Trump sposa la retorica interventista

Quando si parla del Presidente Trump le aspettative sono spesso basse, ma non si può negare l’evidenza che il suo primo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stato uno dei momenti più imbarazzanti dell’America davanti al mondo intero. Trump ha offerto al pubblico un misto di furia e propaganda, in parte concepita come discorso da campagna elettorale per elogiare la propria leadership e in parte volta a riflettere la sua sudditanza al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

In ogni caso, ed è importante dirlo, il discorso di Trump ha spento ogni flebile speranza che la sua presidenza possa ottenere qualsivoglia cambio di direzione nel modo in cui gli Stati Uniti trattano con il resto del mondo, ad esempio ponendo fine alle disastrose guerre interventiste dei suoi due predecessori.

Prima del discorso c’era la speranza che la sua viscerale insofferenza per i neoconservatori, i quali si sono fermamente opposti alla sua nomina e alla sua elezione, potessero indurlo a realizzare che le loro scelte politiche verso l’Iran, l’Iraq e la Siria erano alla base dei continui e costosi fallimenti dell’America nei decenni passati. Invece, dopo una lezioncina da Netanyahu lunedì, Trump si è convertito alle loro posizioni:
– Ha ripetuto il mantra israeliano/neocon sull’Iran destabilizzatore del Medio Oriente, mentre l’Iran sciita ha invece contribuito a stabilizzare l’Iraq e la Siria contro i gruppi terroristici sunniti e altri militanti supportati dall’Arabia Saudita e -in misura minore- Israele;
– Ha nuovamente tuonato contro l’accordo sul nucleare iraniano, che ha impedito sia agli israeliani che ai neocon di bombardare l’Iran e ottenere il tanto agognato cambio di regime;
– Ha ripetuto la propaganda israeliana/neocon che cataloga Hezbollah come gruppo terrorista, quando il vero crimine di Hezbollah è di avere cacciato i militari israeliani fuori dal sud del Libano nel 2000, ponendo fine all’occupazione iniziata nel 1982;
– Ha elogiato la sua (affrettatissima) decisione di bombardare la Siria nell’aprile scorso, in linea con la propaganda contro il presidente Bashar al-Assad e al solo fine di accontentare lo stesso establishment di Washingon che voleva il suo impeachment;
– Ha parlato con la stessa ipocrisia dei neoconservatori e dei leader israeliani, in particolare quando ha chiesto che “tutte le nazioni devono rispettare il diritto alla sovranità”, nonostante abbia reso chiaro che al pari dei suoi precedessori è pronto a violare la sovranità delle altre nazioni per allinearle alla linea ufficiale di Washington.

UNA LITANIA DI GUERRA
Dall’inizio del secolo gli Stati Uniti hanno invaso diverse nazioni senza l’autorizzazione dell’Onu, basandosi su sotterfugi per mascherare delle vere e proprie guerre di aggressione, le stesse che l’ONU dovrebbe impedire. Non solo il Presidente George W. Bush ha invaso sia l’Afghanistan che l’Iraq -sponsorizzando operazioni “anti-terrorismo” in molti altri paesi- ma il Presidente Barack Obama ha a sua volta ordinato attacchi militari contro sette nazioni violando il principio di sovranità, in particolare con Libia e Siria. Obama ha supportato anche un violento colpo di stato contro il governo eletto dell’Ucraina.

Dal canto suo, Trump ha già mostrato di non curarsi della legge internazionale ordinando attacchi militari contro Yemen e Siria. Gli Stati Uniti sono i primi a violare la sovranità nazionale e la legge internazionale, eppure Trump agita il dito contro gli altri, inclusa la Russia (verso l’Ucraina) e la Cina (sul Mare Cinese meridionale).

Ha dichiarato: “Dobbiamo respingere le minacce alla sovranità, dall’Ucraina al Mar Cinese orientale. Dobbiamo chiedere il rispetto della legge, dei confini e delle culture”. Ovviamente nei media mainstream nessuno ha evidenziato l’ipocrisia di Trump, perché per l’establishment politico/mediatico il diritto tutto americano di agire violentemente in tutto il mondo è accettato come una pratica giusta e normale. La legge internazionale è per gli altri, non per la “nazione indispensabile”, non per “l’unica superpotenza”.

AL GUINZAGLIO DI BIBI
Nonostante la sua retorica dell'”America First”, Trump ha una visione del mondo che si differenzia da quella del duo Bush/Obama solo a parole. In sostanza, Trump è solo l’ultimo presidente americano al guinzaglio di Bibi Netanyahu.

Trump ha sbraitato contro la Siria per il presunto attacco chimico e ignorato il ruolo dei sauditi e degli israeliani nell’assistere al-Qaeda e i loro affiliati; Trump ha minacciato di stracciare l’accordo sul nucleare iraniano e chiesto un cambio di regime in Iran, due delle priorità di Netanyahu; e infine avvertito il mondo che “distruggerà totalmente la Corea del Nord” per il suo programma missilistico nucleare, senza mai accennare all’avanzatissimo armamentario nucleare israeliano.
Ignorando i collegamenti dell’Arabia Saudita con i terroristi, Trump si è sottomesso al regime di Riyadh permettendo a Re Salman e altre monarchie corrotte del Golfo Persiano di spacciarsi come membri di una coalizione anti-terroristica.

Trump ha aggiunto di studiare una “nuova strategia per la vittoria” in Afghanistan e ha lanciato alcune frasi interventiste con minacce a Cuba e Venezuela, auspicando nuove sanzioni per ottenere il “cambio di regime”.Quindi finalmente Trump ha reso chiaro a tutti che la sua retorica “America First” e “pro-sovranità” era una semplice copertura per delle politiche indistinguibili rispetto a quelle dei neocon di Bush e dei neolib di Obama. Le guerre infinite e i “cambi di regime” continuano.

(di Robert Parry – Traduzione di Federico Bezzi)