John Bolton, il falco che vuole la guerra con l’Iran

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Gareth Porter è uno storico e giornalista investigativo statunitense, vincitore del Martha Gellhorn Prize for Journalism nel 2012

Nei miei report sulla politica statunitense-israeliana, ho trascritto numerosi episodi nei quali gli Stati Uniti e/o Israele hanno compiuto mosse che parevano indicare la preparazione di una guerra contro l’Iran. Ogni volta -nel 2007, 2008 e ancora nel 2011- quelle azioni, presentate dai media come presagi di un attacco verso Teheran, erano in realtà dei bluff, mirati a fare pressioni sul governo iraniano.

Ma il fatto che Donald Trump abbia scelto John Bolton come nuovo Consigliere della sicurezza nazionale dimostra che la prospettiva di una guerra con l’Iran è quanto mai reale. Bolton non è il solito falco neoconservatore. Da molti anni è ossessionato dall’idea di fare guerra alla Repubblica Islamica, chiedendo più volte, nelle sue apparizioni su Fox News, di bombardare l’Iran, senza la minima indicazione che sia a conoscenza delle conseguenze di tale azione.

La sua non è semplice retorica: Bolton, dal 2002 al 2004, ha fatto pressioni sull’amministrazione Bush per creare le condizioni politiche necessarie al fine di iniziare un’azione militare contro l’Iran.

Più di chiunque altro nell’amministrazione Trump, Bolton ha già indotto il presidente a rompere il trattato nucleare con l’Iran. Bolton ha sfruttato la sua connessione con il principale finanziatore di Benjamin Netanyahu e di Donald Trump stesso -il magnate dei casinò Sheldon Adelson- per farsi ascoltare da Trump lo scorso ottobre, proprio mentre il presidente si stava preparando ad annunciare la sua politica sull’accordo nucleare iraniano, il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA). Ha parlato con Trump per telefono da Las Vegas dopo l’incontro con Adelson.

È stato Bolton a persuadere Trump a impegnarsi a uscire dal JCPOA, se il Congresso e gli alleati europei non fossero stati d’accordo con le richieste di importanti cambiamenti, chiaramente calcolati per assicurarsi che l’accordo cadesse.

Anche se Bolton non è diventato Segretario di Stato, ora si insedia come Consigliere per la sicurezza nazionale. Secondo un uomo vicino a Bolton, Trump si è incontrato con lui il 6 marzo e gli ha detto: “abbiamo bisogno di te, John”. Bolton ha detto al Presidente che avrebbe accettato solo i ruoli di Segretario di Stato o di Consigliere per la sicurezza nazionale; al che Trump gli ha promesso, “ti chiamerò molto presto”. Trump a quel punto ha rimpiazzato il Segretario di Stato Rex Tillerson con l’ex direttore della CIA Mike Pompeo; dopodiché la Casa Bianca ha informato i media dell’intenzione di Trump di rimpiazzare McMaster entro qualche settimana.

Il sostegno di Bolton a una guerra con l’Iran è ben noto. Ciò che non tutti sanno è che, quando lavorava nella Segreteria di stato per il controllo delle armi e della sicurezza internazionale, ha attuato una complessa serie di strategie volte a creare le condizioni necessarie affinché gli USA attaccassero l’Iran. Bolton ha cercato di convincere l’opinione pubblica che la Repubblica Islamica stesse sviluppando un programma nucleare segreto, usando una combinazione di pressione diplomatica, propaganda gretta e false prove.

Nonostante Bolton fosse tecnicamente sotto la supervisione del Segretario di Stato Colin Powell, il suo vero capo, che lo ha aiutato a portare avanti la propria strategia, era il Vicepresidente Dick Cheney. Bolton era anche il maggiore punto di contatto dell’amministrazione con Israele e, con il sostegno di Cheney, fu in grado di ignorare le normali regole del Dipartimento di Stato, intraprendendo una serie di viaggi in Israele nel 2003 e 2004 senza avere l’autorizzazione dell’Ufficio del Dipartimento di Stato per gli affari del Vicino Oriente.

John Bolton, il falco che vuole la guerra con l'Iran
Meir Dagan, ex direttore del Mossad

Anche se Powell sosteneva che la politica dell’amministrazione non era quella di attaccare l’Iran, Bolton stava lavorando con gli israeliani per iniziare una guerra. Durante una visita del febbraio 2003, Bolton assicurò ai funzionari israeliani, in riunioni private, che non aveva dubbi sul fatto che gli Stati Uniti avrebbero attaccato l’Iraq, e che, dopo aver abbattuto Saddam, avrebbero fatto i conti anche con l’Iran, così come con la Siria.

Durante i suoi viaggi in Israele, Bolton ha avuto diversi incontri privati, incluso uno con il capo del Mossad, Meir Dagan, senza comunicarlo al Segretario di stato e ad altri uffici competenti. In quegli incontri si sono occupati di una strategia comune su come creare le condizioni politiche necessarie per un eventuale attacco degli Stati Uniti contro l’Iran.

Il Mossad ha svolto un ruolo molto aggressivo, nell’influenzare l’opinione mondiale sul programma nucleare iraniano. Nell’estate del 2003, secondo quanto scritto dai giornalisti Douglas Frantz e Catherine Collins nel loro libro The Nuclear Jihadist, Meir Dagan ha creato un nuovo ufficio del Mossad incaricato di informare la stampa mondiale sui presunti sforzi iraniani per costruire armi nucleari. Le mansioni della nuova unità includevano anche la circolazione di documenti dentro e fuori l’Iran, secondo Frantz e Collins.

