Caschi bianchi siriani: “Basta con le falsificazioni!”

Il 12 maggio, a Sofia, in Bulgaria è stata organizzata una manifestazione di protesta nei pressi dell’Ambasciata britannica al motto di: “Basta con le falsificazioni. Vogliamo il rispetto del diritto internazionale!”. I manifestanti reclamavano “tolleranza zero” nei confronti di Stati Uniti, Regno Unito e Francia riguardo alla Siria e alle azioni degli “White helmets” (Caschi bianchi) sul territorio dello stato siriano. La protesta è stata organizzatore da Mohamed Ibrahim, presidente dell’Associazione dei siriani in Bulgaria. 

L’obiettivo della manifestazione era denunciare un inquietante dato di fatto: tutto l’apparato mediatico occidentale si basa sulla documentazione, totalmente arbitraria, fornita dai “Caschi bianchi” per screditare Assad e per giustificare poi risposte militari, da parte di Stati Uniti e alleati, contro le legittime forze lealiste siriane.

In Siria nei territori in mano all’ISIS, i “Caschi bianchi”, vengono presentati come forze della protezione civile da impegnare in situazioni di emergenza. Il loro compito, tuttavia, consiste anche nel realizzare materiale video-fotografico finalizzato poi ad accusare Assad e la Russia di bombardare i civili siriani, distruggere ospedali e scuole. In tutti questi casi i “Caschi bianchi” entrano “letteralmente” in scena, sicuramente con bambini apparentemente feriti in braccio, ma, soprattutto, con macchine fotografiche a seguito.

In Occidente i White helmets vengono lodati come l’unica organizzazione che salva i siriani dalla crisi umanitaria. Questa posizione è quantomeno beffarda, poiché come è noto, dal 2013 la Siria è soggetta alle più severe sanzioni da parte di Stati Uniti e Unione Europea: l’importazione di prodotti e di medicine è proibita, tutte le attività estere sono congelate. Se l’Occidente avesse veramente a cuore la sorte dei siriani dovrebbe come minimo togliere queste sanzioni che si riflettano soprattutto sulla vita dei civili.

I “Caschi bianchi” giocano un ruolo importante nella guerra dell’informazione. I media occidentali sono consapevoli che, di fatto, non esiste un’opposizione moderata in Siria. Risulta abbastanza difficile far apparire come dei rivoluzionari democratici barbuti wahhabiti siriani intenti a decapitare i nemici, a far saltare monumenti di valore culturale mondiale e ad organizzare atti terroristici, non solo in Siria ma anche in Europa.  Nella campagna di diffamazione montata dai media occidentali contro il presidente Assad, anche il più indottrinato spettatore europeo è portato a vedere Assad come un male minore rispetto alla possibilità che tutta la Siria possa finire nelle mani di un regime oscurantista capace di simili atrocità. I “Caschi bianchi” sono quindi funzionali a ridare un’immagine mediatica in grado di ripulire e coprire l’orrore delle azioni compiute dai militanti dell’opposizione siriana.

Questi “soccorritori” amano però condividere la prodezza delle loro gesta sui vari social network. Sono numerose le immagine sul web dove si scopre che frequentemente sono gli stessi miliziani jihadisti che semplicemente cambiano l’uniforme e indossano un casco bianco.

La Russia, analizzando il materiale video-fotografico più di una volta ha smascherato questo ruolo ambiguo dell’organizzazione, sicuramente legata al gruppo armato Jabhat al-Nusra.

Una delle messinscene più eclatanti dei “Caschi bianchi”, sono i video da loro girati e presentati come “prova di un attacco chimico” da parte dell’esercito siriano nella città di Duma il 7 aprile. Anche in tale circostanza hanno usato tecniche cinematografiche da manuale: telecamere che si muovono in condizioni di affanno, con tanti grandi piani emozionali soprattutto sui bambini.

Un corrispondente di RIA Novosti, intervistando i residenti di Duma, è riuscito senza difficoltà a trovare l’undicenne “protagonista” dell’ultima “serie” dei “serial chimici” dei “Caschi bianchi” – Hassan Diab, che ha raccontato cos’è realmente successo all’ospedale di Duma il 7 aprile: “Sì, ero sul video. Sono venuti da noi nel  sotterraneo dicendoci di salire con loro al piano di sopra. Poi siamo stati portati in ospedale, e lì hanno cominciato a versarci acqua addosso. Ero con mia madre e mia sorella. Non avevo alcun dolore, ci sentivamo bene, non abbiamo dato niente”; “Ci hanno dato del riso e dei biscotti”, interrompe il padre di Hassan. 

Questi video, come dimostrato dagli eventi, sono poi diventati il presupposto formale per il massiccio attacco missilistico contro la Siria da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Approfittando abilmente dell’accesso ai media, i “Caschi bianchi” sono ormai diventati una delle principali fonti di “testimonianze oculari”, per l’Occidente, su quanto accade in alcune parti della Siria. Da queste fonti palesemente contraffatte si basa poi la risposta occidentale delle forze anti-Assad. Risposte militari che, considerando la presenza delle Forze armate russe sul territorio della Siria, facilmente potrebbero innescare un escalation militare con esiti addirittura apocalittici.

(di Eliseo Bertolasi)