20 ottobre 1944, quella mattina dall’aeroporto di Castelluccio dei Sauri, nei pressi della città di Foggia in Puglia, decollarono 36 bombardieri B-24 della 451 Bomb Group, al comando del colonnello James B. Knapp. Il compito assegnato? Distruggere gli stabilimenti della Breda a Sesto San Giovanni e, in contemporanea, radere al suolo quelli dell’Isotta Fraschini e dell’Alfa Romeo, a Milano.
Una pioggia di bombe attendeva il capolouogo meneghino e la gente lo aveva capito in anticipo, poiché le condizioni atmosferiche erano ottimali a causa del cielo terso e, stranamente, azzurrissimo. Una saggia maestra delle scuola elementare Francesco Crispi, in zona Gorla, incrociando i suoi piccoli alunni nei pressi del Naviglio Martesana, consigliò loro quel giorno di rimanere al sicuro nelle loro case, incontrando il parere contrario dei loro genitori. “La guerra è finita, ormai”, dissero. Non fu cosi.
Alle 11:24, si stava preparando ad uno dei più tragici colpi di coda. Mentre 200 e più bambini sono ammassati nella tromba delle scale dell’istituto, impanicati da quell’allarme che preavvisa l’arrivo dei bombardieri USA e scandisce i 240 secondi esatti dal momento dello sgancio dei grappoli di bombe prima che arrivino al suolo, un ordigno, con precisione chirurgica, la colpisce. La scuola esplode, il rifugio sprofonda, alunni e maestre precipitano nel vuoto. 184 morti, quasi un’intera generazione scomparsa.
Nessuno fu chiamato sul banco degli imputati, sebbene i responsabili si conoscessero. Nessun presidente della Repubblica, in 73 anni, si è mai recato a Gorla a commemorare la morte di queste giovani anime e quasi nessun testo scolastico si degna di scriverne qualche rigo. È sempre la solita vergognosa pregiudiziale antifascista dei morti di serie A e serie B.
(di Davide Pellegrino)