L'ordine di evacuazione israeliano non è altro che una copertura per la pulizia etnica

Daniele Bianchi

L’ordine di evacuazione israeliano non è altro che una copertura per la pulizia etnica

Il 12 ottobre, dopo giorni di bombardamenti, il governo israeliano ha ordinato a 1,1 milioni di palestinesi che vivono nel nord della Striscia di Gaza, che comprende Gaza City, l’area urbana più popolata, di spostarsi a sud del territorio assediato. Prometteva che per un periodo di 24 ore le strade sarebbero state sicure per coloro che volevano fuggire dall’imminente invasione di terra. Molti cominciarono a spostarsi verso sud subito a piedi, altri salirono sui camion e i “fortunati” caricarono le loro auto.

Da giorni Israele bombarda le strade della parte settentrionale della Striscia, rendendo lento e faticoso ogni tentativo di evacuazione. Peggio ancora, ci sono state segnalazioni secondo cui il governo israeliano avrebbe infranto la sua promessa e avrebbe preso di mira i convogli che si muovevano verso sud. Secondo il Ministero della Sanità palestinese, un attacco israeliano sulla Salah al-Din Road, un’arteria principale del territorio sovraffollato temporaneamente dichiarata “sicura” dall’esercito israeliano, ha ucciso 70 persone che tentavano di fuggire verso sud il 13 ottobre.

Alla fine molti sono fuggiti, ma molti altri non hanno potuto farlo. Alcuni non sono in grado di muoversi, a causa di disabilità o infortuni. In diversi ospedali, medici e infermieri si rifiutano di lasciare i loro pazienti irremovibili. Ci sono anche altri che si rifiutano di partire perché temono l’esilio permanente.

Il trauma della Nakba del 1948, quando 750.000 palestinesi furono permanentemente esiliati dalle loro case, non ha mai lasciato i palestinesi. Questo sentimento è particolarmente palpabile tra i palestinesi di Gaza, la maggior parte dei quali proviene da famiglie sfollate nel 1948.

Il governo israeliano lo sa. Sa anche che spostare 1,1 milioni di persone in uno spazio come Gaza, nel giro di poche ore, è logisticamente impossibile. Ma l’ordine di evacuazione serve al suo scopo: fornisce al governo israeliano la copertura per commettere atrocità di massa sfruttando l’antico errore secondo cui Hamas sta utilizzando scudi umani.

Le agenzie internazionali hanno chiarito che l’ordine di evacuazione non esonera il governo israeliano dai suoi obblighi e responsabilità ai sensi del diritto umanitario internazionale, e hanno invitato i leader israeliani a revocare l’ordine. Da parte sua, tuttavia, il governo israeliano non ha fatto grandi sforzi per nascondere il fatto che questo ordine di evacuazione o i suoi piani più ampi per Gaza sono un tentativo di pulizia etnica. Vari ministri e politici israeliani hanno invocato la distruzione di Gaza la scorsa settimana, utilizzando un linguaggio disumanizzante. Il ministro della Difesa israeliano ha addirittura definito i palestinesi di Gaza “animali umani”.

Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno spingendo l’Egitto affinché consenta un corridoio umanitario tra Gaza e la penisola del Sinai attraverso il valico di frontiera di Rafah. Sebbene sia fondamentale che vengano compiuti tutti gli sforzi per aiutare le persone a sfuggire ai bombardamenti e affinché gli aiuti vengano consegnati, il timore è che chiunque sia costretto a lasciare Gaza adesso possa finire per essere permanentemente esiliato. Questa non è una paura irrazionale: è qualcosa che si è verificato continuamente nel corso della storia palestinese. In effetti, il governo israeliano ha persistentemente ignorato varie convenzioni internazionali che stabiliscono i diritti dei rifugiati, comprese quelle che accertano il loro diritto al ritorno a casa. Si stima che più di sette milioni di palestinesi vivano attualmente in esilio permanente e non abbiano il permesso di tornare – e in molti casi nemmeno di visitare – la loro patria.

Mentre i palestinesi nel nord di Gaza prendono la decisione impossibile se restare nelle loro case o rischiare di tentare l’evacuazione, il governo israeliano si sta preparando per un’invasione di terra. Centinaia di carri armati israeliani sono stati spostati sulla recinzione israeliana che ha ingabbiato i palestinesi a Gaza per così tanto tempo.

Nel frattempo, i politici e i generali dell’esercito israeliani stanno scatenando una frenesia retorica. Hanno anche portato dentro un criminale di guerra israeliano, coinvolto nel massacro di Deir Yassin del 1948, per sollevare il morale tra i soldati. Ha detto loro di “cancellare la loro memoria… Cancellare loro, le loro famiglie, madri e figli. Questi animali non possono più vivere”.

Tutto ci dice che l’invasione sarà spietata. Il pretesto di voler spazzare via “la massima leadership politica e militare di Hamas” è proprio questo: un pretesto. L’invasione fornirà al governo israeliano l’opportunità di conquistare la parte settentrionale di Gaza e spingere i palestinesi in una prigione più piccola o, per molte migliaia, oltre i confini di Gaza. Comunque la si guardi, la situazione può essere descritta solo come pulizia etnica e continuazione della Nakba iniziata nel 1948.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Oltre La Linea.

Daniele Bianchi

Daniele Bianchi, nativo di Roma, è il creatore del noto sito di informazione Oltre la Linea. Appassionato di giornalismo e di eventi mondiali, nel 2010 Daniele ha dato vita a questo progetto direttamente da una piccola stanza del suo appartamento con lo scopo di creare uno spazio dedicato alla libera espressione di idee e riflessioni. La sua mission era semplice e diretta: cercare di capire e far comprendere agli altri ciò che sta effettivamente succedendo nel mondo. Oltre alla sua attività di giornalista e scrittore, Daniele investe costantemente nell'arricchimento della sua squadra, coinvolgendo professionisti con le stesse passioni e interessi.