Il mio Maradona: la sua grandezza nel racconto di chi non lo ha mai visto

Il mio Maradona: la sua grandezza nel racconto di chi non lo ha mai visto

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È difficile scrivere di Diego Armando Maradona. Lo è per tanti motivi. Perché è impossibile spiegare cosa sia stato per napoletani ed argentini; perché, per quanto ci si possa impegnare a scovare analisi o aspetti sulla sua vita (dentro e fuori dal rettangolo di gioco), ci sarà sempre qualcun altro, nei fiumi d’inchiostro che lo hanno narrato e che oggi ne fanno il necrologio, che farà sembrare banale ogni considerazione.

Mi scuserete dunque, ma questo articolo non potrà che essere un racconto personale. Sarà “il mio Maradona”, dalla prospettiva di un tifoso azzurro nato poco prima che Diego si ritirasse e quando ormai aveva già terminato da qualche anno la sua epopea partenopea.

Maradona, le cassette e il calcio da cortile

Per chi è nato negli anni 90 in latitudini vicine al Vesuvio, Maradona ha il sapore intenso di sciarpe e bandiere, di cassette e videoregistratori, di immagini da guardare in preda all’ammirazione e all’invidia per non poter essere stati testimoni di qualcosa di grande.

Si badi però: è epica, non nostalgia. La mia generazione è cresciuta così, allevata nel mito del lìder maximo di una rivoluzione contro il potere calcistico detenuto da una triade rappresentanza di un nord ricco, solido, forte e vincente. E allora Diego diventava il rivoluzionario del sud (in sud America come in sud Italia) che lottava trascinando il suo esercito contro gli yankee, che in Italia avevano la faccia di Platini, di Matthaus e di Van Basten.

Ma Diego era molto di più, una vera e propria presenza costante nella cultura popolare, nel calcio di strada, da cortile, da piazza, da marciapiede. Era una maglia su un bambino che improvvisa dribbling tra le auto parcheggiate e il simbolo di un qualcosa di irraggiungibile quando, per riprendere un compagno che non passava mai la palla, gli si rimproverava di “voler fare il Maradona”.

Ma per chi non l’ha vissuto, il pibe di Villa Fiorito è stato soprattutto speranza. Per coloro i quali, come chi scrive, si sono avvicinati al calcio (e al Napoli) negli anni più bui immaginabili (tra retrocessioni, fallimenti e Serie C) Maradona rimaneva sempre lì, a testimoniare che per quanto in basso si poteva cadere, raggiungere la vetta era possibile. Tutto sommato anche Napoli, anche il sud poteva farcela.

Il campo, l’uomo e il moralismo spicciolo

Si è parlato tanto di Maradona in vita. Si continuerà a farlo ora. Non mancherà il solito moralismo spicciolo, né i puntualizzatori della Domenica che alzeranno il ditino per giudicare un uomo complesso e unico quanto certamente controverso. Ma d’altronde, si sa, gli unici a mettere d’accordo tutti sono i mediocri. Chi ha vissuto come El Pibe dividerà sempre. Ebbene sgombriamo il campo da equivoci una volta per tutte: non esiste il calciatore e l’uomo. Diego è stata una personalità unica, vulcanica, potente e fragile allo stesso tempo, inscindibile in “sul campo” e “fuori dal campo”.

Non esiste un Maradona senza eccessi: un talento eccessivo, una personalità eccessiva, una vita eccessiva.  Come un artista maledetto, come Caravaggio, Baudelaire , Poe, Jim Morrison, Rimbaud, Picasso, Hemingway. Lo spessore artistico, il dono di felicità e di poesia che ha fatto agli “amanti del pallone” del mondo intero rende nullo e ridicolo ogni moralismo.

Cosa è stato Maradona

Cosa è stato, in conclusione, Diego Armando Maradona? Non saprei dirlo con esattezza. Uno sportivo? Un artista? Un rivoluzionario? Il personaggio di un romanzo? Difficile a dirsi per chi vive tante vite in una vita sola. Ma la descrizione migliore arrivata in queste ore, per capire veramente come definire in modo complessivo El pibe de oro, è forse quella di Pep Guardiola: “Non importa cosa hai fatto nella tua vita, Diego. Importa cosa hai fatto nella nostra vita”.

E allora forse semmai un giorno un mio figlio dovesse rivolgermi la fatidica domanda, quella che io per primo ho fatto da piccolo a mio padre, “Chi è Maradona?”, non potrei che rispondere raccontandogli ciò che Diego ha fatto nella mia vita.

Non ho mai visto Maradona giocare, ma era presente in ogni mia partitella.
Non ho mai visto Maradona giocare, ma il suo mito mi ha emozionato.
Non ho mai visto Maradona giocare, ma sono quasi scoppiato in lacrime quando l’ho visto morire.

(di Simone De Rosa)

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