Gli USA hanno liberato Raqqa, distruggendola

l mio collega Adam Garrie ha scritto una lucida descrizione dei video che mostrano la distruzione della città siriana di Raqqa, ex capitale dell’auto-proclamato “Califfato” dell’ISIS e ora ridotta quasi totalmente a rovine. Come dice giustamente Garrie, Raqqa non è stata liberata ma piuttosto totalmente distrutta. La cosa mi fa pensare: in primo luogo, nemmeno un anno fa i media denunciavano ferocemente i russi per il presunto bombardamento indiscriminato di Aleppo, una parte della quale era occupato da jihadisti legati ad Al-Qaeda.

Come ricordo bene, gli eserciti russo e siriano erano accusati di commettere crimini di guerra ad Aleppo, sottolineando in particolare le presunte uccisioni indiscriminate di civili e il bombardamento di ospedali. La questione di Aleppo emergeva spesso al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, portando a grandi accuse verso la Russia al punto che il Presidente Putin si rifiutò di andare in Francia una volta venuto a sapere che il Presidente francese Hollande si sarebbe rifiutato di parlargli.

Nel frattempo quei giornalisti occidentali come Vanessa Beeley e Eva Bartlett, che hanno davvero viaggiato verso Aleppo e riportato che la situazione in città era completamente diversa da quella descritta dai media occidentali sono stati oggetto di feroci accuse, tanto più nel momento in cui hanno cominciato a girare le notizie delle presunte atrocità commesse dall’esercito siriano. La realtà è che Aleppo, dopo che gli scontri sono finiti a dicembre, ne è uscita per lo più intatta, e ora è nuovamente popolosa e di nuovo in cammino; buona parte degli edifici sono ancora in piedi, la maggior parte degli abitanti è rimasta (lo era anche durante l’assedio jihadista) e tanti altri sono ritornati.

Anche se c’è molto da ricostruire, almeno c’è ancora una città in piedi, come riporta perfino la BBC. Il contrasto con Raqqa non potrebbe essere più impietoso. Non solo Raqqa è totalmente distrutta (l’ONU riporta che almeno l’80% degli edifici è distrutto) ma tutto ciò è avvenuto nel silenzio, senza una parola di condanna dai governi e dai media occidentali. Basti pensare che, per esempio, David Gardner del Financial Times scrive solo questo: “dopo un assedio di cinque mesi rotto dai combattenti curdi affiancati dall’aeronautica degli Stati Uniti, le bandiere nere sono sparite, il regno di terrore dell’ISIS è finito, ma buona parte di Raqqa è ridotta in polvere”.

Secondo loro è una descrizione sufficiente per parlare della distruzione totale di una città.
Per quanto riguarda il Guardian – il quotidiano più critico delle operazioni russe ad Aleppo- in un editoriale festeggiava la sconfitta dell’ISIS ma senza accennare alla distruzione della città. Forse, visto il nemico che si doveva fronteggiare, non c’era un modo alternativo per sconfiggerlo a Raqqa se non distruggere la città. Questo è l’argomento di un commento fatto da CTV News: “la spettacolare devastazione della città ormai spopolata solleva dubbi sui costi della vittoria contro un nemico fanatico […] ma ci si chiede se non ci fosse un altro modo per togliere il controllo della città agli estremisti”. La cosa può benissimo essere, ma ci si chiede come mai lo stesso ragionamento (o la stessa scusa) non sia stato applicato ad Aleppo, dove la devastazione è stata di gran lungai nferiore a Fallujah, Ramadi, Mosul e Raqqa.

A conti fatti è difficile smentire quanto dichiarato dal generale Igor Konashenkov:
“Washington immaginava che l’ISIS in Siria controllasse solo Raqqa, una città di provincia, dove vivevano circa 200.000 persone prima della guerra, e per questo ha dato inizio a una operazione durata cinque mesi con una colazione che contava non più di 45000 uomini. Per fare un paragone: Deir ez-Zor prima della guerra era una città da 500.000 abitanti, e per i siriani con il supporto dell’aviazione russa sono serviti solo dieci giorni per liberare il territorio”
L’Esecito Siriano è riuscito a liberare il territorio velocemente, e con un costo in termini di distruzione della città minimo.

