Avevo cinque anni quando entrai per la prima volta nella Biblioteca Maghazi. I miei genitori mi avevano appena iscritto alla scuola materna vicina, proprio perché mandava i suoi alunni in biblioteca per visite regolari. Credevano nel potere di trasformazione dei libri e volevano che avessi accesso a un’ampia collezione il prima possibile.
La Biblioteca Maghazi non era solo un edificio; era un portale per un mondo senza confini. Ricordo di aver provato un travolgente senso di stupore mentre attraversavo la sua porta di legno. Era come se fossi entrato in un regno diverso, dove ogni angolo sussurrava segreti e prometteva avventure.
Sebbene di dimensioni modeste, la biblioteca sembrava infinita ai miei giovani occhi. Le pareti erano rivestite con scaffali di legno scuro, pieni di libri di ogni forma e dimensione. Al centro della stanza c’era un accogliente divano giallo e verde, circondato da un semplice tappeto dove noi bambini ci riunivamo.
Ricordo ancora vividamente la nostra insegnante che ci chiedeva di sederci intorno a lei sul tappeto e di aprire un libro illustrato. Ero affascinato dalle sue illustrazioni e lettere, anche se non sapevo ancora leggere.
Le visite alla Biblioteca Maghazi avrebbero instillato in me un amore per i libri che ha influenzato profondamente la mia vita. I libri sono diventati più di una fonte di intrattenimento o di apprendimento; hanno nutrito la mia anima e la mia mente, plasmando la mia identità e personalità.
Questo amore si è trasformato in dolore quando le biblioteche di tutta la Striscia di Gaza sono state distrutte, una dopo l’altra, negli ultimi 400 giorni. Secondo le Nazioni Unite, a Gaza sono state danneggiate o distrutte 13 biblioteche pubbliche. Nessuna istituzione è stata in grado di stimare la distruzione delle altre biblioteche – quelle che fanno parte di centri culturali o istituzioni educative o sono enti privati – che sono state anch’esse cancellate.
Tra questi c’è la biblioteca dell’Università di Al-Aqsa, una delle più grandi della Striscia di Gaza. Vedere le immagini dei libri bruciati nella biblioteca è stato straziante. Era come se il fuoco bruciasse il mio cuore. Anche la biblioteca della mia università, l’Università islamica di Gaza, dove avevo trascorso innumerevoli ore a leggere e studiare, non c’è più.
Anche la Biblioteca Edward Said – la prima biblioteca in lingua inglese a Gaza, creata all’indomani della guerra israeliana a Gaza del 2014, che distrusse anche le biblioteche – è scomparsa. Quella biblioteca è stata fondata da privati, che hanno donato i propri libri e hanno lavorato contro ogni previsione per importarne di nuovi, poiché Israele spesso bloccava le consegne formali di libri nella Striscia. I loro sforzi riflettono l’amore palestinese per i libri e la spinta a condividere la conoscenza ed educare le comunità.
Gli attacchi alle biblioteche di Gaza non prendono di mira solo gli edifici stessi, ma l’essenza stessa di ciò che Gaza rappresenta. Fanno parte dello sforzo di cancellare la nostra storia e impedire alle generazioni future di diventare istruite e consapevoli della propria identità e dei propri diritti. La decimazione delle biblioteche di Gaza mira anche a distruggere il forte spirito di apprendimento tra i palestinesi.
L’amore per l’istruzione e la conoscenza è profondamente radicato nella cultura palestinese. La lettura e l’apprendimento sono apprezzati da generazioni, non solo come mezzi per acquisire saggezza ma come simboli di resilienza e connessione con la storia.
I libri sono sempre stati visti come oggetti di alto valore. Sebbene i costi e le restrizioni israeliane spesso limitassero l’accesso ai libri, il rispetto per essi era universale e superava i confini socioeconomici. Anche le famiglie con risorse limitate davano priorità all’istruzione e alla narrazione, trasmettendo ai propri figli un profondo apprezzamento per la letteratura.
Più di 400 giorni di gravi privazioni, fame e sofferenze sono riusciti a uccidere parte di questo rispetto per i libri.
Mi addolora dire che i libri sono ora usati da molti palestinesi come combustibile per cucinare o scaldarsi, dato che legna e gas sono diventati proibitivi. Questa è la nostra triste realtà: la sopravvivenza avviene a scapito del patrimonio culturale e intellettuale.
Ma non tutta la speranza è perduta. Ci sono ancora sforzi per preservare e salvaguardare quel poco che rimane del patrimonio culturale di Gaza.
La Biblioteca Maghazi, il paradiso dei libri della mia infanzia, esiste ancora. L’edificio rimane intatto e, grazie agli sforzi locali, i suoi libri sono stati preservati.

Recentemente ho avuto l’opportunità di visitarlo. È stata un’esperienza emotivamente travolgente, poiché non la visitavo da molti anni. Quando sono entrato in biblioteca, mi sembrava di tornare alla mia infanzia. Ho immaginato il “piccolo Shahd” correre tra gli scaffali, pieno di curiosità e voglia di scoprire tutto.
Potevo quasi sentire l’eco delle risate dei miei compagni dell’asilo e sentire il calore dei momenti trascorsi lì insieme. La memoria della biblioteca non è solo nelle sue mura, ma in tutti coloro che l’hanno visitata, in ogni mano che ha sfogliato un libro e in ogni occhio che si è immerso nelle parole di una storia. La Biblioteca Maghazi, per me, non è solo una biblioteca; fa parte della mia identità, di quella bambina che ha imparato che l’immaginazione può essere un rifugio e che la lettura può essere una resistenza.
L’occupazione prende di mira le nostre menti e i nostri corpi, ma non si rende conto che le idee non possono morire. Il valore dei libri e delle biblioteche, la conoscenza che trasportano e le identità che contribuiscono a plasmare sono indistruttibili. Non importa quanto cerchino di cancellare la nostra storia, non possono mettere a tacere le idee, la cultura e la verità che vivono dentro di noi.
In mezzo alla devastazione, spero che, quando il genocidio finirà, le biblioteche di Gaza risorgeranno dalle ceneri. Questi santuari della conoscenza e della cultura possono essere ricostruiti e rinascere come fari di resilienza.
Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Oltre La Linea.