Le controversie sull'estrazione dell'oro in Mali e la lotta per la giustizia economica

Daniele Bianchi

Le controversie sull’estrazione dell’oro in Mali e la lotta per la giustizia economica

Il mese scorso, il governo del Mali ha arrestato tre dirigenti coinvolti nel settore dell’oro della Resolute Mining, una compagnia mineraria australiana. Ha chiesto alla società di pagare i 160 milioni di dollari di tasse dovute allo stato maliano.

I media stranieri si sono affrettati a sensazionalizzare la notizia, definendo l’arresto “inaspettato” e sostenendo che i dirigenti erano “tenuti in cattività”. Tale linguaggio presenta chiari elementi di inquadramento neocoloniale che cercano di ritrarre un legittimo esercizio della sovranità africana come criminale.

L’incidente e la copertura mediatica che ha ricevuto riflettono la realtà della cattura neocoloniale delle risorse che continua ad affliggere gli stati africani. La mossa del Mali può essere stata demonizzata dai media, ma fa parte di un modello emergente di paesi africani che chiedono la rinegoziazione dei contratti ingiusti. Se dovesse prendere slancio, questa tendenza potrebbe incentivare altri a perseguire tali misure contro le società straniere che traggono profitti inaspettati dalle risorse naturali africane.

Il Mali è uno dei maggiori produttori di oro dell’Africa, ma i suoi cittadini sono tra i più poveri e quasi la metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Il tasso di alfabetizzazione nazionale è solo del 33%, mentre l’accesso ai servizi igienico-sanitari di base è al 45% e all’elettricità al 48%. Il paese ha lottato contro la siccità, il cambiamento climatico e la malnutrizione.

L’oro rappresenta circa l’80% delle esportazioni totali del Mali, ma i benefici economici rimangono sproporzionatamente piccoli per il popolo maliano. Per decenni, le compagnie minerarie straniere hanno estratto vaste ricchezze apportando benefici minimi alla nazione ospitante. I rapporti suggeriscono che il Mali perde circa 580 milioni di dollari all’anno a causa di flussi finanziari illeciti e di elusione fiscale sulle società.

Questo ingiusto sfruttamento delle ricchezze minerarie del Mali è un’eredità del colonialismo europeo. Il Mali è stato sotto il dominio coloniale francese per 68 anni. Durante questo periodo, la Francia stabilì pratiche di estrazione delle risorse a beneficio delle industrie francesi con una considerazione minima per lo sviluppo locale. Una delle principali risorse saccheggiate dai francesi era l’oro del Mali.

Dopo che il Mali ottenne l’indipendenza, questo accordo estrattivo fu trasferito dalle autorità coloniali francesi a società straniere, per lo più occidentali. Hanno realizzato enormi profitti dall’oro maliano, pagando quantità trascurabili di royalties e tasse al governo maliano.

La recente controversia fiscale con Resolute Mining rientra nel più ampio sforzo del Mali volto a riformare il settore minerario e a rinegoziare i contratti ingiusti. Le recenti modifiche al codice minerario mirano ad aumentare le entrate e la proprietà statale.

Il Mali ha anche chiesto il pagamento delle tasse a un’altra compagnia mineraria straniera, la canadese Barrick Gold. Le autorità maliane l’accusano di debiti per 500 milioni di dollari di tasse non pagate e hanno emesso un mandato di arresto nei confronti del suo amministratore delegato.

Invece di essere riconosciute come passi verso la giustizia economica, queste riforme sono state liquidate nelle narrazioni occidentali come dirompenti o autoritarie. Questo quadro oscura l’imperativo morale per il Mali di assicurarsi maggiori benefici dalle sue risorse.

Non sorprende che i governi del Regno Unito e australiano siano intervenuti a favore di Resolute Mining, facendo pressioni per il rilascio dei dirigenti detenuti. Tali azioni dimostrano come le potenze occidentali diano priorità agli interessi aziendali in Africa rispetto all’applicazione delle leggi locali. Mobilitando risorse diplomatiche per proteggere i presunti evasori fiscali, questi governi rafforzano la tesi secondo cui la governance africana è illegittima. Questa interferenza rispecchia le pratiche coloniali, in cui gli interessi economici stranieri hanno preso il posto degli interessi economici e sociali nazionali.

Nonostante le pressioni straniere e la copertura mediatica parziale, il governo maliano è riuscito a far pagare il dovuto alla Resolute Mining. È stata inoltre in grado di aggiornare l’accordo minerario, aumentando la propria quota dei ricavi minerari.

Le azioni del Mali non fanno eccezione. In tutto il continente, le nazioni stanno adottando misure per rinegoziare accordi ingiusti con società e governi stranieri. Il Senegal, ad esempio, ha intrapreso una campagna per rinegoziare i contratti nei settori minerario, petrolifero e del gas, mentre il Niger ha sequestrato una miniera di uranio gestita da un conglomerato francese. Nel frattempo, il Burkina Faso ha minacciato di revocare alcune licenze di estrazione dell’oro a società straniere.

Questi sforzi riflettono una crescente spinta da parte delle nazioni africane a rivendicare il controllo sulle proprie risorse e sulla propria governance. Fanno parte di una lotta più ampia per il rispetto, l’equità e l’autodeterminazione nelle nazioni africane.

Il confronto del Mali con le compagnie minerarie straniere sottolinea l’urgente necessità per le nazioni africane di affermare la propria sovranità e chiedere equità nell’estrazione delle risorse. Sebbene i media occidentali possano ritrarre tali azioni come destabilizzanti, questa narrazione serve solo a proteggere gli interessi stranieri. Invece, il pubblico globale dovrebbe celebrare questi sforzi come passi verso la giustizia economica.

Le nazioni africane devono essere solidali, sostenendo le reciproche richieste per una gestione equa delle risorse e sfidando le pratiche neocoloniali. Questa non è solo la lotta del Mali: è una lotta per la dignità e la prosperità delle nazioni di tutto il continente africano.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Oltre La Linea.

Daniele Bianchi

Daniele Bianchi, nativo di Roma, è il creatore del noto sito di informazione Oltre la Linea. Appassionato di giornalismo e di eventi mondiali, nel 2010 Daniele ha dato vita a questo progetto direttamente da una piccola stanza del suo appartamento con lo scopo di creare uno spazio dedicato alla libera espressione di idee e riflessioni. La sua mission era semplice e diretta: cercare di capire e far comprendere agli altri ciò che sta effettivamente succedendo nel mondo. Oltre alla sua attività di giornalista e scrittore, Daniele investe costantemente nell'arricchimento della sua squadra, coinvolgendo professionisti con le stesse passioni e interessi.