Erdogan minaccia e l’Italia cede: il caso della Saipem 12000

La Saipem 12000, dopo giorni di blocco militare turco è stata costretta a lasciare le acque cipriote e ritirarsi. La nave avrebbe dovuto effettuare perforazioni all’interno del Blocco 3 della Zona Economica esclusiva di Cipro, nonostante l’accordo tra ENI e governo cipriota il capitano della nave ha dovuto invertire la rotta a causa della minaccia militare della Turchia che rivendica il possesso di quell’area.

La scelta di Erdogan ha inflitto un duro colpo alla nostra iniziativa in campo energetico ed è costata all’ENI ben 600.000 euro al giorno per tutto il periodo di blocco. Il presidente turco ha minacciato di passare alle armi nel caso l’Italia avesse svolto le sue operazioni di perforazioni, una dichiarazione di guerra poco velata che ha messo in imbarazzo non solo le nostre istituzioni ma ha messo in discussione il prestigio della comunità internazionale che non è stata in grado di mediare diplomaticamente cedendo alle prepotenze del governo turco, un’azione inaccettabile sotto ogni punto di vista.

A seguito della nostra ritirata, il ministro degli esteri cipriota Ioannis Kasoulides ha definito l’Italia “l’anello più debole” tra i paesi coinvolti negli interessi energetici del paese, dal canto suo l’amministratore delegato ENI, Claudio Descalzi, ha spiegato che pur non volendo rinunciare all’iniziativa a Cipro ha deciso di non sfidare la presa di posizione turca.

Inaccettabile l’atteggiamento dell’Unione Europea e dell’ONU (organi di cui, ricordiamo, la repubblica di Cipro è membro) che si sono limitate ad osservare l’ennesimo attacco alla sovranità dell’isola da parte della Turchia e non aver contrastato in alcun modo la provocazione di cui è stata vittima il nostro paese.

Ci chiediamo perché gli altri paesi UE, i quali ad oggi continuano a valutare un possibile ingresso della Turchia nell’Unione, non abbiano reagito in alcun modo quando a rigore di logica ci si sarebbe aspettato un intervento diretto vista la gravità del caso.

L’atteggiamento dell’Unione Europea cambia a seconda degli interessi in gioco, basta fare un confronto con il caso ucraino: le sanzioni alla Russia (le quali si sono rivelate più nocive per i sanzionatori che per il paese colpito) sono state emanate in risposta a precisi interessi tedeschi sul gas ucraino mentre quelli energetici dell’Italia nella zona cipriota sono perfettamente sacrificabili, ciò non fa che confermare l’idea di rappresentare “l’anello più debole”.

(di Antonio Pellegrino)