“Un popolo unico e meticcio”, l’ultimo delirio di Eugenio Scalfari

“Si profila come fenomeno positivo, la tendenza alla nascita di un popolo unico, che ha una ricchezza media, una cultura media, un sangue integrato. Questo è un futuro che dovrà realizzarsi entro due o tre generazioni e che va politicamente effettuato dall’Europa. E questo deve essere il compito della sinistra europea e in particolare di quella italiana”

È un piccolo stralcio dell’ultimo articolo di Eugenio Scalfari su L’Espresso intitolato “C’è l’Africa nel nostro futuro”. Siamo di fronte a delle veline apologetiche nei confronti del meticciato, vero e proprio cardine dell’ideologia globalista, terzomondista e mondialista, non considerando assolutamente i problemi che esso, in Europa, sta creando.

Il caso francese, ad esempio, potrebbe darci una visione più chiara; qui, gli autoctoni stanno subendo una fortissima competizione dalla forza migrante di importazione. Molte donne, infatti, propendono per quest’ultima contribuendo, di fatto, alla non continuazione, a livello biologico, dell’etnia caucasica e alla trasformazione irreversibile del patrimonio genetico di un popolo. Dietro il paravento dell’ideologia egualitaria, antirazzista e antixenofoba della quale il nostro Eugenio Scalfari si e è eretto a portabandiera, la mission dell’imperativo del meticciato, quindi, consiste nel creare un caos etnico a svantaggio tutto degli europei.

Un assaggio di ciò lo si può avere osservando le periferie delle principali città europee, nient’altro che crogioli di comunità ostili tra loro e alla cultura occidentale e, soprattutto, vittime di quei conflitti interiori tipici di chi viene strappato dal luogo natio e trapiantato in uno nuovo di cui non si conosce nulla. Anche chi ha creduto nel sogno arcobalenato dell’integrazione, come la Svezia e gli altri Paesi scandinavi, ha dovuto fare un’esame di coscienza.

Rinkeby, quartiere periferico di Stoccolma denominato “la piccola Mogadiscio” a causa dell’alta presenza di somali, ne è la testimonianza; instabilità, violenze, donne terrorizzate ad uscire di casa da sole e “centri culturali islamici” nel quale si proferisce, grazie ai soldi qatarioti e sauditi, il verbo del salafismo e del wahhabismo, ragioni di vita dei molti musulmani emarginati e problematici che, prima di partire per provare le ebrezze del Califfato, vi risiedevano.

La Storia lo insegna; i tentativi di fare coabitare persone etnicamente differenti hanno portato solo a caos, destabilizzazioni, fortissime tensioni se non addirittura a guerre vere e proprie. Basta dare un’occhiata ai fatti concerni il Medio Oriente, l’Africa subsahariana, il Maghreb, l’America Latina per capirlo.

Il signor Eugenio Scalfari, quindi, è vittima di profonde visioni utopistiche nella realtà dei fatti di un’allarmante pericolosità. Da prospettive diverse e opposte la nascita di un popolo unico, come ben sappiamo, fu prerogativa del Terzo Reich seguendo i modelli dell’eugenetica degli anni ’20 del ‘900 teorizzata da Alfred Hoche e Karl Binding.

In questo caso specifico, le cosiddette “lebenunwertes Leben”, in senso molto metaforico, saranno proprio gli autoctoni se non ci sarà un’inversione di tendenza concernente le politiche sull’immigrazione e, soprattutto, una loro presa di coscienza di quella paralisi mentale che, causa futili sensi di colpa, ha impedito loro di avere preoccupazioni sul futuro collettivo.

Più che lo Scalfari di Repubblica pare di sentire quindi, con un’inversione di prospettiva (dal preservare la purezza della razza al crearne una sola) quello che, nel 1938, come testimoniato da Mario Avagliano e Marco Palmieri nel saggio “Di pura razza italiana. L’Italia «ariana» di fronte alle leggi razziali” (Baldini e Castoldi 2013), si dichiarava favorevole ai provvedimenti sulla Difesa della Razza. Brutti scherzi, la vecchiaia.

(di Davide Pellegrino)