Il principe del revisionismo: Ernst Nolte spiegato da Luigi Iannone

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Un altro mostro sacro del ‘900 è stato recentemente analizzato sotto la lente scrupolosa dello scrittore, accademico e giornalista Luigi Iannone. Nella sua ultima uscita tratta la figura, senz’altro controversa, del filosofo e storico tedesco Ernst Nolte.

In passato hai pubblicato scritti su Carl Schmitt ed Ernst Jünger. Cos’è che accomuna i due autori tedeschi ad Ernst Nolte?

Sono pensatori che navigano in un oceano enorme, in cui vi è una multiformità di posizionamenti impossibili da sintetizzare e rendere compatti. Un oceano in cui vi sono reazionari e nostalgici, anticonformisti e conservatori, tradizionalisti e comunitari, le cui visioni di sicuro non possono essere sovrapponibili, tranne per il fatto di essere su un fronte culturale e ideale sempre opposto a quello progressista; o, come lo definiremmo oggi… liberal-progressista.

Il principe del revisionismo: Ernst Nolte spiegato da Luigi Iannone
L’autore Luigi Iannone

Al fine di avere una maggiore comprensione dei fenomeni politici che hanno attraversato il secolo breve, ritieni sia una tappa obbligatoria quella di affrontare il pensiero di Nolte e dei suoi studi sui totalitarismi?

La storiografia di Nolte è tappa necessaria per chiunque, studioso o solo appassionato delle vicende passate. Poi, si può anche non essere d’accordo con talune delle sue intuizioni, ma restano imprescindibili per comprendere i fenomeni totalitari del Novecento. Di lui si sono occupati tutti. Renzo De Felice e Augusto Del Noce tra i primi, e poi Habermas e decine di altri pensatori. D’altra parte i suoi volumi sono tradotti in tutto l’occidente, e sono materie di studio in gran parte delle università.

Perché il nome del filosofo tedesco è sinonimo di revisionismo storico, e in che senso da tale considerazione si sono poi generate diverse polemiche?

Nolte è il principe del revisionismo. Anzi, in epoca moderna, questo concetto nasce proprio con lui. Ovvio che le polemiche intorno alle conclusioni dei suoi studi siano in larga parte strumentali, portate cioè avanti da una sinistra che aveva innalzato a totem indiscutibile la resistenza al fascismo e al nazismo. E quindi qualunque diversione dalla vulgata ufficiale suonava come nostalgica, come un ritorno al passato che veniva ripulito per essere dato di nuovo in pasto alle nuove generazioni.

Non giriamoci intorno: Nolte era (ed è) considerato un fascista che si è messo a scrivere di storia. Tuttavia, oltre a queste sciocchezze, vi sono delle analisi che possono avere delle fondamenta e che, infatti, cerchiamo di evidenziare in questo libro, dove vi sono più voci discordanti tra loro che dibattono su uno stesso tema. Il lettore, in questo modo, potrà elaborare liberamente un proprio giudizio.

Il principe del revisionismo: Ernst Nolte spiegato da Luigi Iannone
Il libro di Luigi Iannone edito da Solfanelli

Nolte rintraccia un filo conduttore tale da legare le tre ideologie, fascismo, comunismo e nazismo?

Da giovanissimo iniziò a studiare Mussolini. In una libreria di Roma trovò un volume sul Duce e, appena ritornato in Germania, mise mano al rapporto tra questi e la filosofia di Nietzsche. Poi, da lì, partirono i suoi studi sugli altri fenomeni.

Ovvio che la chiave di volta delle critiche verta sul fatto che il nazismo sia, in parte, un prodotto della paura tedesca (ma anche europea) per il bolscevismo. Una sorta di risposta parimenti dirompente e violenta. Ma una risposta che riprodusse nella propria ideologia taluni strumenti e modelli traslati proprio dal comunismo.

Per concludere, prima di passare a miglior vita nel 2016, ebbe modo di occuparsi degli scenari politici attuali. Ha definito l’islamismo come “terzo radicalismo”. Puoi spiegarci cosa intendeva dire con tale affermazione?

La nostra è l’epoca della fine delle ideologie classiche. Eppure, ci mise in guardia dalla nascente ideologia, moderna e antica allo stesso tempo, quella del radicalismo islamista, perché ne colse sin da subito tutti i deficit. Vorrei però ricordare che Nolte non è mai stato tenero nemmeno con i processi della globalizzazione e col pensiero liberista e tutti i suoi succedanei sociali e antropologici. Anzi, ad esser sinceri, i suoi scritti recenti segnalano sempre una preoccupazione per le derive economiciste e per le crisi degli stati nazionali depredati di sovranità da organismi superiori.

(di Emilio Bangalterra)

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