Il ruolo di Bolton nella creazione di una strategia congiunta USA-Israele, come indica nel suo memoriale del 2007, era quello di garantire che la questione del nucleare iraniano venisse sottratta all’Agenzia internazionale per l’energia atomica, e presa in carico dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Era determinato a impedire al direttore generale della IAEA Mohamed ElBaradei di raggiungere un accordo con l’Iran, il che avrebbe reso più difficile, per l’amministrazione Bush, demonizzare Teheran. Bolton iniziò ad accusare l’Iran di avere un programma segreto di armi nucleari a metà del 2003, ma incontrò resistenza non solo da parte di ElBaradei e dagli stati non allineati, ma anche da Gran Bretagna, Francia e Germania.

La strategia di Bolton era basata sull’accusa che l’Iran stesse nascondendo il suo programma nucleare militare dalla AIEA, e all’inizio del 2004 si inventò uno spettacolare stratagemma di propaganda: inviò una serie di immagini satellitari all’AIEA che mostravano i siti presso la base militare iraniana a Parchin, la quale a detta sua era usata per testare simulazioni balistiche con armi nucleari. Bolton ha chiesto che l’AIEA richiedesse l’accesso per ispezionare quei siti, e ha fatto trapelare la sua richiesta all’Associated Press nel settembre 2004. Di fatto, le immagini satellitari non mostravano nient’altro che bunker e edifici per test di esplosivi convenzionali.

A quanto pare, Bolton sperava che le forze armate iraniane non accettassero alcuna ispezione della IAEA basata su false affermazioni, facendo così il suo gioco propagandistico sulla “intransigenza” iraniana nel rifiutarsi di rispondere alle domande sul suo programma nucleare. Ma nel 2005 l’Iran ha permesso agli ispettori di entrare in quei siti, e ha perfino permesso loro di scegliere più siti da ispezionare. Gli ispettori non hanno trovato prove di alcuna attività connessa allo sviluppo di armi nucleari.

John Bolton, il falco che vuole la guerra con l'Iran
Dick Cheney, Vicepresidente degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Bush

La strategia USA-Israele in seguito avrebbe fatto jackpot, tuttavia, quando nell’autunno del 2004 è emersa una grande quantità di documenti, apparentemente provenienti da una fonte segreta all’interno del programma di armi nucleari dell’Iran. I documenti, presumibilmente trovati sul computer portatile di uno dei partecipanti al presunto programma, includevano alcuni disegni tecnici per ridisegnare il missile iraniano Shahab-3 di modo da renderlo in grado di trasportare quella che sembrava essere un’arma nucleare.

Ma l’intera storia dei cosiddetti “laptop documents” era falsa. Nel 2013, un ex alto ufficiale tedesco rivelò la vera storia: i documenti erano stati dati all’intelligence tedesca dai Mujahedin E Khalq, il gruppo armato anti-Iran noto per essere usato dal Mossad per “riciclare” informazioni che gli israeliani non vogliono attribuire a se stessi. Inoltre, i disegni che mostravano la riprogettazione, citati come prova di un programma di armi nucleari, sono stati chiaramente fatti da qualcuno ignaro del fatto che l’Iran aveva già abbandonato la riprogettazione del Shahab-3 in favore di un design completamente diverso.

Il Mossad aveva chiaramente lavorato a quei documenti nel 2003 e nel 2004, quando Bolton si stava incontrando con Meir Dagan. Che Bolton sapesse o meno che gli israeliani stavano preparando documenti falsi, era il contributo israeliano verso la costruzione delle basi politiche per l’avvio di un attacco americano all’Iran. Bolton rivela nelle sue memorie che questa strategia, diretta da Cheney, ha preso spunto dagli israeliani, i quali hanno detto a Bolton che gli iraniani si stavano avvicinando al “punto di non ritorno”. Questo era il punto, scriveva Bolton, in cui “non potevamo fermare i loro progressi senza usare la forza”.

Cheney e Bolton hanno basato la loro strategia di guerra sulla premessa che i militari statunitensi sarebbero stati in grado di consolidare rapidamente il controllo sull’Iraq. Invece l’occupazione americana si è impantanata e non ha mai ottenuto il pieno controllo del paese. Cheney ha proposto di approfittare di un qualche evento con molti morti in Iraq per incolpare l’Iran e attaccare, nell’estate del 2007, una base delle Guardie Rivoluzionarie. Ma il rischio che le milizie sciite pro-iraniane in Iraq si rivoltassero contro gli USA era troppo alto, e la proposta fu rifiutata.

Il Pentagono, e i capi di stato maggiore, erano anche ben consapevoli del fatto che l’Iran aveva la capacità di attaccare direttamente le forze degli Stati Uniti nella regione, incluse le navi da guerra nello Stretto di Hormuz. Non avevano alcuna intenzione di assecondare l’idea di Cheney e di ingaggiare ulteriore sforzo bellico.

Quella cautela del Pentagono rimane invariata. Ma due menti della Casa Bianca scardinate dalla realtà potrebbero sfidare quella diffidenza e spingere gli Stati Uniti verso una pericolosissima guerra contro l’Iran.

(Di Gareth Porter, da The American Conservative – traduzione di Federico Bezzi)

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