La NATO non garantisce la pace, la minaccia

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Il New York Times ha fatto un grosso scoop quando, lunedì scorso, ha rivelato che il presidente Trump ha messo ufficialmente in discussione – e più di una volta, a quanto pare – la membership americana alla NATO. Sfortunatamente, l’articolo ha approfondito la cosa in maniera molto esagerata e superficiale.

La prima constatazione parecchio esagerata è contenuta nella prima frase, la quale dice che la NATO ha “fermato le aggressioni russe e sovietiche per 70 anni”. Ciò è errato, come si può constatare semplicemente osservando la storia.

Vero, la NATO ha salvato l’Europa dalla minaccia del bolscevismo russo. Ma lo ha fatto non per oltre 70 anni, ma poco più di 40, dal 1949 al 1989. Quello è il periodo in cui l’Unione Sovietica disponeva di 1.3 milioni di truppe posizionate alle porte dell’Europa occidentale, pronte a scatenare un’invasione dell’Europa attraverso il varco di Fulda.

Come è stato possibile? Lo è stato perché Josif Stalin ha spinto le sue armate sempre più a ovest mentre, alla fine della seconda guerra mondiale, le truppe della Wehrmacht collassavano. Così facendo, e catturando quasi tutta l’Europa dell’est, si è assicurato che i sovietici non avessero nemici occidentali entro un raggio di mille miglia da Leningrado, o 1200 miglia da Mosca. Questo vasto territorio rappresentava non solo una garanzia di sicurezza per la madre patria Russia (che non possedeva barriere geografiche naturali per bloccare un’invasione dall’occidente), ma anche una potente area d’azione per mettere in scena l’invasione dell’Europa occidentale.

Il primo deterrente contro tale invasione, che Stalin avrebbe compiuto se avesse avuto la certezza di potere avere successo, era il monopolio nucleare americano. Quando questi fu perso, era emersa la NATO al suo posto come potente e necessario deterrente. I sovietici, concludendo che il costo di un’invasione sarebbe stato troppo alto, hanno optato per una strategia che prevedeva invece il sabotaggio degli interessi occidentali ovunque nel mondo, ovunque fosse possibile. Il risultato è stata la tensione globale culminata in punti quali la Corea e il Vietnam.

Ma l’Europa era salva, e la chiave è stata la NATO. Merita il nostro rispetto e la nostra riverenza per il suo enorme successo come alleanza militare durante quella che era una profonda minaccia per l’Occidente.

A un certo punto, però, la minaccia è scomparsa. Spariti gli 1.3 milioni di soldati provenienti dall’Unione Sovietica e dai suoi stati-satellite. Sparita la grande dominazione sovietica dell’Europa dell’est. Infatti, nel 1991, è scomparsa la stessa Unione Sovietica, un regime brutale imposto sull’entità culturale della Madre Russia. Era tempo di festeggiare.

Ma era anche giunta l’ora di ragionare sulla precisa natura del cambiamento che aveva mutato il mondo, e di ragionare quale sarebbe stato il destino delle vecchie istituzioni – inclusa la NATO, un’alleanza militare difensiva creata come deterrente contro un nemico minaccioso ad est. Ecco dove il pensiero occidentale ha perso la bussola. Invece di accettare i grandi benefici degli sviluppi riguardanti la sicurezza dell’Occidente – il ritiro dei militari sovietici, i cambiamenti territoriali, la sconfitta dell’URSS – l’Occidente ha trasformato la NATO in uno strumento di aggressione territoriale, assorbendo paesi che facevano parte della sfera di controllo sovietica e spingendosi verso i confini russi. Ora Leningrado (rinominata San Pietroburgo) dista solo cento miglia dalle forze militari NATO, mentre Mosca solo duecento.

