Giuseppe Garibaldi

Giuseppe Garibaldi: biografia del simbolo del Risorgimento

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Giuseppe Garibaldi, l’ “Eroe dei due mondi” e la cavalcata storica verso l’Unità d’Italia. Ma anche la popolarità all’estero, in un turbine di vicende che dipingono uno dei più importanti personaggi della storia, italiana e mondiale. Un personaggio ancora oggi dibattuto e studiato a fondo.

Giuseppe Garibaldi, una breve biografia

Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza il 4 luglio 1807 da una famiglia di origini genovesi: il padre, Domenico Garibaldi, era nato a Chiavari, la madre Maria Rosa Nicoletta Raimondi era invece figlia di pescatori. In quegli anni, l’area della città era sotto il controllo francese, a causa dell’annessione voluta da Napoleone di tutti i territori appartenenti alla monarchia sabauda. Fu così tanto che all’anagrafe Giuseppe venne registrato come Joseph Marie Garibaldi.

Giuseppe Garibaldi aveva cinque fratelli, tra cui si ricordano Michele, che fu capitano di marina, Angelo, console negli USA, Felice, rappresentante di una compagnia di navigazione, oltre a Maria Elisabetta e Teresa, porta durante l’infanzia.

La famiglia Garibaldi si trasferì da Nizza nel 1814, dopo che la loro casa fu demolita per ampliare il porto e poco prima che la città venisse restituita al Regno di Sardegna dopo il Congresso di Vienna (1815).

Il giovane Giuseppe doveva diventare, nelle intenzioni dei genitori, avvocato, o tutt’al più medico o sacerdote. Giuseppe Garibaldi, però, non era un grande studente, amando la navigazione, il che gli provocò numerosi ostacoli da parte del padre. Ed è celebre, dopo una discussione con il genitore, la cronaca di una sua fuga durante le vacanze con alcuni sui amici. In quell’occasione venne proprio scoperto da un prete, che avvisò la famiglia e lo ricondusse a casa, e pare che fosse stata questa occasione a generare in lui l’antipatia verso il clero.

Della vita giovanile di Giuseppe Garibaldi si ricordano, nonostante la poca passione per gli studi, l’interesse che egli sviluppò per la storia della Roma antica, che precedette di poco l’inizio della sua attività da marinaio: il 12 novembre 1821 si iscrisse nel registro dei mozzi di Genova.

Giuseppe Garibaldi
Giuseppe Garibaldi

Nei suoi primi viaggi è già descritto come un marinaio di prim’ordine, e proprio i suoi viaggi lo avvicinarono agli ambienti patriottici: durante un viaggio del 1833 incontrerà infatti un attivista mazziniano, che lo sensibilizzò alla causa dell’Unità d’Italia.

Garibaldi, rivoluzionario in Europa e nelle Americhe

Nella prima metà degli anni Trenta dell’Ottocento, Garibaldi entra in contatto con altri esponenti patriottici, tra cui lo stesso Giuseppe Mazzini. Ciò nonostante il primo incontro con il fondatore della Giovine Italia nel 1833 sia incerto, e sebbene lo stesso Mazzini abbia dichiarato di aver sentito del Garibaldi soltanto nel 1834. Di Giuseppe Garibaldi sono note anche le imprese extra-europee, in particolare nei Paesi del Sudamerica i quali, in quel periodo, lottavano per la propria indipendenza dagli imperi spagnolo e portoghese.

Comunque, Garibaldi avrebbe iniziato ad insentificare la sua attività prendendo contatti con i mazziniani proprio in quell’anno, alla vigilia della rivolta fallimetare scoppiata in Piemonte. Ma sarà soltanto un antipasto delle sue imprese sudamericane.

Nel 1835 arriva a Rio de Janeiro, e nel gennaio dell’anno successivo conosce una piccola comunità italiana che aveva aderito alla Giovine Italia. In quegli anni avrebbe conosciuto la moglie Anita, e poco dopo avrebbe partecipato alla Guerra civile uruguaiana, dove si distinse nella Battaglia di Sant’Antonio del 1846 sconfiggendo i Blancos alla guida del Partido Colorado.

Rientrato in patria nel 1848, i suoi contatti con i mazziniani si intensificano in occasione della prima guerra d’indipendenza appena scoppiata. Pur schierandosi con Carlo Alberto di Savoia in occasione della guerra agli austriaci, l’incontro avvenuto il 5 luglio non fu dei migliori, così come i rapporti con Mazzini, incontrato anche in quell’anno, non furono idilliaci.

