I benefici delle ricchezze minerarie dell’Afghanistan potrebbero non essere così immediati

Daniele Bianchi

I benefici delle ricchezze minerarie dell’Afghanistan potrebbero non essere così immediati

Alla fine di agosto, il governo ad interim talebano ha firmato diversi contratti del valore di 6,5 miliardi di dollari con investitori nazionali e stranieri per sfruttare parte della ricchezza mineraria dell’Afghanistan. Mentre il Paese è alle prese con un’economia in difficoltà e con l’eredità di decenni di guerre e grandi conflitti di potere, questi accordi minerari potrebbero fornire entrate e opportunità di lavoro tanto necessarie.

Ma sollevano anche seri interrogativi sulla sovranità del Paese, sull’integrità delle risorse naturali, sull’ambiente e sulla conservazione del patrimonio culturale.

Gli accordi sembrano essere un’arma a doppio taglio: l’Afghanistan potrebbe trarne enormi benefici – oppure potrebbe cadere nella stessa trappola in cui si trovano altre nazioni in via di sviluppo ricche di risorse, a scapito della sua popolazione.

Il potenziale per lo sviluppo economico

In un Paese devastato da anni di conflitti e instabilità, gli investimenti diretti esteri (IDE) in settori come quello minerario si presentano come un’ancora di salvezza. L’Afghanistan si trova ad affrontare un elevato tasso di disoccupazione che lascia molti dei suoi cittadini in difficoltà nel trovare un lavoro stabile e far quadrare i conti. In questo contesto, gli investimenti esteri nel settore minerario potrebbero fornire opportunità di lavoro dirette nelle miniere, nonché posti di lavoro in settori ausiliari come i trasporti, i servizi e l’industria manifatturiera.

Oltre alla creazione di posti di lavoro, gli investimenti diretti esteri portano con sé il potenziale di trasferimento tecnologico. Collaborando con aziende straniere esperte in tecniche minerarie avanzate, l’Afghanistan potrebbe beneficiare di un significativo trasferimento di tecnologia e competenze, che, a sua volta, aumenterebbe le capacità tecniche e il know-how industriale del paese.

L’economia dell’Afghanistan dipende fortemente dall’agricoltura, il che la rende vulnerabile ai cambiamenti climatici, alle fluttuazioni del mercato e agli shock economici esterni. L’afflusso di investimenti minerari potrebbe contribuire alla tanto necessaria diversificazione economica. Ramificandosi in settori diversi dall’agricoltura, l’Afghanistan può mitigare la sua vulnerabilità a vari rischi e gettare le basi per un’economia più solida.

L’ostacolo più grande restano le sanzioni economiche imposte dall’Occidente, che hanno avuto l’effetto involontario di radicare la base di potere dei talebani nel paese. Le sanzioni hanno portato ad un aumento delle attività illecite e hanno avuto un effetto di rimbalzo sull’emarginazione delle donne dagli spazi pubblici, dalle scuole e dai luoghi di lavoro.

Gli investimenti diretti esteri nel settore minerario e in altri settori potrebbero controbilanciare l’impatto negativo di queste sanzioni reintroducendo attività economiche lecite che possono portare prosperità locale e forse contribuire alle riforme sociali.

Le sfide dello sfruttamento delle risorse

Un’iniezione di capitale straniero, tuttavia, non avviene senza vincoli. L’esperienza di altri paesi in via di sviluppo ha dimostrato che l’estrazione di risorse su larga scala spesso conferisce una quantità sproporzionata di potere e influenza alle società straniere, a volte a scapito delle comunità locali e delle strutture di governance.

Tali accordi potrebbero potenzialmente compromettere l’autodeterminazione dell’Afghanistan e gettare un’ombra sul suo benessere a lungo termine.

Inoltre, rimane la possibilità che i contratti minerari vengano mantenuti a fini speculativi. Ad esempio, alcune aziende che hanno acquisito privilegi minerari possono scegliere di rinviare l’effettivo processo di estrazione, in attesa di un aumento dei prezzi delle materie prime o di circostanze più vantaggiose. Se si verificasse questo scenario, l’Afghanistan avrebbe effettivamente rinunciato all’autorità sulle sue risorse naturali senza ottenere alcun beneficio immediato, il che metterebbe la sua stabilità economica e la sua autonomia in una posizione più precaria.

