Gli errori dei mass-media sul trumpismo
Mentre case sondaggistiche e media internazionali si affrettavano a dare per certa un’eclatante sconfitta dell’inquilino della Casa Bianca i più attenti analisti si mostravano decisamente più cauti nel dare per spacciato Trump e il movimento formatosi intorno a lui.
Come descritto da Gherardo Marenghi sulle pagine de Il Guastatore “il populismo trumpiano mette insieme elementi di nazionalismo, di spiritualismo confessionale di matrice evangelica, di conservatorismo sulle problematiche concernenti i diritti civili, di liberalismo in campo economico”. Un fenomeno del tutto nuovo in quella parte del globo e con cui prima il Partito repubblicano e poi il suo competitors, il Partito democratico, dovranno ancora confrontarsi.
Covid-19 e voto postale
Trumpismo, atlantismo o opportunismo?
Di diverso ordine è il modo in cui Trump e il movimento creatosi intorno a lui sono stati percepiti da omologhi e non nell’intero Vecchio Continente. Proprio in questo caso è bene notare come alcune forze politiche, lungi dall’intessere relazioni privilegiate con gli Usa solo per via dell’affinità ideal-programmatica con l’ormai ex presidente, finiscano con l’augurarsi di restare sempre amici e partner (ma sarebbe meglio dire vassalli) degli Stati Uniti. Un atlantismo distante dal concetto, propugnato sempre più spesso, di sovranismo e sovranità nazionale.Come sottolineato sia da Daniele Capezzone (“Gli Stati Uniti sono e resteranno amici chiunque li guidi pro tempore”) sia dall’uomo forte della Lega Giancarlo Giorgetti nella postfazione al testo di Grazioli e Scalea quando scrive “malgrado qualsiasi simpatia od antipatia si possa nutrire nei confronti di alcuno dei due protagonisti del duello del 3 novembre, l’Italia non potrà voltare le spalle al suo principale alleato”.
Una biforcazione già vissuta in sede continentale con i diktat dell’Unione Europea e ora ripropostasi anche in casa propria con la decisione sulla convergenza o meno al governo Draghi.
(di Luca Lezzi)