Amnesty International

Amnesty International nella bufera, lasciano sette top manager

Guai seri per Amnesty International. Come riporta l’Ansa, cinque dei sette top manager hanno deciso di lasciare il loro posto dopo che un rapporto interno, pubblicato a febbraio, ha denunciato la presenza di un clima avvelenato all’interno dell’organizzazione per i diritti umani.

Abusi di potere, umiliazioni, bullismo, discriminazione. Era un quadro a tinte cupe quello emerso dall’indagine voluta dal segretario generale Kumi Naidoo dopo che l’anno scorso due dipendenti si erano suicidati nelle sedi di Parigi e Ginevra a distanza di poco più di un mese l’uno dall’altro. Uno, il 65enne Gaëtan Mootoo, aveva anche lasciato una lettera in cui raccontava di essere molto stressato per il troppo lavoro e di essersi sentito “abbandonato e dimenticato”. Il rapporto, realizzato dal KonTerra Group con l’aiuto di un team di psicologi, è basato su colloqui con quasi 500 dipendenti di Amnesty. In molti hanno fornito esempi dettagliati di episodi di bullismo subiti da parte dei dirigenti.

In generale dall’indagine viene fuori che il management dell’organizzazione internazionale aveva creato una dinamica del “noi contro loro” nella quale i dipendenti erano naturalmente l’anello debole. Un clima “tossico” che, secondo il rapporto, esiste dagli anni 90.

Amnesty International, le collaborazioni con l’intelligence

Alexander Rubinstein ha analizzato l’inquietante collaborazione di Amnesty International con l’intelligence britannica e americana. Amnesty International, la principale organizzazione non governativa per i diritti umani del mondo, è ampiamente conosciuta per le sue attività in questo settore. Pubblica rapporti critici sull’occupazione israeliana della Palestina e sulla guerra a guida saudita nello Yemen. Ma pubblica anche un flusso costante di accuse contro paesi che non giocano dalla parte di Washington – paesi come l’Iran, la Cina, il Venezuela, il Nicaragua, la Corea del Nord ed altri. Questi rapporti amplificano i rulli di tamburi a favore di un intervento “umanitario” in questi paesi.

Le contraddizioni di Amnesty

L’immagine prestigiosa di Amnesty come difensore mondiale dei diritti umani contraddice i suoi primi passi, quando il ministero degli Esteri britannico avrebbe dovuto censurare le notizie critiche sull’impero britannico. Peter Benenson, co-fondatore di Amnesty International, aveva stretti legami con i ministeri degli esteri e coloniali, mentre un altro co-fondatore, Luis Kutner, informava l’FBI di un deposito di armi nella casa del capo della pantera nera Fred Hampton settimane prima che fosse ucciso, in un attacco armato, dallo stesso ufficio federale.

Questi inquietanti collegamenti contraddicono l’immagine dell’attivismo pro-bono per i diritti umani di Amnesty e rivelano che alcune importanti personalità dell’organizzazione nei primi tempi erano meno preoccupate della dignità umana che non dell’immagine degli Stati Uniti e della Gran Bretagna nel mondo.

(La Redazione)

 

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