Ristabilire la comunità contro la società del consumo

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La comunità intesa come organizzazione di una collettività sul piano locale o nazionale e come senso di appartenenza non c’è più, vittima di un attacco mirato da parte del capitalismo per la realizzazione della “società del consumo” che ha esaltato la diversificazione del singolo per concepire l’iper-individualismo odierno e piegarlo ai propri fini.

È questo il principale concetto contenuto nel lavoro di Gianfrancesco Caputo dal titolo “Comunità e società del consumo. Come dovremmo essere, quello che siamo” che riporta una notevole prefazione dello storico Dario Marino in apertura, prefazione che parte dal famoso discorso di Al Pacino negli spogliatoi di football americano del film hollywoodiano “Ogni maledetta domenica” racchiudibile nello slogan secondo il quale o si risorgerà come collettivo o si verrà annientati individualmente.

Nell’agile testo di Caputo (114 pagine comprese la sitografia e una bibliografia anche in lingua inglese) ricco di citazioni e approfondimenti sui maggiori esponenti del comunitarismo trovano spazio, per la prima volta, anche due autori ancora ignoti al grande pubblico italiano come Russell Kirk e Alasdair MacIntyre oltre al più noto Costanzo Preve, autore dell’Elogio del comunitarismo e spesso indicato dal filosofo neo-marxista Diego Fusaro come suo principale insegnante, e al pensiero aristotelico, più volte ripreso dall’autore stesso.

La scaletta dei capitoli segna le tematiche complesse dell’immigrazione, dell’ecologismo, dell’identità e della tradizione viste con l’occhio dell’eretico in opposizione al politicamente corretto che sostiene il continuo progressismo volto alla sostituzione dei diritti sociali con quelli individuali o cosiddetti “civili”. D’altronde è la stessa democrazia ad essere solo uno scudo dietro il quale si cela l’oligarchia tecno-finanziaria che ha basato le proprie fortune sull’ineguaglianza e lo sfruttamento distruggendo il senso di solidarietà sociale.

L’intenzione dell’autore è chiaramente quella di risvegliare un dibattito, prima di tutto culturale, ben consapevole dell’importanza che la cultura assume nella formazione del pensiero e della sua propagazione volta a dare vita ad una risposta. Una risposta concreta fatta di azioni per determinare il “chi siamo” e il “chi si vuole essere” abbattendo l’autodistruzione che avanza con l’inerzia e l’assuefazione.

È, infatti, secondo Caputo quello che si fa concretamente a poter fare la differenza per sé e per gli altri creando un precedente ed è ad un’avanguardia culturale che spetta il compito di affermare l’alternativa di una comunità valoriale contro l’atomizzazione delle coscienze che ha esaltato l’individualità determinando il tramonto di quanto difeso dall’umanità per secoli in termini di usi, costumi e tradizioni che ne hanno caratterizzato la trasformazione da individui in popolo.

(di Luca Lezzi)

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