più conosciute e più famose, di certo è quella che definisce con maestria e precisione il ruolo del poeta in una società come la nostra, sicuramente non incline al socialismo, bensì molto di più al guadagno immediato ed alla produzione intensiva di massa, ovvero il produci, consuma, crepa, paradigma del sistema capitalistico.

Quello del poeta, per Majakovskij, è un mestiere non dissimile da quello dell’operaio. Quest’ultimo lavora sodo tutto il giorno, in fabbrica, alla catena di montaggio, nei cantieri o nei plessi industriali. Il suo lavoro costituisce uno dei pilastri della società. È dovere dei poeti quello di infiammare gli animi con i loro versi, suscitare l’amore verso la bellezza, instillare nei cuori il senso della giustizia sociale, il coraggio di opporsi al classismo intellettuale o a coloro i quali sfruttano i più deboli, gli indifesi senza diritti né voce per reclamarli.

Majakovskij esalta fino all’eccesso l’importanza del poeta nella società ed il ruolo centrale che questi dovrebbe occupare nella civiltà umana, ormai in balia del più bieco materialismo ed individualismo. Un poeta che, come l’operaio costruisce e innalza, trasforma e cambia la fisionomia del mondo materiale. Dove si leva la voce di un poeta, a denunciare, ad aiutare, a far comprendere, lì, presso quel popolo c’è vita e forse la speranza non morirà: l’eterna speranza di un mondo migliore e la lotta di uomini e donne libere per mantenere la propria essenza di esseri umani in una società che sembra condurre, invece, verso l’alienazione ed il nichilismo.

Non è eresia, dunque, affermare che Majakovskij rappresenta ancora oggi un vessillo fulgido ed un modello tetragono per tutti coloro i quali hanno intenzione di infrangere l’egemonia intellettuale del politicamente corretto.

(di Luigi Ciancio)

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