Dalla fine della Guerra Fredda, la NATO ha assorbito 13 nazioni, alcune confinanti con la Russia, altre che facevano parte da secoli della sfera di influenza russa. Ciò è parte di una politica di accerchiamento, che nessuna nazione può accettare senza protestare né restare a guardare. E se la NATO dovesse assorbire anche altri paesi tradizionalmente di influenza russa – in particolare Ucraina e Georgia – ciò costituirebbe una enorme minaccia alla sicurezza russa, come il presidente Vladimir Putin ripete ai leader occidentali da anni.

Quindi no, la NATO non ha fermato le aggressioni russe per 70 anni: lo ha fatto per 40, e per il resto ha mantenuto una posizione destabilizzante verso la Russia. Il problema, qui, è l’incapacità dell’Occidente di comprendere appieno come il cambiamento delle circostanze geopolitiche richieda un cambiamento anche nella strategia geopolitica. La strategia dell’accerchiamento è stata criticata da più voci – George Kennan, prima di morire; gli studiosi John Mearsheimer, Stephen Walt, Robert David English; l’ex diplomatico Jack Matlock; i giornalisti di The Nation. Ma le loro voci sono rimaste inascoltate.

Non si può eliminare Donald Trump perché è il Presidente degli Stati Uniti. Quindi deve essere diminuito, ridicolizzato, emarginato. Questo è ciò che l’articolo del Times scritto da Julian Barnes ed Helene Cooper ha cercato di fare. Considerate l’attacco dell’articolo, costruito per enfatizzare quanto sia sbagliata l’idea di Trump prima ancora che il lettore possa cercare di capire che cosa abbia voluto veramente fare: “Ci sono poche cose che il presidente russo Vladimir Putin desidera più che indebolire la NATO, l’alleanza militare tra Stati Uniti, Europa e Canada che ha bloccato le aggressioni sovietiche per 70 anni”. Traduzione: “Beccati questa, signor Presidente! Sei un idiota”.

Henry Kissinger ha detto qualcosa di molto interessante riguardo a Trump in una recente intervista al Financial Times. “Penso che Trump sia una di quelle figure nella storia che appaiono ogni tanto per segnare la fine di un’era, e per costringerla a fare i conti con i suoi vecchi schemi”. Uno schema occidentale riguardo la Russia, difeso strenuamente dalle persone come Julian Barnes ed Helene Cooper (che probabilmente conoscono la storia e il mondo molto meno di Henry Kissinger) è che niente è cambiato con il collasso sovietico, e che la NATO deve mostrarsi aggressiva al fine di tenere questa nazione minacciosa al suo posto.

Trump non crede a questa storia. Ha detto durante la sua campagna che la NATO era obsoleta. Poi ha fatto marcia indietro, dicendo solo che vuole che gli altri membri della NATO paghino di più. Ha anche confessato, dopo che Hillary Clinton ha identificato la NATO come “la più forte alleanza militare della storia”, che ha solo detto che la NATO era obsoleta perché non la conosceva abbastanza bene. Ma stava imparando – e anche abbastanza rapidamente, visto che ha sostenuto l’entrata del Montenegro nella NATO nel 2017. Il Montenegro, con le sue 5332 miglia quadrate e solo 620.000 cittadini, è davvero un elemento cruciale per il disperato progetto europeo di proteggere sé stessa dalla Russia di Putin?

Sappiamo bene che Trump è una figura controversa. Come politico, spesso sembra un dottore che prova a fare un’operazione a cuore aperto indossando i guanti di lana. Le sue idee sull’uscita dalla NATO sono un esempio calzante: l’esempio di un politico che manca dell’abilità e della finezza per spingere il paese verso nuove e necessarie direzioni.

Ma Kissinger ha centrato un punto, riguardo a Trump. L’America e il mondo sono cambiati, mentre i vecchi schemi mentali non hanno tenuto il passo. Il vecchio modo di pensare ha accecato i difensori dello status quo, e li ha convinti che nulla sia cambiato. Trump, quasi da solo tra tutti i politici americani contemporanei, si sta chiedendo se il mondo non abbia bisogno di nuove risposte. La NATO, nella sua attuale configurazione, è un pericolo per la pace, non un suo garante.

(da American Conservative – traduzione di Federico Bezzi)

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