Meloni nostalgie fasciste

Meloni dice no a nostalgie fasciste, ma per i sinistri ancora non va bene

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Giorgia Meloni è molto netta: “Nel dna di Fratelli d’Italia non ci sono nostalgie fasciste, razziste, antisemite. Non c’è posto per nulla di tutto questo.”

Dopo anni trascorsi a sentirsi suggerire persino dal lattaio cosa avrebbe dovuto dire per essere ritenuta presentabile dalla sinistra, complice l’osceno teatrino orchestrato da Piazza Pulita e FanPage e cavalcato dall’intero mainstream, il leader di Fratelli d’Italia, in una lunga intervista al Corriere della Sera ha preso – se ancora ce ne fosse bisogno – una posizione chiara, chiarissima sui rapporti tra il suo partito e il fascismo.

Meloni e nostalgie fasciste, un’affermazione dal patibolo

“Nel nostro DNA c’è il rifiuto per ogni regime, passato, presente e futuro” ha dichiarato la Presidente del primo partito italiano, senza risparmiare, tuttavia, legittime bordate a chi pretende, dall’alto di una del tutto autoattribuita superiorità morale, di impartirle lezioni di democrazia.
“Che senso hanno le accuse di fascismo a noi?” ha risposto Meloni ad una incalzante e provocatoria Paola Di Caro “era un regime e noi combattiamo i regimi, di ieri, e di oggi”.

Tranciante, inequivocabile, cristallina. Al punto da spingersi a prevedere nel partito “un organo permanente che prenda provvedimenti immediati contro chi gioca, volontariamente o per ignoranza, contro di noi”.

Neppure un dettato forse, andrebbe bene

Ma neppure ora che ha pronunciato le frasi tanto bramate dai Tosa di tutta la Nazione, Giorgia Meloni – che pure era in AN ai tempi di Fiuggi – può avere pace.
La presa di posizione non è sufficiente.
Le obiezioni sono sempre, pretestuosamente, le stesse: Meloni ha usato le parole sbagliate, le ha pronunciate per il motivo sbagliato e nel momento sbagliato.
Non basta dissociarsi a parole, troppo facile, adesso che Fan Page avrebbe smascherato la “Lobby Nera”, opportunistico, adesso, in procinto dei ballottaggi, troppo tiepida, nulla al confronto di quel “Fascismo male assoluto” di finiana memoria.

E poi, la più ridicola delle obiezioni: “Per chiudere davvero un capitolo, non potreste rinunciare a candidature evocative come quella di Rachele Mussolini?” domanda la Di Caro.

Avete capito bene, nel mondo delle schwa, degli asterischi e dei bagni unisex, nel mondo in cui tutto è discriminazione, il Corriere della Sera – per vero, in nome e per conto dell’intero mondo petaloprogressista – suggerisce alla presidente di un partito politico di escludere dalle proprie liste una candidata non perché incompetente o inadatta al ruolo ma in ragione del suo patronimico.

Il momento più alto di una cavalcata trionfante verso vette irraggiungibili di ipocrisia: perché lor signori sanno benissimo che non esiste alcun pericolo di deriva fascista in Fratelli d’Italia ma sanno anche che se Giorgia Meloni domattina si dichiarasse fervente antifascista come una qualunque Boldrini, per loro non sarebbe comunque abbastanza. L’unica leader donna dell’intero arco costituzionale continuerebbe a rappresentare l’incarnazione del male, le sue idee continuerebbero ad essere criminalizzate, il suo partito ostracizzato con ogni sorta di subdolo stratagemma.

L’ultima trovata, quella di Formigli & Co., d’altronde, testimonia il livello di malafede che la sinistra italiana è disposta a raggiungere pur di distruggere chi guida la coalizione di centrodestra e si candida a governare il Paese: il servizio mandato in onda giovedì da Piazza Pulita è un grottesco concentrato di mistificazione e odio per il nemico, da far accapponare la pelle.

Meloni e il caso Longobardi

Giorgia Meloni e il suo social media manager Tommaso Longobardi hanno un account – inattivo – su VK. Su VK è presente una folta rappresentanza di estremisti. Giorgia Meloni e Tommaso Longobardi sono due estremisti in cerca di consenso dagli estremisti.

Pulito, lineare, non fa una piega. Se non fosse che gli iscritti a VK sono 650milioni. Se non fosse che il presunto estremismo di Meloni e Longobardi non deriverebbe da ciò che loro hanno pubblicato ma dai post pubblicati da alcuni tra i loro followers.

Troppo sfacciato pure per loro. Eppure efficace. Delirio puro ma destinato a fare molta presa su chi non è minimamente disposto a riconoscere dignità all’avversario ma punta solo a distruggere il nemico.

L’analisi più lucida, sul punto, è proprio della stessa Meloni: “Quando Fini scrisse le tesi di Fiuggi” dichiara ancora al Corsera “la sinistra non smise di dire che era fascista. Smisero quando tentò di far cadere il governo Berlusconi. Smetti di essere un mostro, un fascista, quando diventi uno di loro, li scimmiotti, e non ti vota più nessuno. Se ne facciano una ragione: io questa sinistra la combatto, non sarò mai una di loro. Io sono orgogliosamente alternativa a loro”.
E noi con lei.

(di Dalila di Dio)

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