Confini: riscoprirne il significato per ridarne il giusto valore

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La crisi sanitaria e non solo legata alla diffusione del Covid-19 ha riportato alla ribalta della scena internazionale uno dei tanti termini che la neolingua del pensiero unico avrebbe voluto cancellare dal dizionario. Si tratta di quello di confini. In una società liquida qualcosa che porti in sé un’anima materiale e visibile come quello di confine o frontiera diviene, per ovvi motivi, il nemico principale.

Le bugie sull’immigrazione

A fornire i dati necessari a sbugiardare i sostenitori no borders che vorrebbero un’immigrazione sul nostro suolo, e dell’intero continente europeo, senza freni è l’agile volume “Confini. Come cambia la sovranità” di Daniele Dell’Orco, edito per la collana della rivista Nazione Futura. Come scrive l’autore “il confine, per definizione, ha da sempre rappresentato una linea di demarcazione di identità, tradizione e sovranità all’interno della quale esercitare il proprio potere, politico ed economico”.

E sono, oggi, proprio identità, tradizione e sovranità ad essere nel mirino di chi lavora, nemmeno troppo sottotraccia, per la costituzione di un mondo ibrido, multirazziale, governato non più dagli Stati nazionali ma da organismi sovranazionali. Dell’Orco ha anche il merito di smentire una volta per tutte le motivazioni dell’immigrazione dal continente africano, tracciando le tappe della maggior parte di coloro che partono non per scappare a guerre e persecuzioni ma alla ricerca di migliori condizioni di lavoro e welfare nei Paesi di arrivo, i cosiddetti “migranti economici”. Di particolare interesse è anche la linea di demarcazione fra sovranismo e nazionalismo, con quest’ultimo possibile solo in pochi casi ovvero lì dove non si è mai ceduta una parte della propria sovranità come nel caso degli Stati Uniti.

Quanto al futuro che ci aspetta, il poco più che trentenne scrittore laziale afferma che “i confini non sono affatto condannati dalla storia. Sono anzi l’unico strumento in grado di garantire la sopravvivenza di un ecosistema, tenuto insieme dal senso di appartenenza”.

I confini: strumento e non fine


Sullo stesso significato di confine come strumento e non fine risulta indispensabile la lettura di “Confini. Storia di frontiere, muri e limiti da Roma a Schengen” di Fausto Andrea Marconi edito da Passaggio al bosco.

Interrogandosi su cosa sia un confine l’autore sostiene “anzitutto, esso è uno strumento. E come ogni strumento la sua efficacia dipende dall’uso che se ne fa…allo stesso modo, lo scopo del confine è quello di limitare, proteggere, ordinare e unire. Esso evita l’irruzione del Caos, dell’anarchia e della guerra fratricida, difende una Comunità mentre ne delinea le caratteristiche identitarie”.

Frontiere e confini: non solo esclusione

Il lavoro di Marconi ripercorre la storia dall’antichità ai giorni nostri tramite una considerevole bibliografia e un prezioso apparato cartografico che lo rendono un saggio più scientifico che di semplice divulgazione.
Come sottolineato anche nella prefazione al volume curata da Stelio Fergola la demonizzazione del confine è arrivata a renderlo istintivamente una “parolaccia” sinonimo di un’ignoranza contagiosa di chi non si sofferma più sull’etimologia dei termini. Al fine di combattere questa tendenza Marconi traccia alla perfezione anche il doppio ruolo della frontiera “non improntata solo ad escludere, ma anche ad includere in maniera ordinata e giusta”. Tracciando un parallelismo con un altro “simbolo del male” identificato dagli artefici del pensiero unico l’autore si sofferma anche sul valore del “muro [che] diventa la manifestazione fisica non solo della frontiera, ma di una Comunità che entro questo si definisce”.

(di Luca Lezzi)

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