Sviluppo fatto bene: perché l’Africa ha bisogno di qualcosa di più delle buone intenzioni

Daniele Bianchi

Sviluppo fatto bene: perché l’Africa ha bisogno di qualcosa di più delle buone intenzioni

L’annuale World Economic Forum di Davos riunisce i leader più influenti del mondo con l’obiettivo dichiarato di migliorare le condizioni economiche globali. Quest’anno, la promozione della crescita inclusiva e sostenibile in Africa è ancora una volta uno dei principali argomenti di conversazione dell’incontro. Tuttavia, quando si parla di sviluppo dell’Africa, troppo spesso confondiamo la discussione con il progresso. Il continente ospita alcune delle economie a più rapida crescita del mondo, ma la crescita media rimane al di sotto degli standard globali. Questo paradosso richiede più di un’analisi: richiede un’azione decisiva.

Il potenziale dell’Africa è straordinario. Ospitando il 60% della terra arabile incolta del mondo, una popolazione giovane e dinamica e vaste risorse naturali, il continente ha tutti gli ingredienti per una crescita trasformativa. La questione non è se l’Africa potrà svilupparsi, ma come rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il progresso.

Il panorama odierno dello sviluppo assomiglia spesso a un elaborato labirinto di requisiti, rapporti e linee guida contrastanti provenienti da centinaia di agenzie. Sebbene la responsabilità sia importante, l’eccessiva burocrazia soffoca il progresso. Ciò di cui l’Africa ha bisogno sono investimenti pratici e mirati in aree fondamentali che guidano la crescita economica.

Accettate la sfida energetica: solo il 50% degli 1,37 miliardi di abitanti dell’Africa ha accesso all’elettricità. Entro il 2030, gli investimenti nel settore energetico africano dovranno raggiungere i 25 miliardi di dollari all’anno per colmare il divario di accesso all’energia, un aumento drammatico rispetto alla spesa odierna. Ma gli investimenti da soli non bastano: occorre trovare soluzioni pratiche e locali. La chiave è l’integrazione regionale delle nostre fonti energetiche: è così che risolveremo la nostra crisi energetica. L’Africa dispone di immense risorse idroelettriche, solari e di altro tipo in diverse regioni. Se concepiamo il giusto mix energetico e stabiliamo una fornitura energetica condivisa, possiamo alimentare l’intero continente attraverso una rete forte e resiliente. Un simile risultato avrebbe un impatto di proporzioni storiche sullo sviluppo del nostro continente.

Allo stesso modo, è contro ogni logica che un continente con la maggior parte delle terre coltivabili del mondo abbia oltre 280 milioni di persone denutrite. Ciò non è dovuto a una mancanza di capacità. È il risultato di infrastrutture rurali trascurate, di mercati frammentati e di investimenti insufficienti nella tecnologia agricola. La soluzione richiede investimenti strategici in strade, sistemi di irrigazione e strutture di stoccaggio, insieme a politiche che incoraggino la lavorazione locale e l’aggiunta di valore.

Il commercio intra-africano, che rappresenta appena il 15% del commercio totale del continente, illustra un’altra grande opportunità. L’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA) è promettente, ma il suo successo dipende dall’attuazione pratica: costruzione di strade, modernizzazione dei porti ed eliminazione delle barriere commerciali. Questi non sono concetti rivoluzionari, ma fondamenti comprovati dello sviluppo economico.

La strada da seguire è chiara. Innanzitutto dobbiamo snellire i processi di sviluppo. Le nazioni africane hanno bisogno di partner, non di supervisori. In secondo luogo, gli investimenti nelle infrastrutture devono essere pratici e immediati: strade, centrali elettriche e porti che consentano una reale attività economica, l’interconnettività tra le nazioni e rientrino in una visione strategica a livello continentale. In terzo luogo, dobbiamo avere fiducia che la leadership locale stabilisca le priorità sulla base delle realtà sul campo e non delle teorie dei consigli di amministrazione distanti.

I nostri giovani, sia nel Maghreb (Africa nordoccidentale), nell’Africa centrale o nel Corno d’Africa, meritano sistemi educativi che li preparino per il posto di lavoro moderno. Gli attuali programmi di studio spesso assomigliano a catene di montaggio antiquate, non riuscendo a fornire agli studenti gli strumenti per il loro futuro. Questo deve cambiare. Allo stesso modo, i nostri sistemi sanitari necessitano di investimenti mirati per ridurre i tassi di mortalità e affrontare le forti disparità sanitarie in tutto il continente.

I leader di Davos dovrebbero concentrarsi su passi tangibili per accelerare l’agenda di crescita inclusiva dell’Africa. Il continente non ha bisogno di più seminari sulla teoria dello sviluppo: ha bisogno di un sostegno pratico e focalizzato sui risultati che consenta alle nazioni di costruire economie e società solide.

Questo non è solo un pensiero aspirazionale. Sono obiettivi realistici sostenuti dall’immenso potenziale del continente.

La scelta è chiara: continuare con il business as usual oppure abbracciare un modello di sviluppo che privilegia i risultati rispetto al processo. La risposta del mondo a questa scelta determinerà non solo il futuro dell’Africa, ma il corso della prosperità globale per i decenni a venire. Il tempo delle discussioni infinite è finito: l’Africa ha bisogno di azione, e ne ha bisogno adesso.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Oltre La Linea.

Daniele Bianchi

Daniele Bianchi, nativo di Roma, è il creatore del noto sito di informazione Oltre la Linea. Appassionato di giornalismo e di eventi mondiali, nel 2010 Daniele ha dato vita a questo progetto direttamente da una piccola stanza del suo appartamento con lo scopo di creare uno spazio dedicato alla libera espressione di idee e riflessioni. La sua mission era semplice e diretta: cercare di capire e far comprendere agli altri ciò che sta effettivamente succedendo nel mondo. Oltre alla sua attività di giornalista e scrittore, Daniele investe costantemente nell'arricchimento della sua squadra, coinvolgendo professionisti con le stesse passioni e interessi.