Cara Boldrini, cominci lei a non offendere gli italiani

Cara Boldrini, Boldrina o come preferisce essere chiamata, non sia permalosa.

Questa sua uscita contro gli insulti che riceve da anni su Facebook è singolare. Singolare perché espressa dopo anni di silenzio.

Ovviamente sulla questione, beninteso, perché sul resto ha aperto fin troppo bocca, contravvenendo ad ogni regola di bon ton istituzionale che il ruolo nella terza carica dello Stato imporrebbe.

In questi anni ha continuamente inneggiato all’invasione di immigrati, ha criminalizzato la precedenza ai propri concittadini per quanto concerne ogni protezione che lo Stato dovrebbe garantire: lavoro, previdenza. Disse, testualmente “un errore pensare prima agli italiani”, in quel luglio del 2016, in Marocco, con il servilismo che l’ha sempre contraddistinta.

Il 2 giugno di quest’anno ha raggiunto l’apice della vergogna, comportandosi in modo inqualificabile a una manifestazione pubblica, insultando un corpo storico dell’esercito italiano in modo francamente triste. Non c’era, forse, nemmeno da provare odio nei suoi riguardi, in questo le posso dare ragione, ma solo profonda pena.

Lei è uno dei pochi personaggi “di sinistra” a stare profondamente sullo stomaco anche a una larga fetta di persone “di sinistra”.

È fortunata, signora Boldrini. È fortunata che gli italiani siano in uno stato comatoso da decenni, uno stato che non li ha portati a reagire in modo ben peggiore. Un popolo ormai allo stremo, soprattutto a causa di soldatini come lei, ben lieti di perpetrare tutto ciò che sia contrario agli interessi del Paese.

Le persone che la insultano vengono ogni giorno offese dal suo atteggiamento, dalla sua mancanza assoluta di rispetto nei riguardi di una cultura e di un popolo. Magari non è giustificabile la loro reazione, ma quando le gaffe si fanno così enormi, perfino un popolo allo stremo se ne accorge, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

La sua posizione, tra l’altro, non dovrebbe minimamente consentirle di esprimersi. Lei non solo lo ha fatto, ma nei modi peggiori.

Ha una sola attenuante: questa triste e nuova consuetudine non è sua invenzione. Ma di quell’altro puro di cuore che risponde al nome di Gianfranco Fini, che per mire personalistiche decise di sfruttare la propria carica in maniera francamente iniqua.

Gli è andata male. Le auguro, sinceramente, di fare politicamente la stessa fine. La considero in assoluto un incidente della storia italiana in questo senso. Non se ne abbia a male, capita, glielo scrive un signor nessuno: stia tranquilla.

Non sta scritto da nessuna parte che debba lavorare in parlamento se non è portata: si può occupare di ingegneria, di avvocatura, di giardinaggio, di vendita di pomodori. Scelga lei.

Nel frattempo potrebbe chiedere scusa, ma sappiamo entrambi che non lo farà.

(di Stelio Fergola)