Sangue e Londra: la società aperta è una società morta

È diventato noioso perfino ricordarlo. La frequenza impressionante e ormai cadenzale degli attacchi terroristici in Europa certifica una situazione insostenibile che prova, semmai ce ne fosse bisogno, l’assoluta malafede della stampa e della politica di sistema. La Chiesa lasciamola stare, poverina, è ridotta talmente allo stremo che infierire sulla sua scellerata propaganda immigrazionista e anti-europea sarebbe perfino ridicolo. Certo è che gli attentati terroristici sono ormai come le feste comandate: 3 o 4 all’anno ce li si può aspettare senza problemi. Come il Natale, la Pasqua e il Ferragosto.

Qualcuno poi dovrà spiegare perché, in una società come quella occidentale in cui i valori religiosi hanno la stessa importanza del portafogli di un barbone, ogni qualvolta c’è un attentato terroristico (ormai una tradizione della società libera e aperta che, in quanto tale, consente veramente di tutto) deve spuntare sempre un hashtag dal sottotesto mistico-spirituale: dopo #PrayForParis e #PrayForBelgium è infatti il turno di #PrayForLondon.

Plausibile che la preghiera abbia intenti prospettici di tipo musulmano: se ad oggi siamo tutti finti cristiani, tra qualche decennio, vista l’invasione che non accenna a diminuire da gran parte da Paesi di fede islamica, potremmo ritrovarci islamici veri, considerando che fare un figlio è un crimine fascista mentre chi arriva sul nostro territorio deve essere il peggiore esponente delle nuove “camice nere wahabite”. Che magari sfrutteranno qualche movimento politico già nato, vista la fondazione del Partito Islamico Italiano il mese scorso.

La ridondanza con cui la politica, la stampa e perfino gli analisti insistono nel negare l’evidenza dopo ogni fatto di sangue dovuto al terrorismo è ormai oltre il limite del disgusto. Completamente impossibile, ormai, non considerare certi personaggi a libro paga di un sistema economico gigantesco inversamente proporzionale alla sua forza politica.

Qualsiasi persona di buon senso infatti non potrebbe negare il nesso anzitutto culturale che esiste tra concetti del tutto privi di significato come “integrazione” “accoglienza” da un lato e la penetrazione di approcci islamisti (che comprendono se non altro la possibilità del terrorismo, con buona pace degli integralisti della globalizzazione) in questo Occidente che sta cercando di distruggersi in tutti i modi, non procreando, non difendendosi fisicamente e non facendolo nemmeno culturalmente.

Invece televisioni e giornali sono sommersi di dichiarazioni-fotocopia, noiose come di un post di Roberto Saviano nei suoi giorni migliori, che poi sono geneticamente anche i peggiori. “Non dobbiamo indentificare l’Islam con il terrorismo” “Non possiamo cedere alla paura”. Yawn.

È completamente inutile ricordare a questi signori che esiste un’idea della preservazione non solo della propria comunità, ma anche della propria identità, valori disintegrati giorno dopo giorno che, oltre a produrre il terrorista di importazione oggi sviluppa pure quello “autoctono”. Davvero geniale, oltre che etico.

Per fortuna c’è una novità, però. Alle dichiarazioni di cui sopra se n’è aggiunta una nuova, ovvero: “Dobbiamo festeggiare, abbiamo sconfitto l’ISIS”. Cosa? Andiamo con ordine.

Anzitutto, come le dichiarazioni tradizionali di cui sopra, anche questa viene riprodotta in serie. Il primo a sostenerla è Alessandro Orsini, direttore dell’ Osservatorio sulla Sicurezza internazionale della LUISS , che il pomeriggio su SkyTg24 sentenzia: “Dobbiamo essere contenti perché oggi celebriamo il fallimento dell’ISIS, un’organizzazione che si è autoproclamata Stato tre anni fa e ancora non è riuscita a moltiplicare gli attentati. Se davvero fossero così forti, oggi dovremmo avere 129 attentati in 129 città per Paese”. Luca Telese, la sera a La Gabbia Open, sostiene la stessa cosa: “È una vittoria che dovremmo goderci, l’attentatore è un cane sciolto, non c’è un’organizzazione dietro”.

Orsini stesso conclude il suo intervento con un terrificante “L’ISIS è stato sconfitto dalle democrazie liberali”. No, signor Orsini, anzitutto l’ISIS può finire anche domani mattina ma non finirà certamente per questo il terrorismo islamico.

Poi: le democrazie liberali nell’indubbio ridimensionamento di Daesh c’entrano quanto i cavoli a merenda. La verità è che se Putin non fosse intervenuto nel conflitto siriano, con la fretta che il pacifico e morigerato approccio statunitense aveva di defenestrare Bashar Assad, a quest’ora l’ISIS non avrebbe diminuito di un centimetro la sua presenza tra Damasco e Bagdad.

