Armi e strategia nella partita a scacchi di Trump

Il nuovo piano di investimento del Dipartimento della Difesa USA per il 2018 proposto dal Presidente Trump è di 639 miliardi di dollari. Un incremento pari a 28 miliardi rispetto alla cifra spesa l’anno precedente, calcolata dal SIPRI, l’Istituto di Ricerche sulla Pace di Stoccolma.

L’investimento è ingente e si sviluppa di quel settore in cui gli Stati Uniti devono essere i primi fra tutti, attraverso la modernizzazione e la manutenzione del settore militare. L’ammontare è destinato principalmente all’acquisto di aerei, carri armati, sottomarini, scienze e tecnologie applicate, nonché formazione del proprio esercito – definito come patrimonio primario degli Stati Uniti – con un conseguente aumento di reddito anche per il personale civile. Oltre quindi all’acquisto di nuovi mezzi, i vertici militari puntano sulla difesa proponendo una cifra che arriva a 9,2 miliardi di dollari per incrementare il proprio programma di difesa di tipo missilistico.

È importante osservare l’acquisto di svariati mezzi con capacità nucleare, come le portaerei a propulsione nucleare, un investimento da 4.638 milioni; aerei militari tattici (2945 milioni); mezzi pesanti e corazzati, quali gli Striker da 178 milioni; missili terra-aria in grado di intercettare qualsiasi tipo missile – anche nucleare; i Columbia Clans, missili nucleare per sottomarini da 1884 milioni.

Trump inoltre propone di destinare una fetta del budget per fornire risorse a sostegno della la missione del 2015 denominata “Freedom Sentinel” in Afghanistan e ad altre simili in Siria e Iraq contro il terrorismo mondiale. Per gli Stati Uniti è importante avere il controllo nelle guerre “lasciate (volutamente) a metà”, come l’Afghanistan, Paese di incontro degli interessi di Russia e Cina in Asia. Kabul ha proposto a Mosca di investire in 124 progetti per sostenere l’economia afgana, mentre per Pechino è una tappa fondamentale per la nuova Via della Seta.

Per Washington, però, l’Afghanistan non è solo il luogo in cui fermare le mire di Russia e Cina, ma anche il campo di prova dove “testare” la propria crescita militare. Proprio qui, il 13 aprile scorso, hanno sganciato la “madre di tutte le bombe”, l’ordigno più potente dell’arsenale americano. Una dimostrazione di forza in piena regola visto che proprio qualche giorno fa il Segretario alla Difesa, il Generale Mattis, ha dichiarato che gli Stati Uniti si sentono minacciati dai progressi tecnologici militari di Russia e Cina.

Tra le proposte di Trump c’è infine quella di aumentare il capitale investito in Europa nell’operazione “European Rassurance Initiative”, che ha come scopo quello di essere presenti sul territorio europeo al fine di prevenire eventuali minacce di ogni tipo. Il Presidente ha accolto quindi la recente richiesta del Comandante Supremo della NATO Scaparrotti, il quale chiese di incrementare la presenza statunitensi nel Vecchio Continente come deterrenza alla Russia.

Non dimentichiamo che gli Stati Uniti ha bisogno di rimanere in Europa arginando l’orso russo da un lato e dall’altro guardando al Mediterraneo, che rimane un mare importantissimo sul lato economico quanto strategico come passaggio tra Europa, Africa e Asia.

(di Prospettive Globali)