Cassese e la favola dei “bombardamenti umanitari”

l giudice emerito ha scritto la sua emerita infamata. E’ infame che dalla prima pagina del Corriere della Sera si lasci scrivere a Sabino Cassese (“Due buone ragioni, 15/4) che l’aggressione alla Siria di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna si giustifichi grazie ad un inesistente «diritto globale», non si capisce stabilito quando e da chi, pur di ammaestrare come scimmie i sudditi dell’opinione pubblica boccalona. Infame ma non scandaloso, sia chiaro. Nel senso che non scandalizza più dover leggere i servizietti a cottimo di esperti, scribi e farisei che si prestano a mettere una pezza teorica ai propositi e spropositi di potenze la cui unica logica, va da sé, è la potenza.

E’ dai tempi millennari della Bhagavad Gita che chiunque dotato di senno e scevro da utopie da anime belle sa che il diritto si basa sulla forza, e non il contrario. E diciamo che un certo carico di ipocrisia, su questa verità eterna e fondamentale, i sovrani e potenti di tutte le epoche ce lo hanno sempre messo. Ma mai fino al punto da far figuracce tali da riuscire contemporaneamente a svelarne tutta l’arbitrarietà da un lato, e la goffaggine nel coprirla dall’altro.

Dice in sostanza il sommo Cassese: chi deve far rispettare il programma di disarmo delle armi chimiche, sottoscritto dal governo siriano nel 2013, nonché il diritto umanitario e la Convenzione di Ginevra, non ha i mezzi per farlo, e più in generale è dal 2000 che «si è fatto strada» il principio di ingerenza («responsabilità di proteggere») per salvare le popolazioni di Stati sovrani dai crimini di guerra, dai genocidi e dalle catastrofi naturali. «Questa responsabilità supera il divieto di interferenza negli affari interni di altri Stati», sentenzia il Gran Sacerdote.

Abbiamo visto varie volte all’opera questo assunto che «si è fatto strada» semplicemente perché conveniva di volta in volta agli Stati aggressori, fatalità sempre i soliti (gli Usa imperialisti col fiatone, la stramaledetta Inghilterra e l’arrogantissima Francia, a volte con codazzo della servile Italia), per mascherare con uno straccio di pseudo-filosofia giuridica decisioni basate su ben precisi interessi strategici e geopolitici: i propri. Che sono legittimi in via astratta solo all’interno del sovrano potere di ciascuno di essi (e delle alleanze come la Nato) di determinare la propria politica internazionale. Ma che ovviamente diventano illegittimi, o meglio puri e semplici atti d’offesa e sopraffazione, se visti dalla parte degli aggrediti.

E di qui arriviamo alla parola-chiave: sovranità. Secondo l’ineffabile Cassese, la globalizzazione alla fonte del suo presunto e totalmente inventato “diritto globale” «va oltre gli Stati, ma si serve degli Stati. Nel caso della Siria, ad esempio, sono i tre Stati che intervengono, ma agendo per la realizzazione di principi globali». Siamo ancora e sempre all’idea di “gendarme del mondo” a cui ci ha abituato in particolare Washington. Secondo quest’altra formula di cubica superbia l’ingerenza umanitaria di cui sopra è una delle possibili buone ragioni per cui dal novero dei singoli Stati possa saltarne fuori qualcuno, un qualcuno che casualmente è sempre lo stesso, che si alza e ne invade un altro, al massimo facendosi dare una letterina di approvazione da quel fantoccio che è l’Onu, sempre casualmente di norma controllato dalle stesse tre o quattro mani.

Saremmo davvero curiosi di sentire il professor Cassese spiegarci in cosa consista concretamente l’entità chiamata “globalizzazione”. Quali raffinate elucubrazioni ci regalerebbe, il supremo magistrato, per illuminare noi stolti e ignoranti sulla fonte dei suoi misteriosi “principi globali”. I Diritti dell’Uomo contenuti nella Dichiarazione del 1948, forse? Ma allora dei volonterosi Stati rifulgenti di passione per l’umanità tutta avrebbero dovuto bombardare gli Usa dopo Abu Ghraib, dopo i civili sterminati dai droni in Afghanistan, dopo tutte le gesta criminali di cui si sono macchiati i difensori occidentali del Bene, tornando indietro fino allo sganciamento delle due bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki.

Qui i fatti sono due. Non ci sono prove certe che incolpino la Siria di Bashar Assad dell’uso di armi chimiche. E il dovere internazionale di protezione degli altri popoli viene applicato solo se e quando fa comodo all’Occidente e ai suoi autoproclamatisi “poliziotti umanitari”, mentre viene dimenticato ed evapora qualora dovesse ritorcersi loro contro, o nel caso in cui dovesse coinvolgere qualche amichetto di noi “buoni”. Ma il buono e ottimo Cassese questo fa finta di non saperlo. Altrimenti gli casca tutto il palco, e nel crollo la favoletta dei buoni samaritani che attaccano per amore dei gasati va a farsi benedire.

(di Alessio Mannino)