Ma anche in condizioni ottimali, quando gli investitori mantengono i propri impegni, la realizzazione del pieno potenziale economico in progetti minerari su larga scala richiede molti anni a causa di una moltitudine di variabili, tra cui approfonditi test geologici, la costruzione di strutture critiche e la creazione di degli standard operativi. In altre parole, i benefici economici attesi potrebbero non essere raggiunti nel breve termine.

Un’altra sfida legata agli accordi minerari è garantire l’equa distribuzione dei profitti tra i cittadini afghani.

Il ministro ad interim del Petrolio e delle Miniere, Shahabuddin Delawar, ha affermato durante la cerimonia di firma del contratto il mese scorso che vi è completa trasparenza nei contratti minerari, sottolineando la prevenzione delle attività minerarie illegali e del contrabbando.

Ma il coinvolgimento di funzionari talebani di alto livello nel settore minerario afghano solleva molteplici preoccupazioni. Lo scetticismo abbonda sul fatto che le entrate generate dall’attività mineraria andranno a beneficio della popolazione più ampia o saranno concentrate nelle mani di pochi.

Resta un’altra incertezza riguardo all’effettivo impegno verso pratiche minerarie responsabili, in particolare quelle che proteggono l’ambiente. L’Afghanistan è un paese povero d’acqua e le attività minerarie possono esacerbare questa scarsità diminuendo e contaminando le risorse idriche. Tale degrado ambientale potrebbe avere un impatto devastante sulle comunità locali che fanno affidamento su queste risorse per il proprio sostentamento.

Inoltre, potrebbe verificarsi sfruttamento del lavoro, perché il settore minerario potrebbe essere potenzialmente monopolizzato da funzionari di alto rango, che potrebbero trascurare il benessere dei lavoratori senza adeguate normative e supervisione per salari equi e condizioni di lavoro sicure.

Poiché i termini precisi degli accordi minerari non sono stati resi noti, resta da vedere se sia stata presa in considerazione la conservazione del patrimonio culturale, la risorsa più critica dell’Afghanistan. L’Afghanistan ospita un ricco patrimonio storico e culturale, gran parte del quale rimane vulnerabile a progetti industriali su larga scala.

Un esempio è il progetto minerario di rame di Mes Aynak, che ha rappresentato una priorità per lo sviluppo sia di questo governo che di quelli passati. Il sito si trova su quella che un tempo era un’antica città buddista, di cui rimangono alcune notevoli rovine. Se l’estrazione nel sito avviene senza un’attenta aderenza ai protocolli archeologici e senza un occhio verso la conservazione del patrimonio culturale, questo luogo storico unico potrebbe essere in pericolo di danni irreparabili.

La questione in questione qui non è se l’Afghanistan debba o meno impegnarsi nel settore minerario, ma come dovrebbe affrontare le complessità che accompagnano tale percorso. È disperatamente necessario un approccio più equilibrato, che armonizzi gli imperativi della crescita economica con la conservazione delle risorse culturali e naturali.

È necessario mettere in atto quadri politici per garantire che i benefici finanziari siano equamente distribuiti tra la popolazione afghana e che vi siano linee guida rigorose per la sostenibilità ambientale e la tutela dei diritti dei lavoratori. Allo stesso tempo, è necessario adottare misure attuabili per proteggere il patrimonio culturale che conferisce all’identità afghana la sua consistenza e profondità.

La posta in gioco è alta e i leader afghani devono procedere con cautela per garantire che il perseguimento della prosperità non vada a scapito della sovranità, dell’ambiente e del benessere del loro popolo.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono agli autori e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Oltre La Linea.

Daniele Bianchi

Daniele Bianchi, nativo di Roma, è il creatore del noto sito di informazione Oltre la Linea. Appassionato di giornalismo e di eventi mondiali, nel 2010 Daniele ha dato vita a questo progetto direttamente da una piccola stanza del suo appartamento con lo scopo di creare uno spazio dedicato alla libera espressione di idee e riflessioni. La sua mission era semplice e diretta: cercare di capire e far comprendere agli altri ciò che sta effettivamente succedendo nel mondo. Oltre alla sua attività di giornalista e scrittore, Daniele investe costantemente nell'arricchimento della sua squadra, coinvolgendo professionisti con le stesse passioni e interessi.