Le tragedie di Lampedusa ci ricordano che abbiamo bisogno di un'azione urgente da parte dell'UE

Daniele Bianchi

Le tragedie di Lampedusa ci ricordano che abbiamo bisogno di un’azione urgente da parte dell’UE

Il 3 ottobre 2013 al largo dell’isola italiana di Lampedusa si è verificato uno dei peggiori naufragi del Mediterraneo. La nave che trasportava quasi 500 persone affondò, provocando la perdita di almeno 368 vite umane.

All’epoca lavoravo nel campo umanitario a Roma ed ero inorridito nel vedere qualcosa di così tragico accadere così vicino a casa. Ho sentito storie dai colleghi di subacquei che tiravano fuori le vittime – corpo dopo corpo, giorno dopo giorno – allineandole nel porto. Mi si è spezzato il cuore nel vedere le foto delle bare ben disposte in un magazzino; davanti si fermavano alcuni piccoli bianchi che trasportavano corpi di bambini.

Sono trascorsi 10 anni da questa tragedia e gli orribili ricordi di essa perseguitano ancora Lampedusa. Purtroppo non è stato fatto abbastanza per evitare che simili incidenti mortali si ripetano. Dal 2014 sono state dichiarate morte o disperse più di 28.000 persone nel Mar Mediterraneo, tra cui più di 1.100 bambini.

Qualche settimana prima dell’anniversario mi trovavo a Lampedusa. L’isola stava ancora attraversando un momento difficile. In una sola settimana ha visto l’arrivo di circa 10.000 persone, un numero che è quasi il doppio della sua popolazione permanente.

In tutti i miei anni di lavoro per organizzazioni umanitarie, non avevo mai visto l’isola così. Le strutture allestite per accogliere i nuovi arrivati ​​sono state sopraffatte da file di uomini, donne e bambini, alcuni dei quali sono stati costretti a dormire fuori, per strada. Le persone vagavano per la città in cerca di cibo e acqua dopo aver trascorso giorni senza mangiare.

Ogni individuo arrivato aveva una storia segnata da sacrificio e resilienza. Molti sono arrivati ​​senza nulla, spesso portando solo un sacchetto di plastica con dentro un oggetto di una persona cara o della terra della loro terra natale. C’erano bambini che avevano subito violenza di genere e madri sopravvissute allo stupro. C’erano persone che avevano perso i propri cari lungo la strada.

In mezzo al dolore e alla sofferenza delle persone che arrivano in barca, per me spicca una storia di umanità. Un giovane di 18 anni proveniente dall’Africa occidentale era appena arrivato con un bambino di tre anni. Non erano parenti; aveva scoperto il bambino da solo nel deserto e lo aveva protetto durante il pericoloso viaggio attraverso il Mediterraneo.

Il bambino riceve cure adeguate, ma il suo nome, la nazionalità e l’età esatta rimangono sconosciuti. Tragicamente, lui fa parte del numero crescente di bambini che arrivano da soli.

In tutta Italia quest’anno abbiamo assistito all’arrivo di oltre 133.000 migranti, tra cui più di 11.600 minori non accompagnati, secondo il Ministero dell’Interno italiano. In modo allarmante, i bambini di età compresa tra zero e sei anni, soli, senza famiglia, rappresentano oltre il 2% di questi arrivi – un aumento di dieci volte rispetto agli anni precedenti.

Allo stesso tempo, i bambini continuano a perdere la vita tentando di attraversare il Mediterraneo. Dall’inizio dell’anno, più di 4.500 persone, tra cui molti bambini, sono morte o sono scomparse durante il pericoloso viaggio via mare verso l’Europa.

A Lampedusa ho incontrato due mamme che mi hanno raccontato di aver appena perso i loro bambini piccoli, un neonato e uno di cinque mesi, in mare. Le loro strazianti testimonianze mi hanno ricordato un’altra storia che mi è rimasta impressa ormai da più di sette anni: un bambino, sopravvissuto a un naufragio perché sua madre lo aveva consegnato a un uomo, poco prima di annegare: un ultimo atto di amore e disperazione per salvare la vita di suo figlio.

Ma nel mio lavoro ho anche sentito storie di speranza che mi fanno andare avanti. A giugno ho conosciuto un ragazzo di 14 anni originario del Gambia in Sicilia, il cui unico sogno era studiare. Oggi frequenta una scuola italiana, immensamente grato per l’opportunità di continuare la sua formazione.

Ogni bambino deve essere protetto e ricevere cure ed educazione adeguate. Chi fugge dalle avversità deve poter trovare rifugio e speranza.

Un decennio dopo la tragedia di Lampedusa, dobbiamo ancora vedere riforme sostanziali e misure proattive all’interno dell’Unione europea che possano garantire tutto ciò. Abbiamo ancora bisogno di un meccanismo europeo coordinato di ricerca e salvataggio e di rotte sicure e regolari che consentano alle persone in fuga dalla povertà, dai conflitti e dai disastri legati al cambiamento climatico di raggiungere l’Europa.

Il momento della solidarietà e dell’azione coordinata è adesso. La responsabilità di proteggere e accogliere le persone in cerca di un rifugio sicuro è collettiva e dobbiamo tutti spingere per un’azione unitaria per garantire la loro sicurezza e il loro benessere.

La migrazione non è un’emergenza, ma un fenomeno umano che deve essere affrontato e gestito adeguatamente. La morte di massa nel Mediterraneo è completamente prevenibile e deve essere prevenuta.

Nota dell’editore: una versione precedente dell’articolo indicava 2.500 come numero di persone morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo nel 2023. La cifra è stata aggiornata a 4.500 secondo i dati del Missing Migration Project.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Oltre La Linea.

Daniele Bianchi

Daniele Bianchi, nativo di Roma, è il creatore del noto sito di informazione Oltre la Linea. Appassionato di giornalismo e di eventi mondiali, nel 2010 Daniele ha dato vita a questo progetto direttamente da una piccola stanza del suo appartamento con lo scopo di creare uno spazio dedicato alla libera espressione di idee e riflessioni. La sua mission era semplice e diretta: cercare di capire e far comprendere agli altri ciò che sta effettivamente succedendo nel mondo. Oltre alla sua attività di giornalista e scrittore, Daniele investe costantemente nell'arricchimento della sua squadra, coinvolgendo professionisti con le stesse passioni e interessi.