Ecco perché è vitale sostenere Orban

Di Viktor Orban sappiamo tutto. Al netto della propaganda fallace dei media mainstream o di medesimi propositi, che ha spesso definito in passato il presidente ungherese “razzista e antisemita”, sappiamo perfettamente quali sono le mosse cardinali che hanno caratterizzato il governo di Budapest negli ultimi 4 o 5 anni.

Le direttrici sono essenzialmente tre: politica delle nascite, identità culturale, controllo assoluto delle frontiere. Elementi ignorati da tutta la politica occidentale, in particolare “di sinistra”: è di ieri la notizia dei circa 226 parlamentari europei ritenuti “affidabili” dalla Open Society di George Soros, attività “filantropica” ormai ben nota per avere tra i suoi scopi principali di lungo periodo l’estinzione progressiva delle etnie indoeuropee sempre meno prolifiche e la creazione di un Europa multi-etnica e multi-culturale.

Un Europa che sta già pagando a caro prezzo la “trasformazione”: costo del lavoro a picco, faide tra etnie costrette a vivere nello stesso spazio vitale, ingannate dalle paroline magiche dell'”accoglienza”, erosione progressiva dei già debolissimi popoli europei, sterminio senza appello (graduale e per questo meno evidente) dell’Europa stessa e delle sue tradizioni.

E l’Ungheria? È l’unico Paese che reagisce, in tutte le direzioni. Anzitutto promuovendo la natalità. Una società senza figli è destinata a morire, e per quanto dalle nostre parti qualche intelligentone abbia messo a cuccia questo principio assoluto solo perché cardine filosofico ed etico dell’ideologia (accidentaccio) fascista, le chiacchiere stanno a zero: senza figli non proseguono né la stirpe, né la propria cultura, né la tanto amata economia, perché senza prole la popolazione in età attiva diminuisce sempre di più, avendo dei riflessi drammatici  anche sul tanto adorato PIL, unico metro comprensibile a questi signori e ragazzetti viziati, per le quali tutte le altre cause son solo parole prive di significato, immersi come sono nella loro religione del nulla.

Ebbene Orban in Ungheria rilancia la natalità, e lo fa da anni. Il Paese destina il 4% del proprio PIL alle politiche a favore delle nascite. Inverte la tendenza negativa degli ultimi 35 anni, in cui – fino al 2014 – la popolazione ungherese è diminuita di quasi 900mila unità. Rilancia il sostegno economico alle madri e alle famiglie, con l’obiettivo ambizioso di portare il misero dato del 1,5 figli per coppia a superare il tasso di sostituzione (2,1) per il 2030. Qualche risultato si è visto proprio a partire dal 2014, anno in cui le nascite sono aumentate del 3,2% rispetto all’anno precedente. Chiaramente è una battaglia lunga, difficile, che deve essere proseguita da chi succederà, altrimenti che parliamo di aria fritta è fin troppo ovvio.

Il cattivissimo Orban non vuole permettere al signor Soros di promuovere messaggi nel suo Paese. Non si può. Al netto delle proteste dello stesso magnate e dei dipendenti della Central Europan University, di sua proprietà, la battaglia culturale non sembra avere sosta.

Orban il razzista difende le frontiere, perché vuole proseguire nell’abbattimento della disoccupazione, passata da oltre il 10% del 2010 al 4,2% del 2017, e non avrebbe senso (lo capirebbe anche un sasso, ma forse non un presidente occidentale) interrompere questo processo virtuoso, che ha ancora decine di migliaia di ungheresi da sistemare, inglobando centinaia di migliaia di stranieri. Vuole proseguire nel boom della crescita economica (il prodotto interno lordo ungherese ha registrato un aumento del 3,6% nel 2016). Non vuole, di conseguenza, aprire nemmeno un centimetro di squarcio al muro di filo spinato che protegge il Paese ai confini con Serbia, Slovenia e Croazia, una mossa che, dal 2015 in avanti, ha ridotto gli ingressi di oltre il 99%. Non se ne parla, con buona pace degli antirazzisti e delle loro favole contro la società.

L’Est Europa è effettivamente, come dice Orban, l’ultimo argine alla società multietnica sognata dai progressisti. È l’ultima spiaggia per chi non desideri o sia indifferente all’estinzione del bianco caucasico indoeuroeo, per chi abbia a cuore i diritti dei lavoratori nazionali, anzitutto disoccupati. Per chi abbia a cuore i destini della propria comunità e della propria cultura. L’Ungheria è la capitale morale di questa regione ideale della resistenza.

Ecco perché Orban è l’unica speranza, in questo preciso momento storico, contro la distruzione progressista occidentale. Vuole una società prolifica, identitaria, prospera. L’opposto di quanto sperano i sinistri in tutto l’Ovest, che dietro la parola “accoglienza” hanno solo tre comandamenti: morte, distruzione, povertà.

(di Stelio Fergola)