Sono passati dodici giorni da quando catastrofiche inondazioni improvvise hanno scavato una cicatrice fangosa nella Spagna orientale, uccidendo più di 200 persone e sporcando le case di altre migliaia.
Le scene apocalittiche parlano del potere terrificante della natura scatenato in tutta la sua furia.
Era come se uno tsunami, invece di sollevarsi dalle profondità dell’oceano e schiantarsi sulla riva, fosse stato riversato da un vendicativo dio del cielo, imperversando nei villaggi sonnolenti e nei quartieri ordinari.
Il selvaggio fiume appena nato colse migliaia di persone alla sprovvista, scagliò automobili come giocattoli e demolì gli edifici più vicini alle rive del canale normalmente asciutte, che a loro volta furono lasciate allargate con bordi frastagliati.
I sopravvissuti affermano che ci sono voluti solo 15 minuti perché un canale di drenaggio, cruciale nel disastro, passasse da vuoto a traboccante. Le case adiacenti hanno incanalato l’acqua impetuosa, espandendo la sua onda d’urto. Le autorità regionali non sono riuscite ad allertare le persone in tempo e, in alcune località, non c’è stata nemmeno la pioggia a mettere in guardia, amplificando il caos.
In seguito, le strade sembrano essere state riportate indietro al medioevo, coperte da strati di fango che oscuravano ogni scorcio di pavimentazione o ciottoli.
Tutto al piano terra è stato trasformato in spazzatura in pochi minuti quando l’acqua ha fatto irruzione nelle case. Mobili, vestiti, giocattoli, foto, cimeli… nulla è stato risparmiato.
Il sentimento di abbandono di molti residenti si è trasformato in rabbia, spingendo il re di Spagna e il primo ministro a lanciare grumi di fango quando hanno visitato la zona devastata.
I piedi di ogni persona sono incrostati di fango, di sporcizia marrone e appiccicosa che, giorni dopo, continua a fuoriuscire dalle case e dai negozi in rovina, non importa quanto venga spalato e spazzato via.
Il “thup, thup, thup” risuona nell’aria dagli elicotteri militari che sorvolano l’area che è stata etichettata come “ground zero” delle inondazioni del 29 ottobre.
Proseguono le ricerche dei dispersi. I ricercatori conficcano i pali nei banchi di fango, sperando di trovare e recuperare i corpi dei morti.
Ma la generosità umana si trova anche nella disperazione.
Mentre migliaia di soldati e rinforzi di polizia rimuovono le innumerevoli auto distrutte, sono le persone stesse, i residenti, i vicini e i volontari ad accorrere a piedi per aiutare.
Gli estranei aiutano i bisognosi tuffandosi nel letame e, con ogni paletta e lancio, si avvicinano lentamente a un lontano rinnovamento.