Gli X di Elon Musk hanno perso il tentativo di bloccare una legge della California che obbliga le società di social media a rivelare pubblicamente come effettuano la moderazione dei contenuti sulle loro piattaforme.
X ha citato in giudizio lo stato della California a settembre, sostenendo che la legislazione, prima nel suo genere, viola la tutela della libertà di parola prevista dalla Costituzione degli Stati Uniti.
In base alle misure promulgate in legge lo scorso anno dal governatore della California Gavin Newsom, le società di social media sono tenute a presentare rapporti due volte all’anno su come affrontano l’incitamento all’odio, la disinformazione e altri contenuti discutibili.
Giovedì il giudice distrettuale americano William Shubb ha negato la mozione di X di sospendere temporaneamente la legge, stabilendo che i suoi obblighi di divulgazione sono “indiscutibili” e non “ingiustificati o eccessivamente onerosi nel contesto della legge del Primo Emendamento”.
La causa di X aveva sostenuto che la legge “obbliga le aziende a impegnarsi in discorsi contro la loro volontà”, “interferisce in modo inammissibile” con il giudizio editoriale di un’azienda e spinge le aziende a rimuovere “discorsi costituzionalmente protetti”.
X, ex Twitter, ha visto un esodo di inserzionisti, tra cui Apple, Disney, IBM e Lions Gate Entertainment, tra polemiche sui livelli di incitamento all’odio e disinformazione sulla piattaforma e sulle stesse dichiarazioni di Musk.
La piattaforma di social media è anche sotto esame da parte dell’Unione Europea, che ha aperto un’indagine contro la società per presunte violazioni del Digital Services Act (DSA) del blocco relative ai contenuti sugli attacchi di Hamas del 7 ottobre contro Israele.