A questo punto è importante ricordare quei punti che spesso vengono dimenticati, quando si parla di Raqqa. In primo luogo gli USA non avevano l’autorità per bombardare l’ISIS in Raqqa nel modo in cui lo hanno fatto. Raqqa è una città siriana, e la sua popolazione è (o era) siriana. Gli USA nonostante ciò hanno bombardato Raqqa per “liberarla” dall’ISIS senza autorizzazione né del governo siriano né del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Durante il bombardamento di Aleppo da parte dei russi molte voci si alzarono per chiedere che gli ufficiali russi fossero incriminati per crimini di guierra, ma i governi occidentali non hanno prodotto alcuna prova per dimostrare che i russi avessero commesso crimini di guerra, come ha ammesso un rapporto parlamentare in Gran Bretagna. Per contrasto ci sono abbastanza prove per dimostrare che il bombardamento di Raqqa -illegale, sproporzionato e indiscriminato- è un crimine di guerra, anche se ovviamente è inutile dire che nessun ufficiale americano sarà mai incriminato.

La questione è capire perché la città è stata distrutta in questo modo. Non c’è accordo sul numero di combattenti ISIS a Raqqa, ma le stime più alte parlano di 6000 uomini -quelle più basse di soli 2000-. Molti meno, in ogni caso, dei combattenti presenti ad Aleppo, i quali raggiunsero il numero di 30000. Visto il numero relativamente basso di combattenti a Raqqa, perché l’assedio è durato così tanto (4 mesi) e ha lasciato una città in rovine?

Presumibilmente i combattenti curdi che gli Stati Uniti hanno usato per combattere l’ISIS a Raqqa non hanno fatto il proprio dovere. Forse ce ne erano troppo pochi, o non erano addestrati adeguatamente. L’YGP -il cuore delle “Syrian Democratic Forces” che avrebbe “liberato” Raqqa- è più simile a una milizia locale che a un esercito vero e proprio, e come i Peshmerga in Iraq non è così forte come vuole farsi vedere.

Ci sono anche evidenze che alcuni elementi della popolazione araba di Raqqa non gradissero molto di vedere i curdi tra i propri “liberatori”, e questo li ha resi meno predisposti a fornire aiuto alle intelligence americane. Al contrario, una delle ragioni per le quali l’Esercito Siriano ha combattuto con successo nell’est della Siria è stato proprio il supporto della popolazione locale.
Probabilmente gli USA hanno dovuto ricorrere ai bombardamenti aerei proprio per il fallimento delle truppe curde sul terreno, e la loro incapacità di ottenere informazioni precise sulle posizioni dell’ISIS nella città.

Comunque la si veda, è difficile non concludere che Raqqa è stata distrutta perché agli USA non gliene importava niente di vedere la città in macerie. Questo è un classico della storia bellica americana fin dalla Seconda Guerra Mondiale: bombardare indiscriminatamente per ottenere i propri obiettivi, senza tenere in considerazione né il costo né le conseguenze.

Hamid Karzai, ex presidente dell’Afghanistan, descrive così il modo di combattere statunitense: “Sono arrivati gli estremisti, sono cominciate le violenze, è arrivato il terrorismo. E gli USA non hanno prestato attenzione alla sua provenienza. Hanno iniziato a bombardare i villaggi afghani, a uccidere la popolazione, a mettere gli afghani in prigione. E più lo facevano, più aumentavano i terroristi”.
Insomma, Raqqa è stata distrutta perché l’esercito statunitense non conosce altro modo di combattere. I risultati di Raqqa sono sotto gli occhi di tutti: ne hanno fatto un deserto, e l’hanno chiamato pace.

(da The Duran – traduzione di Federico Bezzi)