Elezioni, sinistra a picco: ecco perché in Italia non c’è un Mélenchon

“Penso che il grande successo del M5S, in particolare al Sud ma non solo, sia legato al fatto che la sinistra ha inseguito la destra ma alla fine a furia di inseguirli la gente vota chi fa la destra meglio. “Queste elezioni – ha aggiunto – sono state il trionfo del qualunquismo, del razzismo, penso si debba ricostruire la sinistra. Noi abbiamo provato a rodare un metodo, orizzontale, partendo dal basso, bisogna ripartire dai territori”. Queste le parole di Viora Carofalo, capo politico di Potere al Popolo, che la formazione politica – in cui sono confluiti, tra gli altri, anche Eurostop, Rifondazione e Pci – che ha racimolato un 1,05% circa (stando ai dati).

Al di là degli entusiasmi manifestati nel corso della maratona di Enrico Mentana su La7, il risultato a sinistra del PD è disastroso e nessun alibi può giustificare la disfatta. Discorso che vale – se parliamo di “sinistra radicale” o pseudo-tale – anche per Liberi e Uguali – ferma al 3,25%. Male anche Marco Rizzo che, con il suo Partito Comunista, si ferma a un modestissimo 0,32%.

Percentuali da prefisso telefonico se paragonate alla forza impetuosa della sinistra francese di Jean-Luc Mélenchon che ha saputo raccogliere, alle ultime elezioni, il 19% dei consensi. Perché il vento del “populismo” non ha permesso a una forza cosiddetta anti-establishment, anche a sinistra, di intercettare consensi e popolarità? Al di là di Marzo Rizzo, che forse paga una struttura troppo debole e poco radicata sui territori, il problema della “sinistra radicale” italiana è principalmente culturale.

Mentre Mèlenchon si è presentato come leader carismatico vicino alla classe lavoratrice oppressa dai vincoli di Bruxelles, da un’immigrazione fuori controllo che genera soltanto conflittualità sociali e dalle insidie di una globalizzazione che delocalizza le imprese all’estero, la sinistra italiana non riesce proprio a decifrare la società in cui opera e a rappresentare le istanze dei più deboli. E dalle parole a caldo di Viola Carofalo, che continua a farneticare di “antirazzismo” e altre amenità, non sembra aver minimamente compreso la lezione che queste lezioni stanno dando.

Diciamoci la verità: a sinistra, di temi come gli aumenti salariali, la lotta al precariato e contrasto alla speculazione finanziaria, non importa assolutamente nulla. La sinistra che si è presentata a queste elezioni è, come l’ha definita Marco Rizzo, “la sinistra dei diritti civili nemica del lavoro”, una new-left totalmente asservita al modello liberal  americano che non sa, e non può cogliere, le istanze delle periferie e della classe lavoratrice. Una sinistra che cita Popper e agita spauracchi inesistenti sul fascismo dimenticando Karl Marx e in politica estera è schiava delle  – fallimentari – idee liberali. Una sinistra globalista che si gira dall’altra parte quando sente parlare di interesse nazionale e sovranità.

Per questi motivi il vento del “populismo” in Italia soffia soltanto a destra. Ma ve la immaginate in Italia una Sahra Wagenknecht (Die Linke) che si esprime in questi termini parlando di immigrazione? «Riteniamo che le persone perseguitate politicamente abbiano diritto all’asilo. Ma pensiamo che né per la Germania né per i paesi di origine sia opportuno promuovere e favorire la migrazione di manodopera. Da un lato nei paesi di origine è soprattutto la classe media istruita a migrare, e questo avviene a spese dei più poveri, che non vengono perché non possono. E non abbiamo interesse a creare ulteriore concorrenza in Germania nel settore a basso salario dando alle imprese ancora di più la possibilità di giocare mettendo l’uno contro l’altro, perché tanto avranno sempre qualcuno che a causa della situazione personale è disposto a lavorare per un salario peggiore. Tutto cio’ non ha senso e noi non lo appoggiamo […] ci impegniamo per le persone a cui le cose non vanno bene, che sono anche i perdenti delle politiche degli ultimi anni. E vorremmo anche un ordine economico globale che impedisca alle persone di essere cacciate dalle loro case. Ad esempio quando parliamo di rifugiati vediamo che solo il 10% di tutti i rifugiati ce la fa ad arrivare nei paesi sviluppati, il 90% vive vicino alla propria terra di origine, la maggior parte di loro viene lasciata da sola e senza aiuto. Dobbiamo aiutarli in quei paesi, a casa loro».

(di Roberto Vivaldelli)