Con il battaglione Anzani, comandato da Giacomo Medici, si diresse verso Brescia con l’incarico di liberarla. Nel mentre, venne richiamato a Milano. La prima guerra d’indipendenza si concluse con una cocente sconfitta per i piemontesi, e lo stesso Giuseppe Garibaldi venne sorpreso dai nemici a Morazzone, riuscendo a fuggire nell’agosto 1848 e riparando in Svizzera.

Giuseppe Garibaldi: l’artefice della spedizione dei Mille

Di Garibaldi si ricorda soprattutto la spedizione dei Mille, quella tramite la quale, con l’ausilio di circa 1162 uomini, riuscì ad avere la meglio su un esercito meridionale che, seppur malandato, poteva contare su circa 90mila unità.

Si era da poco conclusa la seconda guerra d’indipendenza, un conflitto che consentì al Piemonte di Camillo Benso Conte di Cavour, grazie all’alleanza con la Francia di Napoleone III, stretta tramite gli accordi di Plombiéres del 21 luglio 1858, di unificare praticamente tutto il centronord Italia ad eccezione del Veneto (la Lombardia direttamente, i ducati dell’Italia centrale tramite richieste dirette di annessione al Regno di Sardegna).

Dopo l’Armistizio di Villafranca del 1859, nella penisola c’erano dunque tre Stati: il “nuovo” Regno di Sardegna che comprendeva tutte le regioni del centronord a eccezione del Veneto e di altre terre irredente che avrebbero costituito un obiettivo primario del futuro Regno d’Italia (Trentino, Venezia Giulia e Dalmazia), un ridimensionato Stato pontificio che comprendeva le attuali Lazio, Umbria e Marche, e infine il Regno delle Due Sicilie, che comprendeva tutte le aree meridionali dall’Abruzzo alla Sicilia.

Inizialmente Garibaldi era titubante ad invadere il Regno meridionale. Questo perché riteneva che la priorità fosse costituita da Roma e dalla liberazione della “ideale capitale” dal dominio pontificio. Il che avrebbe attirato anche le diffidenze di Cavour, ben conscio che un eventuale attacco in zona capitolina avrebbe rovinato i rapporti diplomatici con la Francia, storica sostenitrice del Papa.

Era stato Mazzini, nel 1854, a proporre al condottiero l’idea di una spedizione in Sicilia con il compito di sollevare la popolazione. E nel 1859 l’idea venne ripresa  da Francesco Crispi.

Comunque, nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, il gruppo di volontari sotto il comando di Nino Bixio “simulò” il furto di due navi a Quarto, vicino Genova, sotto il tacito assenso piemontese. Dopo 40 ore di navigazione, diverse soste e la necessità di evitare le navi borboniche che li aveva portati quasi in Tunisia, i garibaldini giunsero a Marsala l’11 maggio.

Il 15 maggio i Mille affrontarono oltre tremila soldati borbonici nella famosa Battaglia di Calatafimi, uscendo vincitori e proseguendo verso Palermo, che a seguito di un’insurrezione venne liberata il 30 maggio. Agli inizi di giugno venne liberata Catania, a fine luglio, dopo la Battaglia di Milazzo, la Sicilia era già sotto il controllo di Giuseppe Garibaldi e del suo piccolissimo esercito.

In brevissimo tempo, i Mille riuscirono ad avere la meglio su un nemico che sembrava inesistente: prima riuscendo a sbarcare a Melito il 19 agosto (invece che a Reggio Calabria), sorprendendo i borbonici e innescando una serie di battaglie che li vide arrivare in breve alle porte di Napoli già il 7 settembre, dopo che il Re Francesco II aveva abbandonato la città il giorno prima.

In quel momento, tutto il Sud era in mano a Garibaldi. Il Regno di Sardegna, a quel punto, approfittò della situazione per occupare le Marche e l’Umbria, lasciando il Lazio ancora sotto il controllo del Papa.

Ma la situazione avrebbe potuto degenerare e confermare i timori di Cavour: Garibaldi, come da sue antiche aspirazioni, non aveva assolutamente intenzione di fermarsi ed era determinato a proseguire verso Roma. Così sarebbe stato, se non fosse intervenuto Vittorio Emanuele II in persona, che intercettò il condottiero a Teano il 26 ottobre 1860, chiedendogli di fermare la sua corsa. Richiesta alla quale, com’è noto, Giuseppe Garibaldi “obbedì”, salutandolo come il primo Re d’Italia.

Con la spedizione dei Mille si conclude la prima importantissima fase del Risorgimento, ovvero il periodo storico che conduce alla formazione dello Stato unitario italiano. Pochi mesi dopo, il 17 marzo del 1861, si sarebbe finalmente riunito il primo parlamento italiano.

(la Redazione)

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