Non ci vuole un genio per capirlo. E dubito seriamente che Orsini non abbia i mezzi per farlo. L’ “altra ipotesi” prende quindi forma. Come? Ma ovvio, sfruttando la strategia tipica del condizionamento delle masse: utilizzare un professionista, teoricamente preparatissimo in materia, per blindare il principio da fare accettare a tutti come la solita e tanto per cambiare ridondante verità assoluta.

Secondo il luminare della Luiss non dovremmo preoccuparci perché ormai gli attacchi sono tutti di matrice individuale: a Nizza era un pazzo, Berlino un altro pazzo, a Londra un disperato, mentre i gruppi organizzati sarebbero finiti.

Sembra che dalla fine del 2015 – inizio del 2016 sia passato un secolo invece che appena un anno (futile ricordare agli espertoni che per sostenere ciò che dicono varrebbe la pena almeno che fosse passato il quadruplo del tempo, ma tant’è, il vizietto di prendere l’evento dell’ultim’ora e di farne regola generale quando fa comodo pare duro a morire).

Sembra che 40 feriti – questo l’ultimo aggiornamento intorno alla mezzanotte – siano insomma una bazzecola. Sembra che i numerosi Allahu Hakbar registrati sulle pagine social di Aj Jaazera non debbano suscitare nessun allarme, in fondo esiste un odio di massa nel mondo arabo che vuole distruggerci, perché dovremmo preoccuparci? L’ Intelligence ha vinto, godiamoci le nostre vittorie.

Ai professoroni di casa nostra fanno eco i politici britannici. Per il sindaco di Londra Sadiq Khan, dal protocollare “non ci piegheremo” si passa per “Londra è la città più sicura del mondo!” e spunta anche un “dobbiamo abituarci agli attentati, fanno parte della vita di una grande metropoli”. Probabilmente come le feste comandate di cui si accennava prima. Magari islamiche, considerata l’origine del primo cittadino. La capacità di arrampicarsi sugli specchi pur di difendere lo status quo di certi personaggi è, comunque, imbarazzante.

L’attentatore di Londra potrebbe essere un asiatico di circa 40 anni, probabilmente pakistano, ma i media escludono la pista islamista. Tanto non è stato Trevor Brooks, ovvero l’imam inizialmente sospettato, quindi è “tutto apposto”.

Solo in serata i media cominciano a valutare l’idea. Ovviamente spuntano fuori i soliti deliri progressisti senza né capo né coda. E questa volta a vincere il trofeo dell’insensatezza è Furio Colombo de Il Fatto Quotidiano, che riesce a dare perfino in questa occasione la colpa a Trump: “Questo è il brillantissimo risultato delle prese di posizione di Trump contro l’immigrazione dai Paesi islamici: generare risentimento e produrre nuovi cani sciolti pronti ad atti violenti: il tizio era inglese, certamente era integrato, certamente aveva un accento british”.

Se la gioca anche Antonio Caprarica che la spara ancora più alta: “Attentati strumentali per dare spazio ai movimenti populisti” e poi “l’Islam è duro a causa di ideologie violente che sono state esportate lì dall’Occidente”. Vabbé. Peccato che manchi l’accusa diretta di fascismo, sinceramente ne sentiamo la mancanza, per lo meno è divertente e tiene svegli.

Maria Giovanna Maglie, l’unica che ragiona, dice invece una serie di cose evidenti, nella loro semplicità che si possono più o meno sintetizzare così: “Londra è la società più libera che vi sia in Europa, esistono addirittura i tribunali della Sharia. Da noi ci stiamo avvicinando a passo scattante a quel modello, ma intanto un numero impressionante di comuni italiani rifiuta gli immigrati. Credo che ciò che pensano i cittadini abbia un valore e non vada necessariamente considerato sbagliato. La verità è che non avere nessun limite è il preludio alla distruzione”.

Bella intuizione, Maria Giovanna. Ma sei circondata da automi, che hanno il solo scopo di condizionare le masse, mantenere il proprio stipendio dicendo sempre le stesse cose. Inermi per i quali subire 5 attentati nel giro di poco più di un anno è normale e, da oggi, addirittura una vittoria. Tanto sono lupi solitari, eppoi hanno i passaporti inglesi, francesi, tedeschi, belgi e – Dio non voglia – forse pure italiani. Che ci frega, in fondo oltre al terrorismo di importazione abbiamo aggiunto anche quello di integrazione. Dettagli.

Questi sono i successi straordinari delle democrazie liberali. Roba seria, niente a paragone di quei dannati dittatori di Putin e Assad, ovvero gli unici ad aver seriamente contrastato l’ISIS, al differenza di questi parolai le cui espressioni pubbliche hanno un solo evidente scopo: tirare a campare.

(di Stelio Fergola)