Viva la Polonia libera, indipendente, non globalizzata

Segnate bene questa circostanza, segnate e ricordate ciò che è accaduto ieri, perché la Polonia nazionale  e non globalizzata viene discussa, con i soliti metodi beceri, da quella “finta patriottica” che mette in scena la solita recita “istituzionale”.

Il giorno è quello dell’indipendenza, avvenuto l’11 dicembre 1918. Un giorno che poneva fine a numerose umiliazioni subite dal popolo polacco, provenienti tanto da sponda zarista, con la russificazione tentata con forza fino al secolo precedente, che da ambiti austriaco-prussiani.

La Polonia, quella libera, un tempo sorella d’Italia, che non a caso Mameli pensò di citare nell’Inno che ci avrebbe condotto all’indipendenza e all’Unità, parlando di “il sangue d’Italia, il sangue polacco”, ritrovando quel gemellaggio che già Mazzini aveva rilevato e sostenuto con forza, fa sentire la sua voce.

La Polonia, quella libera, quella che vuole “L’Europa bianca di nazioni fraterne” è ostacolata da chi ciarla come al solito di razzismo e fascismo, mentre invece, allo stremo delle proprie forze, c’è solo la voglia di un’etnia, quella slava, di resistere alla distruzione che sta interessando tutti i bianchi caucasici da un secolo circa.

“Clima xenofobo e intollerante”, lo definisce Repubblica. “Minacciosa manifestazione”, per Il Post. Perché difendersi, voler resistere, ma soprattutto volere esistere, è qualcosa di profondamente sbagliato per chi non ha nessuna remora a voler eliminare, edulcorando il processo parlando di integrazioni e accoglienze. Perché, se la Polonia non è ancora colpita dalla crisi migratoria, ci auguriamo che non lo sia mai.

L’Est Europa, come ho avuto modo di ripetere più volte, con tutte le critiche che si possono fare del socialismo reale, ha preservato un attaccamento alle proprie indipendenze nazionali che in Occidente, e in Italia in particolare, possiamo solo sognare.

E le ha preservate per una ragione fondamentale: i Partiti Comunisti al potere nei Paesi del Patto di Varsavia, a differenza di quelli all’opposizione negli Stati del Patto Atlantico, hanno sostenuto e rafforzato l’educazione patriottica, il ricordo delle proprie radici, delle proprie tradizioni nazionali.

L’Ovest al contrario (gli sconfitti della seconda guerra mondiale anzitutto, ma anche Stati neutrali come la Spagna o vincitori come la Francia non è che abbiano prodotto un percorso chissà quanto virtuoso) ha venduto sé stesso alla cultura del benessere come unica strada valida, tralasciando tutto il resto e la stessa idea di Nazione, prima di convertirsi definitivamente al cosmopolitismo e alla distruzione delle differenze.

Ieri la Polonia ha gridato la sua voglia di peculiarità, di identità, sputando in faccia ai criminali che vogliono distruggerla, insieme ad altre.

Ieri la Polonia ha dato un’enorme lezione al mondo.

Ieri la Polonia, la povera e sottomessa Polonia, che nella storia ha sempre contato poco, ha dato una lezione proprio all’Italia, Paese in cui pur di produrre retorica anti-patriottica non si fa altro che predicare dalla mattina alla sera su quanto poco siamo stati incisivi nella storia e nella politica mondiale, senza mai riflettere, al contrario, su ciò che bisognerebbe fare da domani mattina per difendere la nostra straordinaria cultura.

(di Stelio Fergola)